Partiti e politici
Perché Movimento 5 Stelle e Lega Nord riescono dove la sinistra fallisce
A rigor di logica, il calo di consensi che il governo Renzi sta attraversando e che inevitabilmente si riflette sul Partito Democratico (vittima anche della propria litigiosità) dovrebbe avvantaggiare Sel. E non poco. D’altra parte, se gli elettori della base del Pd, quelli che vogliono votare un partito socialdemocratico di sinistra, vedono nella svolta renziana una deriva verso il centro, se non addirittura a destra, l’approdo naturale per tutti costoro sembra proprio essere quello di Sel.
In effetti, è l’unico partito di una certa consistenza a sinistra del Pd, l’unico dotato di una certa visibilità, l’unico che non rimane aggrappato con le unghie al passato e alla nostalgia (come invece fanno gli incredibili e innumerevoli partiti della galassia comunista). Invece, i numeri parlano chiaro: alle Europee il Pd raggiunge il famoso 40%, l’Altra Europa (in cui Sel è di gran lungo il partito principale) raggiunge il 4%. Oggi, i sondaggi danno il Pd più o meno al 33/34%, mentre Sel oscilla sempre tra il 3 il 4%.
Cosa significa tutto ciò? Che la teoria dei “vasi comunicanti” nel centrosinistra non funziona, come invece avveniva (e avviene in parte ancora oggi) ai tempi d’oro del forzaleghismo. Al calare di Forza Italia corrispondeva una crescita della Lega Nord, col risultato che il valore della coalizione rimaneva immutato. Un grande valore aggiunto, per due partiti alleati.
Lo stesso non si può dire per il centrosinistra, dove al calare del Partito Democratico, un calo vistoso e molto consistente, non corrisponde nessuna crescita per Sel. Ma dove finiscono questi voti?
Stando ai flussi elettorali seguiti alle scorse regionali, circa il 65% dei voti persi dal Partito Democratico finisce nell’astensione, il 20% finisce al Movimento 5 Stelle, il resto se lo spartiscono Sel, Rifondazione e la Lega Nord. Per la serie: trova l’intruso.
Dando per scontato che l’elettorato deluso dal Pd sia quello più tradizionale, che sempre meno sopporta il modo in cui Renzi sta plasmando il partito erede della sinistra italiana, la sensazione è che dalle parti di Sel sarebbe il caso di iniziare a fare un bell’esame di coscienza.
Sulla carta, infatti, il calo del Pd dovrebbe essere un enorme regalo per il partito di Vendola. Invece quei voti finiscono nell’astensione o al Movimento 5 Stelle. Un pessimo viatico in vista della nascita di un nuovo soggetto di sinistra, anche perché sottrarre voti all’astensione è compito molto arduo e in prima fila sembra esserci proprio il Movimento 5 Stelle.
Se si lascia da parte lo stupore, quasi l’indignazione con cui la sinistra osserva il modo in cui l’elettorato (pure quello più giovane) la sta abbandonando, le ragioni sono invece abbastanza evidenti.
Negli ultimi mesi il Movimento 5 Stelle ha reso il suo messaggio politico molto più chiaro, preciso, concreto. Di che cosa parla il M5S? Del reddito minimo garantito (pur continuando a chiamarlo, chissà perché, reddito di cittadinanza); dei dieci milioni di euro di tagli agli stipendi che aiuteranno le piccole medie imprese; del ruolo (fondamentale) del M5S nell’approvazione della legge sugli eco-reati. Tre argomenti concreti, interessanti, che fanno breccia nell’elettorato e che sicuramente non dispiacciono a un elettore di sinistra.
Di che cosa parla invece la Lega Nord? Di contrasto dell’immigrazione (come ha sempre fatto, ma che in questo periodo premia più del solito); di tassazione unica al 15%; di battaglia contro la legge Fornero sulle pensioni. Il tutto, come sempre, all’interno di uno schemo più ampio anti-austerity, anti-Europa e anti-euro. Argomenti populisti, certo, ma che sono immediatamente comprensibili e colpiscono anche un elettorato che in altri tempi avrebbe votato a sinistra (tanto che si sta facendo largo una patetica versione di sinistra delle teorie “no-euro”).
Di che parlano invece Sel e gli esponenti della sinistra in generale? Solitamente, parlano solo di Renzi, regalando al premier le luci della ribalta. Sono contro il jobs act di Renzi (ma non si sa in favore di cosa), sono contro la riforma della scuola di Renzi (ma non si sa in favore di cosa), sono contro l’austerity e contro “questa Europa” (ma tanto il tema è già in mano a Salvini) e non gli dispiace il reddito minimo garantito (ma tanto il tema è già in mano al M5S).
È molto difficile, almeno per me, provare a fare un elenco semplice e concreto delle proposte di Sel e della sinistra come si può invece fare nel caso di M5S e Lega Nord. E siccome gli elettori non votano più a prescindere, nemmeno quelli di sinistra, è difficile che votino un partito o che seguano un progetto di cui non si capisce quale sia l’obiettivo.
Invece di biasimare l’elettorato perché non vota più la sinistra, sarebbe il caso di provare a capire per quali ragioni tutto ciò sta avvenendo.
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