Partiti e politici
Questo Pd è un partito senza anima, senza idee, inutile e dannoso
Se Nicola Zingaretti confermerà le sue dimissioni, sarà solo l’ultimo segretario costretto a lasciare anzitempo la guida del Partito Democratico, ovvero di quella che probabilmente è la più grande incompiuta politica della storia repubblicana, di sicuro quella su cui c’erano le più alte aspettative.
Il partito presentato a Torino da Walter Veltroni il 28 giugno del 2007, in quello che è passato alla storia come il “discorso del Lingotto”, di fatto non è mai nato, restando una mera fusione fredda delle correnti dei due partiti che in esso confluirono: i Democratici di Sinistra degli ex PCI e la Margherita di una parte degli ex DC.
È un partito senza identità, senza un’anima, senza idee: un mero contenitore di voti per inerzia, scialbo già nel simbolo. Un partito inutile, se non addirittura dannoso. Un partito incapace di rappresentare alcuna parte perché ogni idea o presa di posizione è annacquata e messa in secondo piano dalle eterne faide interne e dalle spartizioni di correnti di potere che non si distinguono per le loro visioni del mondo ma per numero di affiliati e capacità di controllare pacchetti di tessere e di voti. Se nel Pd qualcuno dice “votiamo subito lo Ius Soli”, tempo dodici minuti arriva il comunicato di un altro esponente a dire che “il Paese ha altre priorità e che i cittadini non capirebbero”, ergendosi a voce del popolo come un Salvini qualsiasi. Ed è così praticamente su tutto.
È un partito nato male, con il suo primo segretario e candidato premier che lasciò prima della scadenza naturale la guida del Campidoglio “cedendo” la candidatura a sindaco di Roma al leader dell’altro partito fondatore (già sindaco per due mandati) per “equilibrare” la rappresentanza delle due “anime”. A mettere equilibrio in quell’insensato baratto ci pensarono gli elettori che votarono a destra su entrambe le schede.
È un partito che ha ceduto nei fatti al populismo, avallando scelte folli come l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti, cavallo di Troia di quello privato che genera un insano rapporto tra affari e politica. Un partito che ha confuso la partecipazione con “uno vale uno” ancor prima che arrivasse il Movimento 5 Stelle, con quelle primarie maccheroniche a due euro che hanno sacrificato quel che restava del concetto di partecipazione e di formazione politica dal basso sull’altare delle foto delle “file ai gazebo”. Un partito dove i pochi iscritti rimasti hanno più o meno la funzione dei palloncini sulle poltrone vuote di questa moscia edizione del Festival di Sanremo (e sì, ce ne sono alcuni dalla forma fallica…).
È un partito che ha mostrato tutta la sua fragilità quando è stato facilmente scalato da un giovane rampante e già vittima del suo ego, allora poco conosciuto al di fuori della sua Toscana, ma armato di buoni finanziatori e di una discreta agenzia di comunicazione: anche lui è durato poco come chi c’era stato prima e chi è arrivato dopo. Di quella stagione oggi rimangono solo dei segni sulle pareti spoglie nelle stanze della sede nazionale a largo del Nazareno: dentro quei rettangoli di polvere c’erano le gigantografie di quel giovane rampante, sotto quei rettangoli di polvere ci sono le scrivanie ormai vuote dei tanti dipendenti in cassa integrazione. Chissà che fine avranno fatto quelle stampe auto-celebrative: forse sono in qualche magazzino insieme a vecchie foto di Togliatti, Gramsci, Moro, Berlinguer. No… speriamo di no.
Devi fare login per commentare
Accedi