Partiti e politici
Quindi, caro Pd, il mondo dei buoni gesti è il mondo dei coglioni?
Due microletture paiono acconce per definire l’anno che sta per passare, giusto qualche secondo perso, per guadagnarci in salute e consapevolezza politica. Le fonti: senatore Stefano Esposito del Pd e Michele Serra con la sua consueta “Amaca”. Il fatto: l’aula vuota del Senato mentre è in discussione lo ius soli. Richiesto di modestissima spiegazione, l’Esposito risponde nel seguente modo: «Restare era una cosa palesemente inutile, tutto il resto dell’emiciclo se n’era andato, anche gli esponenti del governo e stare lì a vedere la Lega festeggiare… francamente no. Tra stare 4 ore in più in aula per vedere festeggiare il leghista Calderoli e prendere l’aereo per Torino alle 14.20 e non alle 21, ho preferito questa scelta». Schiettezza apprezzabile. L’Amaca di Serra sta da un’altra parte e si rivolge naturalmente al Pd: «Presentarsi in massa per votare lo ius soli, indipendentemente dal risultato, sarebbe stato, né più né meno, un bel gesto. Di coerenza, prima di tutto. E di alto valore simbolico e perfino identitario, come per dire “la sinistra è questa roba qui, è sentirsi concittadini dei figli di immigrati che sono già italiani di fatto”. Il problema è che, nel Pd, questa fondamentale funzione di un partito (rappresentare i valori di chi lo ha votato) evidentemente sfugge».
Per essere figo, trasversale, laterale, un po’ snob e anche un filo cagone, e magari leggi anche “Il Foglio”, tutta la vita con Esposito. Il quale, alla vecchia maniera, definisce l’attività politica per come l’abbiamo conosciuta nel tempo, senza troppi idealismi se gli idealismi portano a inutili perdite di tempo e sono solo pura certificazione estetica, con un senso della realtà e delle cose apprezzabile, con una visione concreta dell’agenda in questione. Quindi benissimo il volo alle 14.20 per Torino (il famoso collegio, dove naturalmente ti aspettano frotte di elettori) senza ulteriori sette ore di inutile attesa demagogica. Tutto ciò non nasce solo dall’Esposito medesimo, che comunque avrà già la sua bella attitudine a sangue e merda della politica nostrana. No. La linea la detta da mesi il segretario e su questa ci si attesta. Non vi indisponga neppure l’accostamento al Foglio, ammesso che ne siate avidi suiveur, generalmente le questioni di decenza si rimodellano in redazione sino a farne strame. La visione di Serra è effettivamente un filo noiosetta, borghesuccia, e volendo, anche un po’ scontata. Rimanda a buoni e antichi sentimenti di un mondo lontano, che mai è appartenuto alla politica nel senso più terreno della parola. Ci parla di idealismo, di gesti buoni e anche belli, gesti dimostrativi che dovrebbero lasciare il segno.
C’è però una terza via che potrebbe spiegare meglio quello che sta succedendo. Ed è la rinuncia del Partito Democratico alla via pop, che vista così non sembra poi una trovata così geniale. La rinuncia cioè al consenso del buon senso, tanto per avvitarci con le espressioni. Visto che una buona riforma non si può ottenere, perché i numeri non ci sono, far mancare anche i propri. Non “mostrare” all’esterno nulla che possa appartenere alla stanca ritualità di azioni puramente dimostrative, e quindi neppure portare a casa il dato, certo d’effetto e un cicinin demagogico, di avercela messa tutta. Questo è un camminamento impervio, molto scabro, in cui si cimentano solo uomini e donne sicuri del loro impegno, fieri e orgogliosi di non avere nulla di cui rimproverarsi (su certi temi). È questo il caso del Partito Democratico riguardo alla vicenda dello ius soli?
Non si vorrebbe qui concludere che i gesti dimostrativi appartengono solo ai coglioni. Perché se questa è dichiaratamente la linea dei foglianti, è giusto sapere se è diventata anche quella del Partito Democratico. Che non farebbe male, comunque, a dare un occhio anche distratto ai dati di vendita del Foglio nelle edicole. Così, giusto per vedere se tutto quel bel laterale, un filo snob e un po’ cagone, riempie le casse del Mainetti proprietario (o gli serve solo per dire: abbiamo un giornale). Ma non vorremmo che in questo momento, tra gli elettori, stia tirando di più la “tendenza Serra”, quel crogiolino interiore di decenza che ti fa allontanare da un partito se quel partito non muove interamente le sue chiappe verso lidi di una certa nobiltà politica. E non te lo fa vedere bene, in maniera aperta e consapevole, perdendoci tempo anche se quel tempo (inutile) non lo recuperi più.
Insomma, roba un po’ da sociologi, e non d’accatto come potremmo essere noi. Roba che quelle quasi sette ore di differenza tra le 14.20 e le 21, magari la differenza la fanno davvero.
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