Partiti e politici

Purché se ne parli. Siamo sicuri?

28 Aprile 2015

Nella giornata di ieri Corrado Passera ha inscenato un flash-mob contro la riforma della legge elettorale davanti a Montecitorio. Un flash-mob abbastanza ridicolo, per molti motivi. Alcuni di questi sono stati elencati da Alessandro Gilioli sul suo blog. Immaginatevi un ex ministro ed ex capo di uno dei principali gruppi bancari europei – e quindi, di conseguenza, uno che è stato per anni uno degli uomini più potenti d’Italia – ridotto a mettere in piedi queste iniziative per attirare un po’ di attenzione e dimostrare non solo di essere vivo, ma di guidare una formazione politica (Italia Unica) battagliera.

A parte l’articolo di Gilioli, l’iniziativa è stata commentata più o meno ovunque con toni che vanno dalla semplice critica allo scherno assoluto. Da destra come da sinistra, tutti a definire il flash-mob un buco nell’acqua. Una trovata più dannosa che inutile. Perché è vero che oggi tutti stanno parlando di Corrado Passera, ma è altresì vero che domani nessuno ne parlerà più e – soprattutto – dopodomani verrà tutto rubricato alla voce ‘pagliacciata politica’. Da banchiere esponente dei poteri forti a demagogico populista che si propone come alternativa (non credibile) e finisce per essere più ridicolo di chi il senso del ridicolo lo cavalca con calcolatissimo cinismo (l’operazione attorno ad Antonio Razzi, ad esempio, è puro personal branding). Siamo stati abituati per decenni al ritornello per cui «la cattiva pubblicità è meglio di nessuna pubblicità», alla religione del purché se ne parli. E a questo punto forse conviene chiedersi non solo se questa strategia sia ancora valida o meno, ma sopratutto se sia ancora efficace.

Il ragionamento è di ampia portata, e mette in campo diversi elementi. Ad esempio, bisogna ancora ‘fondere’ (e non confondere) la celebrità con la credibilità? Oppure, bisogna per forza riempire di ulteriore rumore il già saturo spettro mediatico così da alimentare la confusione (questa volta sì) e il ‘mormorio’? E in aggiunta, dal momento che nell’epoca di Internet viene data un’imporatanza sempre maggiore ai Social Network, alla viralità dei contenuti e alla logica dell’engage e della reputazione, non conviene cercare non dico di ‘alzare il livello’, ma almeno di non essere ridicoli?

Vale per Corrado Passera e il suo Italia Unica così come per tutti gli ambiti della comunicazione. Ad esempio, il recente social media fail dei Nobraino in relazione alla strage di migranti nel canale di Sicilia (ne ho scritto qui). Oppure a tutti quei politici che, ancora poco avvezzi alla comunicazione online, scrivono su Facebook e Twitter senza considerare le conseguenze di rivolgersi a uno spazio pubblico potenzialmente infinito. E di casi del genere se ne potrebbero citare tantissimi. Facebook, ad esempio, è pieno di pagine che raccolgono le più grandi figuracce dei personaggi pubblici (dai politici ai giornalisti passando per calciatori e scrittori). Insomma, conviene davvero restare impresso nella memoria collettiva per una cosa ridicola piuttosto che non esistere per niente?

In un periodo storico in cui emerge – e sarà un dato sempre più determinante – l’importanza del ‘capitale reputazionale’ non converrebbe forse puntare a una comunicazione di livello diverso, soprattutto se non si ha né credibilità, né tantomeno la statura per inscenare la baracconata. Può sembrare un controsenso, ma anche la baracconata devi essere in grado di sostenerla.

Silvio Berlusconi poteva affermare tutto e il contrario di tutto, sfidare il senso del pudore e del ridicolo proprio perché riusciva a configurare ogni cosa in relazione alla sua persona. Beppe Grillo, nel puro spirito carnevalesco, non sarebbe credibile facesse qualcosa che non sia una baracconata. Oscar Giannino ha fondato la sua narrazione sulla stravaganza estetica del dandy postmoderno, liberista e libertario. Mario Monti ha ‘perso’ inevitabilmente parte del suo carisma quando gli hanno messo in braccio il cane Empy. Questo perché l’infotainment non è per tutti. E Corrado Passera, il grigio tecnocrate per eccellenza, l’ex ministro meno empatico del governo meno empatico della recente storia repubblicana, non solo non ha un’immagine che si lega alla baracconata ma non ha nemmeno la ‘sostanza politica’: perché Italia Unica si propone un’altra cosa, parla a un altro elettorato che, piccolo o grande che sia, semplicemente non è allineato a trovate del genere.

Come sottolinea Gilioli nel suo articolo, i casi sono due: o Corrado Passera ha un disperato bisogno di assumere un comunicatore politico, o ha un disperato bisogno di cambiare il suo comunicatore politico. Perché probabilmente i ‘numeri’ gli daranno ragione (la foto sta girando ovunque su Internet, i video vengono discussi e commentati un po’ ovunque), ma la coda lunga potrebbe sortire l’effetto opposto: la perdita totale di credibilità (se mai ce n’è stata) di una proposta politica che già non si riesce a collocare bene nello scenario politico attuale e il collegamento istantaneo tra Corrado Passera e il signore che, dopo anni nelle stanze dei bottoni e dopo anni di establishment purissimo, mette in piedi una baracconata contro lo stesso establishment che ha rappresentato senza nessun ‘merito autobiografico’. E la reputazione del ‘brand’ crolla sotto le battute del concerto muto dell’Inno di Mameli. Sotto l’assurdità della #leggecerotto (eh?). Sotto l’assurdità di una boutade di cui nessuno, davvero, sentiva la mancanza né tantomeno il bisogno.

Purché se ne parli. Ne siamo sicuri?
Ora tutti parlano di Corrado Passera, vero.
Ma probabilmente alle prossime elezioni molti potrebbero scegliere di non votarlo.

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