Partiti e politici
Quale risultato per essere soddisfatti? Meloni almeno il 28%, Letta il 23%
Il pericolo della scarsa affluenza sottolineato dai sondaggi pre-elettorali sembra dunque scongiurato, almeno a giudicare dalla situazione della rilevazione delle 12 (molto simile a quella del 2018), un dato che peraltro nasconde una significativa spaccatura tra il centro-nord del paese e il sud. Con l’eccezione della Sicilia – dove si vota anche per le regionali – gran parte delle regioni meridionali fanno registrare una contrazione della partecipazione dai 2 ai 4 punti percentuali, in particolare in Campania, mentre nel resto del paese è stabile o perfino in lieve crescita (in Lombardia, Toscana, Emilia-Romagna e Lazio).
Quali le conseguenze se la tendenza dovesse rimanere tale anche alla chiusura delle urne? Due, in particolare: che il Movimento 5 stelle (molto forte al sud e in special modo proprio in Campania) vedrebbe forse ridimensionate le sue stime di crescita e che il Pd potrebbe trarre un vantaggio rispetto ad un trend, leggermente negativo, delle ultime settimane.
Ma queste sono ovviamente illazioni ad urne aperte; è infatti possibile che al sud siano andati a votare in misura maggiore proprio i pentastellati e siano rimasti a casa un po’ di più degli altri elettorati. Lo vedremo tra qualche ora.
È invece più semplice cercare di capire quali potrebbero essere le reazioni dei singoli partiti ai risultati che giungeranno nella notte, quali i numeri cioè che sarebbero giudicati soddisfacenti o insoddisfacenti, nei confronti delle loro aspettative.
Fratelli d’Italia potrebbe ritenersi soddisfatta se supererà la soglia del 28% dei consensi, insoddisfatta se andasse sotto il 23%.
Il Partito Democratico può gioire con un risultato superiore al 23%, molto meno se i voti fossero inferiori al 20%, una soglia anche psicologica piuttosto negativa.
Per il Movimento 5 stelle superare la quota del 16%, in linea con il suo risultato alle europee, significherebbe aver scongiurato un declino che pareva inevitabile soltanto un anno fa, ma ottenendo meno del 12% si vedrebbe ripiombare in quell’incubo.
Per la Lega, segnali positivi arriverebbero con un livello di consensi superiore al 14%, segnali viceversa piuttosto negativi – con un forte rischio di cambiamento di leadership – se non superasse la soglia del 10%.
Per Forza Italia e per il duo Azione-ItaliaViva la soddisfazione per il risultato finale sarà simile: arrivare in doppia cifra, per entrambe le forze politiche, significa porre le basi per un futuro positivo, mentre scendere sotto il 5-6% ne comprometterebbe quasi irrimediabilmente il proprio domani.
Tra gli altri partiti, il passaggio oltre la soglia di sbarramento (e forse qualcosa in più per Verdi-Sinistra Italiana) significherebbe un buon viatico per una presenza significativa in parlamento, laddove non riuscire a passarla o addirittura, per alcuni, non giungere nemmeno all’uno per cento dei consensi li porterebbe forse all’abbandono della loro proposta politica.
Per quanto riguarda infine il computo dei seggi parlamentari, a livello di coalizione, quella di centro-destra sarebbe ovviamente piuttosto soddisfatta se riuscisse ad arrivare alla “mitica” maggioranza qualificata (il 67% dei seggi); una quota inferiore al 60%, viste le aspettative, sarebbe al contrario abbastanza deludente.
Non ci resta ora che attendere l’esito delle urne.
Università degli studi di Milano
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