Partiti e politici

Quando pensi che il M5S inizi a far politica, Grillo impone libertà di coscienza

6 Febbraio 2016

”Libertà di coscienza sulla stepchild adoption e sul disegno di legge nel suo complesso”. Così parlò Beppe Grillo, che appena qualche giorno fa era dato unanimemente in ritirata dalla prima fila del Movimento da lui stesso fondato, dalle colonne del suo blog, a proposito del DDL Cirinnà. Giustifica la scelta, di fatto imposta ai suoi gruppi parlamentari senza una vera discussione né all’interno dei gruppi stessi né consultando la base, con la necessità di rispettare le varie sensibilità presenti nella base, su una questione che riguarda i valori etici e personali in cui ciascuno crede.

Appena qualche giorno fa, analizzando le posizioni del Movimento Cinque Stelle di allora, mi ero ritrovato a fare alcuni ragionamenti. Il Movimento Cinque Stelle prometteva infatti di votare compattamente il DDL Cirinnà, a patto che non cambiasse di una virgola, stepchild adoption compresa. In questo modo – ragionavo – il Movimento Cinque Stelle stava facendo una scelta di campo precisa su questioni fondamentali per il tempo in cui viviamo ma anche, finalmente, si metteva al centro della scena politica utilizzando gli strumenti della politica. Perché promettendo un soccorso compatto al Pd e a Renzi, sul punto, e garantendo di fatto l’approvazione della legge, a patto che l’adozione non venisse stralciata, avrebbero ottenuto una serie di effetti pesanti e di lungo periodo.

Anzitutto, avrebbero detto al paese intero e consegnato alla storia la decisività del proprio appoggio alla prima legge italiana sulle unioni di fatto. Senza di loro, l’Italia non avrebbe avuto una legge, già in ritardo di qualche decennio. Roba da libri di storia, semplicemente. Nel medio breve periodo, poi, avrebbero potuto rinfacciare a Renzi e al Pd la propria decisività, di fatto mettendo in seria difficoltà l’alleanza con quell’irrilevante (nel paese) movimento politico che il Nuovo Centro Destra di Angelino Alfano, che tuttavia risulta decisivo nello schema politico parlamentare cui è appeso il Pd di Renzi. Difficilmente avrebbe posto a rischio l’alleanza, che Alfano e soci difficilmente si sarebbero immolati per protestare contro i diritti naturali secondo loro violati dalla legge, ma certo lo sfregio sarebbe rimasto agli atti. E la fatica di convivere per le due anime politiche della maggioranza sarebbe aumentata, e forse avrebbe anche potuto diventare logorante. Renzi avrebbe subito pressioni più solide e fondate, dall’interno del Pd, rispetto a un alleato che aveva rifiutato di votare una legge sacrosanta per la maggioranza del Pd. La minoranza del Pd che recalcitra, avrebbe dovuto fare i conti con un dato chiaro: l’assenza del proprio potere di veto, in Parlamento. E i Cinque Stelle avrebbero potuto raccontare al paese, tutti i giorni, che senza di loro Renzi avrebbe dovuto cedere ad Alfano e Giovanardi.

Tanti bei “se”, che dopo la libertà di coscienza ordinata a tutti oggi da Grillo introducono periodi ipotetici dell’irrealtà. Non a caso, il primo ad esultare è quel politico da zerovirgola di Angelino Alfano, che gongola perché senza la sponda grillina potrebbe saltare tutto. I militanti del Pd se la prendono compatti con Grillo e col suo nuovo diktat, e hanno qualche ragione, anche se dimenticano che è la stessa natura dell’alleanza politica su cui si regge il governo Renzi che porta a vicoli ciechi come questo: e del resto, è l’unica maggioranza politica possibile, questa. Ma per tornare a Grillo, una domanda resta: perché ha deciso di imporre la libertà togliendo, di fatto, al suo Movimento la possibilità di essere incisivo e anzi decisivo?

Le ipotesi che vengono alla mente sono due. La prima è che una rapida osservazione del sentimento della sua base abbia portato alla luce che, nella pancia del Movimento, le pulsioni reazionarie, anti-liberali, insomma “di destra” sono forti, e diventare decisivi per l’approvazione della stepchild adoption presentava rischi di consenso elevati. Insomma, l’elettore è l’azionista di maggioranza, anche se ultraconservatore, o magari perfino omofobo.
La seconda ipotesi è più tecnicamente politica. Appoggiando in maniera decisiva la Cirinnà, Il M5S avrebbe anche potuto generare un effetto a catena che poteva portare, seppur remotamente, al cambiamento degli assetti politici attuali: e finanche all’eventuale rottura dell’alleanza tra il Pd renziano e i suoi alleati di centrodestra, decisivi in parlamento e impercettibbili nel paese. Un cambio di scenario che avrebbe però tolto da sotto i piedi di Grillo uno dei suoi terreni più solidi di propaganda e di leva di consenso: il grande inciucio, il Pd schiavo del peggio del berlusconismo, e così via.

Non so se davvero la retromarcia di Grillo è stata dettata da una di queste due valutazioni. So, però, che entrambe appartengono alla categoria delle valutazioni opportunistiche e tutte volte al consenso e alla tattica politica. Roba da vecchia politica, e metteteci pure tutte le stelle che volete.

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