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Pessina, ex editore de l’Unità, riabbraccia Berlusconi e abbandona Renzi
Come ha raccontato Repubblica, c’era anche Massimo Pessina, il presidente dell’omonimo gruppo attivo nel settore delle costruzioni, tra gli invitati alla cena organizzata negli scorsi giorni da Silvio Berlusconi a Villa San Martino ad Arcore. Pessina era in compagnia di una ventina tra imprenditori e liberi professionisti, che hanno versato 10mila euro a testa per essere a tavola col Cavaliere e rimpinguare così le finanze di Forza Italia in vista della campagna elettorale per le prossime politiche.
La notizia ha in sé una doppia valenza simbolica di un certo peso. Perché, da un lato segnala in modo chiaro un fenomeno in atto da settimane, da quando il Cavaliere è sceso nuovamente in campo, chiarendo che, comunque vada il giudizio in corso davanti alla Corte europea di Strasburgo, farà una campagna elettorale arrembante, mettendoci, come fece nel 1994, la faccia: l’imprenditoria e il mondo della finanza che contano, dopo aver sposato e dato sostegno – chi per convinzione, chi per convenienza, chi per azzardo – al renzismo, si stanno progressivamente risintonizzando sulle lunghezze d’onda del Centro-Destra. E, in particolare, di chi come Berlusconi (re-)incarnerebbe più di altri leader le ragioni delle imprese – meno tasse, più mercato, meno burocrazia, per dirla in termini cari allo stesso Cav – tra le quali la disillusione per Matteo Renzi è ormai profonda.
C’è un altro aspetto non secondario nella partecipazione di Massimo Pessina alla cena ad Arcore. La sua presenza fa emergere la definitiva rottura nel rapporto tra il partito guidato da Matteo Renzi ed uno dei simboli dell’imprenditoria “targata” Pd . Pessina, sin dal principio della conquista da parte dell’ex premier delle stanze dei bottoni di via del Nazareno – usate peraltro da Pessina anche per incontri d’affari -, non ha mai nascosto la sintonia personale e politica con Renzi. Al punto di accettare di mettersi in gioco, assieme ad un altro costruttore, il leopoldino Dino Piacentini, nel disperato tentativo, finito poi in un bagno di sangue, di salvare dal baratro l’Unità e più complessivamente le malconce attività editoriali del Partito Democratico.
Ricordiamo, in particolare, che Pessina deteneva il 40% della holding (Piesse s.r.l.), che aveva in portafoglio l’80% de l’Unità s.r.l. Ed a fianco di Pessina, ne L’Unità, c’era EYU s.r.l. , le cui quote erano possedute per il 60% dallo stesso Partito Democratico e per il restante 40% dalla Piacentini Costruzioni s.p.a. di Dino Piacentini. Uno schema societario, quello in EYU, che, una volta mandati in liquidazione i vari “marchi” della galassia editoriale piddina – Europa, Youdem.tv, L’Unità – è stato riproposto per la nuova creatura, il sito on line Democratica.com. La cui società editoriale, la Democratica s.r.l., dotata di un capitale sociale risibile pari a 10mila euro, è appunto partecipata per il 60% delle quote dal Partito Democratico e per il restante 40% dalla Piacentini Costruzioni s.p.a. , di cui è presidente, come detto, Dino Piacentini. Imprenditore, questo, che negli ultimi anni è stato protagonista di vicende societarie tra di loro apparentemente in contraddizione. Da un lato quelle che hanno condotto, nonostante una spiccata vocazione internazionale delle attività edilizie, all’aggiudicazione di una serie di gare pubbliche, in particolare in terra emiliana. Dall’altro quelle che hanno portato al fallimento in una attività editoriale.
L’ultima aggiudicazione, come ha già scritto questo quotidiano, risale a luglio di ques’tanno. Si tratta di un bando indetto dalla Regione Emilia Romagna, – attualmente governata dal modenese Stefano Bonaccini, renziano ormai sulla via del pentimento – per la realizzazione di opere di manutenzione alla rete idroviaria in provincia di Ferrara del valore di 4,4 milioni di euro. Ebbene, l’impresa Piacentini Costruzioni s.p.a. ha stracciato i concorrenti, ottenendo il miglior punteggio, dopo aver “offerto un ribasso economico del 10% e una riduzione dei tempi di esecuzione dei lavori di 90 giorni naturali e consecutivi”.
Negli scorsi mesi, poi, sempre dall’Emilia, da Modena per la precisione, è arrivata per Piacentini una ulteriore buona notizia, che a breve dovrebbe diventare ottima: è in fase di definitiva assegnazione il bando di gara da 35 milioni, relativo ad un progetto per il recupero di un’area di pregio (ex Amcm, ndr) a ridosso del centro storico di Modena. Per il quale, dopo un prima gara andata deserta, a seguito di un ulteriore bando, è pervenuta sul tavolo dell’Amministrazione Comunale di Modena una sola offerta: quella di un gruppo di imprese, nelle quali ritroviamo anche quella di Piacentini. Modena, poi, ha portato fortuna anche a Pessina. Perché sul finire del 2016 la Pessina Costruzioni s.p.a. ha vinto la gara, del valore di 11 milioni di euro, per il restauro e miglioramento sismico, in fase di avvio, di una scuola modenese: lo storico liceo socio-pedagogico e musicale Carlo Sigonio. Mai era accaduto in precedenza che Pessina vincesse in terra “rossa” modenese.
Terra, come noto – e questa è l’altra faccia della medaglia degli affari di Piacentini – in cui, come messo in luce nelle scorse settimane dal quotidiano locale on line La Pressa, Piacentini è stato dichiarato fallito in una sua azienda: la PE Piacentini editore s.r.l, che editava, fino ad ottobre dello scorso anno, il quotidiano locale Prima Pagina.
La società, con quote nelle mani di Piacentini e dei suoi famigliari, su istanza dell’istituto previdenziale dei giornalisti italiani (Inpgi), è stata infatti posta in procedura fallimentare dal Tribunale di Modena. Lasciando a bocca asciutta una serie di fornitori e soprattutto un gruppo di giornalisti. Che, tra stipendi arretrati e Tfr non completamente corrisposti, rischia ora di perdere diverse centinaia di migliaia di euro qualora il tribunale, nei prossimi giorni, come parrebbe, confermerà il fallimento.
@albcrepaldi
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