Partiti e politici
Perché sono un pirla
Sabato mi sentivo un Pirla. E infatti me lo sono appeso ben bene al collo. Poi è arrivato Maroni che lo ha confermato sia a me sia alla sua imbarazzante platea. Perché il problema non era che lui e altri quattro ( cento, mila? ), nelle sale della mia Regione, stessero facendo un convegno retrogrado e conservatore sulla necessità di discriminare, dividere, separare tutto il discriminabile, divisibile, separabile.
E non era neanche che noi invece fossimo relegati in una piazza in quattro ( cento, mila? ) a manifestare che volevamo includere, unire, condividere tutto l’unibile di questo mondo con la sola forza dei sentimenti. Ero un pirla, anzi lo sono ancora, perché ho permesso che queste due visioni non si manifestassero nello stesso luogo e non solo nello stesso momento, come dovrebbe accadere nella regione che si dice all’avanguardia di un paese che si dice civile.
Sono un pirla perché continuo a permettere a quattro ( cento, mila?) politici di appropriarsi delle mie ( nostre, vostre, loro ) istituzioni e di farne un uso assolutamente proprietario.
Perché gli permetto di mettere il mio, nostro marchio, quello della mia, nostra regione, sulle loro convinzioni.
Perché gli permetto di utilizzare il Primo Bene Comune che abbiamo, la nostra identità, a loro piacimento, come sigillo della loro verità.
E sono un Pirla tutte le volte che, senza accorgermene, accetto che lo facciano anche quelli che la pensano come me.
Anzi, ne sino contento, perché mi sento tra amici, a casa, protetto e accettato.
Perché non capisco che non guadagnerò neanche un metro se non sento le ragioni dell’altro.
E non per un senso stucchevole di libertà o per seguire infantilmente e falsamente il dettato Voltariano, ma perché, molto spesso, le sciocchezze dei miei avversari sono linfa vitale per le mie idee, a cui danno spunti e maggiori ragione di essere.
Perché se ascolto chi no la pensa come me posso capire come è possibile convincerlo o alla peggio arginarlo.
E invece accetto che ci sia, una ricerca di omogeneizzazione che non è altro che il baratro della mediocrità in cui ci si vede e ci si parla tra portatori dello stesso pensiero.
E si rimane fermi al palo della consuetudine e del politicamente corretto, che non determina nessuno strappo in avanti, ma una terribile noia.
Ognuno a pensarla come vuole, ma a casa propria.
Fino a che non arriva uno che ci fa credere di pensarla come la maggioranza di noi mentre ci ha convinti di pensarla come Lui.
E in questo purtroppo non siamo quattro, ma quaranta milioni di Pirla.
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