Partiti e politici
Perché vorrei Schlein segretaria del Pd
Per una volta dirò in maniera piatta e non ellittica ciò che penso. Del resto tante “analisi” – che suppongono di sé altezza speculativa, pragmatismo disinvolto, cinismo disincantato, ma che alla fine si riducono a dire sempre le solite tre cose [colpa del Pd, normalità della svolta meloniana, plausibilità dell’alternanza politica che dovrebbe indurre alla calma della non drammatizzazione] qui e altrove, sembrano aver dimenticato che siamo reduci da tre anni di pandemia, una catastrofe che ha mutato tutto, a cui si aggiunge da ultimo una guerra e che questo ha fatto sì che ciò che sembra impossibile si sia rivelato possibile.
In ogni caso: per me l’ideale segretaria del PD dovrebbe essere Elly Schlein.
Il problema di Schlein è il quadruplice pregiudizio, che ancora vige, benché da nessuno dichiarato, tra i maschi di quello, come di altri partiti. Una giovane, una donna, una omosessuale, una donna di famiglia ebraica (sembra paradossale ma il trio Dio cattolico patria/famiglia della destra è uno schematismo latente anche nella sinistra. E forse anche un po’ di antisemitismo latente lo è.)
Se Però il PD non ha quel coraggio di far andare avanti i giovani, operare un cambio della classe dirigente, facendo entrare le persone che hanno una forza vitale , un entusiasmo gioioso (la gioia!) e una radicalità sul lavoro e sui diritti, si condanna ad essere l’espressione delle borghesie intellettuali (?) benestanti urbane o dei ceti parlamentari o politici. Qual è di fatto ora percepito. E forse – in molta parte – è davvero. Questo significa forse operare una scissione? Perché già ora il Pd non si è scisso dal suo popolo di sinistra? Non esiste uno “scisma sommerso” soggiacente alla desertificazione del consenso? Qualcuno dice: ma la Schlein sarebbe espressione di una borghesia intellettuale separata dal popolo , mentre la Meloni, popolana della Garbatella, lo rappresenta, la “gente” vi si riconosce… Se questo significa ritrovare un linguaggio semplice per farsi capire dalle persone che sono in difficoltà, e non hanno molti strumenti intellettuali, sono d’accordo (benché tale discorso sia molto presuntuoso, e paghi il pegno del retaggio del vecchio partito intellettuale organico di una mal compresa matrice gramsciana), se però significa che occorra necessariamente trovare un leader che viene dal popolo (quale? esiste un “popolo” astratto ? vi riferite forse alla “plebe”? attenti al classismo!) non sono d’accordo. Ricordo solo che Matteotti era figlio di proprietari terrieri, Berlinguer di una famiglia nobile, Mussolini di un fabbro del popolo… che uno venga da una famiglia ricca e colta non conta , conta che si faccia interprete dei bisogni della collettività in un contesto economico sociale e culturale cambiato.
Occorre superare l’ideologia della fine delle ideologie. Occorre parlare un linguaggio più semplice, più popolare , che dia speranza e gioia. Occorre un partito più umile, molto più umile nell’approccio ai militanti e agli elettori. Ad esempio parlamentari che dialoghino davvero, che rispondano all’ultimo lettore dei loro account, e anzi che non siano influencer ma tornino ad essere rappresentanti! Occorre uscire dai palazzi e tornare a stare tra la gente, nelle sezioni, nelle strade, nelle scuole, nei call center… Occorre tornare attraverso il deserto dell’opposizione alla libertà della immaginazione politica…
So che quanto dico è un po’ grezzo e incompleto, ma talvolta occorre rischiare di dire le cose che si pensano senza tanti ghirigori. Gettiamo il cuor oltre l’ostacolo.
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