Partiti e politici

Quel sottile «razzismo» che porta a inquinare ogni vittoria politica

14 Settembre 2015

C’è un’idea disfattista della vittoria politica in questo paese chiamato Europa, in cui anche la fatica più universalmente riconosciuta dai cittadini o dai simpatizzanti di una certa parte politica dev’essere comunque inquinata e delegittimata da quel senso di sufficienza di chi crede di osservare in quel fenomeno l’inizio di una sciagura per l’umanità intera. È un nichilismo politico di chi si nutre esclusivamente della sofferenza di sé, dell’essere mai in pace con i sentimenti altrui, neppure quando sono visibili, persino nitidi, nella loro esposizione.

È quanto è accaduto nei giorni preparatori alla disfida laburista che come sappiamo ha consegnato il bastone del comando a un certo signor Corbyn, da tutta una vita nel parlamento inglese e dunque non esattamente un corpo estraneo piovuto sul pianeta terra. Nei mesi precedenti, e a maggior ragione in questi giorni, i disfattisti in servizio H.24 si sono disperatamente impegnati nell’abbattimento del personaggio, preludendo appunto a ogni tipo di sofferenza per il popolo inglese, per l’Europa e per il mondo intero. Cento anni di disgrazie, parevano dire. Il risultato ha sortito l’effetto finale di un Blair, il quale in un improvvida mini-ridiscesa in campo a poche settimane dalle primarie ha avvertito l’opinione pubblica sui pericoli estremi di un voto a quel tipo così folle e soprattutto dalle idee così folli. Infatti. Più di mezzo milione di laburisti ha messo nelle mani di Corbyn un tesoretto notevole, il 60%, con cui ha spazzato via i concorrenti (Cameron ovviamente ha fatto il suo, parlando di «minaccia per la sicurezza nazionale»)..

La vittoria ha sempre una sua perfezione, che nessun disfattista potrà mai sporcare. È l’atto definitivo dell’autodeterminazione popolare, si nutre di gesti e di numeri, è un “gioco, partita e incontro” che rimane nel libro mastro della storia. Mettere preventivamente e insistentemente sull’avviso di ogni possibile sciagura è operazione disonesta, soprattutto se costruita su basi che fanno leva sul sentimento della paura, del terrore. Prendiamo il flagello Corbyn e ciò che si raccontava di lui soprattutto in Italia da queste prefiche che vengono improriamente chiamati editorialisti. Uno dei punti caldi è che il marrano vorrebbe ri-nazionalizzare tutto, portando armi e bagagli in carico allo stato. La critica, mossa per esempio dai grandi giornali italiani, è quanto di più surreale e comico si possa immaginare, proveniente dal Paese più nazionalizzato della storia, dove la concorrenza non esiste, dove ferrovie, poste, acqua, luce, gas, multinazionali, sono saldamente in mano pubblica, dove solo adesso si immettono sul mercato quote di minoranza, un paese in cui nessun privato sarebbe così matto da mettersi in concorrenza con il pubblico e quando è accaduto (vedi ferrovie con Italo e tratta Mi-To) sappiamo come è andata a finire.

C’è un’analogia evidente nei percorsi politici di Corbyn e di Renzi, all’interno di visioni completamente opposte. Ed è la considerazione ch’essi hanno ricevuto dai mezzi di informazione e dagli osservatori politici. Un mix di diffidenza, di sufficienza, in parte anche di incredulità per imprese che non si ritenevano possibili, un meccanismo di lenta e progressiva delegittimazione che non si è fermato neppure quando i due hanno messo un punto fermo sul loro percorso: la strepitosa vittoria alle primarie del Labour e del Partito Democratico. Neppure a elezione avvenuta, a trionfo conclamato anche in termini numerici, gli avversari hanno voluto «riconoscere» il vincitore. Che dunque resta un intruso, praticamente un occupante abusivo di quella poltrona di segretario.

La vittoria di Corbyn, al pari di quella di Renzi alle primarie, è troppo schiacciante per poterne sorridere. E soprattutto si è formata sul consenso vero dei cittadini, un elemento che troppo spesso viene vissuto dai nostri osservatori dei giornali come un fastidio, un incidente della storia o, peggio, come un atto ai limiti dell’irresponsabilità. Del resto, qui in Italia siamo abituati alla selezione naturale della specie, avendo sempre considerato quelli che hanno votato Berlusconi come cittadini un po’ meno cittadini degli altri, una visione assai cara negli anni a una certa sinistra. Perchè essere così “razzisti” anche con quelli che hanno votato il nuovo leader del Labour?

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