Partiti e politici
Quanti voti sposta l’immigrazione?
Questa la domanda che un po’ tutti, giornalisti e politologi, elettori e politici, rivolgono agli esperti dell’opinione pubblica. Una domanda che, ovviamente, non ha una risposta. O meglio, ne ha tante. Non ha una risposta precisa, tipo: il 12% dei voti, in direzione del centro-destra; non ce l’ha perché in sé il tema dell’immigrazione non è circoscrivibile ad una chiara e specifica area di interesse, come ad esempio un altro tema su cui insistono le promesse delle forze politiche, quello delle tasse.
L’immigrazione è un tassello, che va inserito all’interno di una visione politica del mondo o, quanto meno, del nostro paese. Chi ha paura dell’invasione ha una struttura della personalità precisa, ha un po’ paura del diverso, teme i cambiamenti sociali, il mutamento delle proprie abitudini e del proprio stile di vita, ha bisogno di essere rassicurato sulla continuità della sua occupazione, dei suoi rapporti dentro e fuori il lavoro, con il vicinato e le sue amicizie storiche.
Il suo voto politico si inserisce in questa percezione della propria esistenza attuale, che non desidera venga mutata se non per cause eccezionali, e ha quindi bisogno di venir rassicurato del fatto che qualcuno si faccia carico della (im)possibilità che l’immigrazione non diventi –appunto- una di quelle cause eccezionali che lo costringerebbe a dover pensare di mutare il proprio stile di vita.
E’ la paura il sentimento che maggiormente viene allertato, paura di doversi confrontare con gente estranea, con gente che proviene da culture differenti e che quindi ha difficoltà ad inserirsi nella propria. Non a caso, la risposa prevalente alle domande sugli effetti dell’immigrazione è questa: gli extra-comunitari mettono a rischio le nostre basi culturali ed il nostro stile di vita, qualunque cosa questo voglia dire.
Per questo motivo l’immigrazione in sé non sposta voti, semmai impedisce ad una certa quota di elettori di spostarsi dalla propria precedente scelta e di prendere in considerazione altre eventualità, altre forze politiche che non si ergano a paladini di una presunta “italianità”. Un po’ quello succedeva alla Lega nel suo discorso sulla cosiddetta Padania, su un presunto “nordismo” che non è chiaro cosa rappresenti esattamente, ma che funzionava –per coloro che votano o votavano Lega Nord- come criterio identificativo, in mancanza di altre identificazioni più forti e strutturate.
Parlare dunque di espulsione dei clandestini, o di mano dura contro gli irregolari e contro gli immigrati regolari che delinquono, ha come obiettivo quello di cementare l’appartenenza ad una certa area politica di quegli elettori che potrebbero essere tentati di rivolgersi altrove, ai 5 stelle ad esempio, tenendoli così stretti al messaggio tipico del centro-destra: solo noi pensiamo ai più deboli, a quelli che subiscono le maggiori conseguenze di una immigrazione selvaggia. Votaci, se vuoi che le cose non precipitino nell’imbarbarimento della nostra società.
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