Partiti e politici
Pisapia: “Non vinceranno i sovranisti, i socialisti europei saranno decisivi”
Incontriamo Giuliano Pisapia quasi alla fine di una campagna elettorale stancante. Quella sera a Milano ci sono Renzi e Calenda. “Ma io sarò a Mantova”, sorride. Sembra contento della campagna elettorale. E anche del fatto che stia finendo.
Che aria tira, in giro per il Nordovest?
“Un’aria positiva. Si coglie soprattutto dove, oltre alle elezioni europee, si vota anche per le amministrative; percepisco un clima di attenzione e curiosità rispetto alle nostre proposte. Colgo un’aria più distesa, più ottimista tra i cittadini. E’ tornato il sorriso e la voglia di ripartire”.
Avere un avversario grosso e definito come Salvini aiuta?
“Certo, aiuta l’identificazione di un avversario così lontano dalle nostre proposte, dai nostri valori e dai nostri obiettivi. Anche stare all’opposizione può aiutare e insegnare, ma solo se questo periodo è breve. Lo stare all’opposizione aiuta a guardare con maggiore serenità e obiettività le cose fatte quando si governava ad ogni livello. La, lo voglio ribadire, ho colto, nelle regioni dove sono stato in questa campagna elettorale, la forte sensazione di una ripartenza, di una forte volontà di unità a sinistra e nel centrosinistra”.
La sensazione però è che resti difficile costruire un rapporto col popolo, soprattutto con le fasce più deboli della popolazione, che continuano a guardare altrove.
“Bisogna guardare al futuro, parlando con costanza e attenzione a chi è sfiduciato e pensa di non andare a votare. Se le persone si sentono ascoltate, se si dimostra di comprendere i loro disagi, le loro difficoltà e anche le loro paure, trovano più facilmente in noi un punto di contatto. Se ci si fa vedere solo in campagna elettorale è più difficile avere fiducia delle persone con cui ci si confronta. In quasi tutti i piccoli e grandi comuni dove sono stato in queste settimane, ho percepito non solo che mi conoscevano ma anche che mi riconoscevano perché ero già stato a parlare di giustizia, di tossicodipendenza, di buona politica. Questi ricordi dimostrano che si era già creato un legame.
Che Parlamento europeo si aspetta?
“Non mi aspetto un parlamento sovranista. Mi attendo al contrario un parlamento in cui comunque il gruppo socialista sarà decisivo per la costruzione di un’alleanza di governo europeo. E’ importante, in questi ultimo giorni di campagna elettorale, ma anche dopo, far conoscere quanto in Europa è stato fatto sia dal Parlamento sia dalle Istituzioni europee. E anche quello che invece non è stato fatto. Dire la verità spesso è rivoluzionario. Pochi sanno che l’Europa ha stanziato nell’ultimo bilancio comunitario centinaia di miliardi di Euro per favorire le politiche di coesione.”.
La sua è una candidatura naturalmente molto milanese, in questa campagna sta toccando con mano la distanza tra Milano e “il resto del mondo”?
“La mia è anzitutto una candidatura di un indipendente di sinistra nella lista PD-Siamo europei-PSE.. non colgo distanze ma al contrario tante realtà, in grandi città e in piccoli comuni, dove è presente e attivo un centrosinistra solido che vince e governa bene. .
Però, al di là delle analogie politiche, quel che sembra difficile è l’esportazione del “modello Milano”, come modello politico, dimenticando che esso è frutto anzitutto di una specifica condizione di privilegio socio-economico della città.
“Io evito sempre di parlare di Modello Milano. Credo che la formula vincente, a Milano come nelle altre realtà, sia un‘alleanza larga tra civismo, cittadinanza attiva, movimenti e partiti. Poi è ovvio, i presupposti socio economici sono diversi per ciascuna realtà”.
Lei è cocandidato con un suo ex assessore, Pier Francesco Majorino. Vi ruberete i voti?
“Certo che no. E’ vero che anche il capolista, come me, prende solo i voti di chi scrive il suo nome sulla scheda ma non vi è alcuna competizione. Con Piefrancesco abbiamo lavorato insieme e bene per Milano, e insieme lavoriamo per mettere a disposizione le nostre esperienze anche in Europa”.
Cos’è cambiato rispetto al 4 marzo, in vista del quale lei aveva rinunciato a proseguire il percorso di campo progressista?
“Campo Progressista si è sviluppato soprattutto all’esterno del PD, rispondendo a un desiderio e a un bisogno che veniva espresso anche all’interno del Partito. Oggi invece è partito dal PD la volontà di allargare il campo, di apertura e di pluralità È una differenza importante, perché vuol dire che il percorso di cambiamento è stato vissuto come un’urgenza all’interno del Pd”.
Milano non esprime leadershiop nazionali che siano frutto dell’amministrazione comunale da moltissimi anni. Forse questo “destino” toccherà al suo successore Beppe Sala?
“Chi fa il sindaco deve dedicarsi innanzitutto e con tutte le sue forze all’impegno per la propria comunità. L’ho sempre detto e pensato. Lo ha detto e pensato anche Beppe Sala”.
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