Partiti e politici
Perché la sinistra non ha ancora un suo “Rousseau”?
Con l’ultima entrata in scena di “Rousseau” negli equilibri politici italiani, è ripartita la solita litania che oramai caratterizza gli ambienti progressisti italiani ogni volta che questa piattaforma digitale interviene a indirizzare l’azione politica del Movimento 5 stelle: “non si possono affidare le sorti del paese a un click su uno schermo!”; “diciamo no a questa dittatura del click!”; “poche migliaia di persone stanno distruggendo la nostra democrazia con un sì o no dal proprio computer, vergognoso!”.
Strano, perchè un tempo a sinistra internet e la partecipazione politica “non tradizionale” hanno rappresentato la speranza e la via maestra da seguire per ribaltare l’egemonia politica e culturale delle destre. Insomma, in questi anni ci saremmo aspettati una piattaforma simil-Rousseau del PD o a disposizione degli iscritti di altri partiti della sinistra italiana. Perchè tutto questo non è avvenuto e sembrerebbe ancora lontanissimo dal realizzarsi?
Internet = boccata d’ossigeno per la democrazia
Quando Internet ha iniziato a divenire parte della quotidianità politica, i primi a gioirne sono stati gli elettori e soprattutto gli intellettuali vicini ai partiti progressisti: «finalmente i cittadini potranno partecipare ancora più attivamente alla vita politica», sostenevano. Poi è arrivato Barack Obama. Era il 2008. E questo auspicio è sembrato trasformarsi in realtà. Obama non ha infatti vinto «grazie a internet», ma senza la presenza della rete non avrebbe sicuramente potuto fare affidamento su tutta quella serie di risorse, umane ed economiche, che gli hanno garantito la vittoria nel 2008, poi la rielezione nel 2012. Gli Stati Uniti uscivano da otto anni di governo di destra. Otto anni di George W Bush. Il ritorno al potere del Partito Democratico negli Stati Uniti è stato dunque associato alle prime elezioni con anche internet.
Con l’elezione di Barack Obama e questo entusiasmo dettato dalla possibilità di utilizzare un nuovo strumento per facilitare la (ri)salita al potere della sinistra, anche gli ambienti progressisti italiani hanno subito iniziato a tessere le lodi delle rete. «Dobbiamo fare come Obama», sostenevano. «Internet è partecipazione, è coinvolgimento dei cittadini. Quindi è una roba di sinistra. Finalmente possiamo tornare a dire la nostra». Queste alcune delle opinioni espresse in quel momento storico. Al governo c’era Silvio Berlusconi. Il leader della TV. Quello che secondo alcuni era salito al governo grazie all’opera di istupidimento di massa operato dalle sue televisioni. Con l’avvento di internet e delle possibilità di partecipazione permesse dalla rete, l’equazione è stata presto fatta: TV = destra e Berlusconi, internet = sinistra e Obama. Insomma, secondo questa narrazione anche in Italia, grazie a internet, la sinistra avrebbe potuto ribaltare il potere mediatico e culturale delle destre, in quel momento storico incarnato da Silvio Berlusconi.
Contrordine compagni, internet = manipolazione di massa
Poi però è arrivato il Movimento 5 stelle e il suo 25.6% alle elezioni del 2013, poi il 32.7% a quelle del 2018. A questi dati si è aggiunta la crescita delle destre in molti paesi non solo europei, fino all’elezione di Donald Trump nel 2016, frutto anche di un utilizzo molto elettoralmente proficuo della rete. E allora, contrordine compagni! Questo internet non è più così roba di sinistra. E via con il cambio di paradigma: troppa partecipazione forse fa male. Troppa partecipazione fa salire al governo le destre perché il popolo è (tornato ad essere) manipolabile dai messaggi molto più forti e semplici delle destre, quindi viva Platone e la tesi del governo dei filosofi. Viva la tecnocrazia e la democrazia rappresentativa ben scevra da ogni consultazione dei cittadini che non vada oltre il momento elettorale, evviva pure l’abolizione del suffragio universale già che ci siamo! Come se la richiesta di più partecipazione non fosse più, all’improvviso, uno dei pilastri ideologici della sinistra italiana e mondiale.
Penso a una giovane donna, madre, lavoratrice…
Strano, strano perché in un mondo ideale (quantomeno) il principale partito della sinistra italiana avrebbe contattato da almeno 10 anni i migliori ingegneri informatici di area con l’obiettivo di realizzare una piattaforma di partecipazione telematica. Una piattaforma digitale in cui ognuno dei suoi iscritti abbia la possibilità di iscriversi a un gruppo tematico, ad esempio in base alle proprie competenze o semplici interessi. Una piattaforma dove scambiare opinioni e contribuire in maniera concreta e quotidiana all’elaborazione programmatica del proprio partito, sia a livello locale, sia regionale, sia nazionale. Una piattaforma digitale dove poter anche esprimere la propria opinione su alleanze politiche.
È l’idea di una democrazia diretta digitale alternativa alla e nemica della democrazia rappresentativa? No. È partecipazione politica utilizzando anche le moderne tecnologie. Niente di più, niente di meno. Soprattutto, aperta a tutti. Perché non tutti hanno tempo e modo di partecipare a riunioni politiche alle cinque di pomeriggio, il martedì. Molto spesso senza ordine del giorno e con esiti comunque già predefiniti dalla classe dirigente di turno. Classe dirigente molto spesso formata da persone con tanto tempo libero a disposizione. Merce rara, oggi. Penso a una giovane donna, madre, lavoratrice. Chi le dà il tempo, nell’Italia del 2020, di partecipare a una riunione politica di tre ore, dentro la settimana, in un circolo di partito spesso neanche raggiungibile comodamente (anche) per colpa dell’assenza di mezzi pubblici efficienti? Avesse un equivalente di Rousseau, ma fatto meglio, potrebbe anche lei direi la sua. E le farebbe piacere. Forse questo la spingerebbe anche a partecipare a una delle riunioni del martedì alle cinque, sacrificando tempo ed energie alla famiglia e al lavoro. Insomma, questa piattaforma digitale contribuirebbe anche a produrre partecipazione politica “tradizionale”.
(Oggi) sinistra = paura della partecipazione dal basso?
Ecco, una sinistra affamata di partecipazione politica dal basso, avrebbe il suo equivalente di Rousseau. Da almeno 10 anni. E oggi questo forse le farebbe avere più iscritti anche tra i più giovani. Una sinistra come si deve in ogni caso non si prenderebbe beffa della partecipazione politica. La stimolerebbe. Il più possibile. Metterebbe in costante relazione le sue migliori idee. A distanza di un click, darebbe accesso ai suoi iscritti, simpatizzanti ed elettori a tutte le buone pratiche sviluppate dai suoi amministratori nei diversi comuni e regioni italiane. Invece no. Oggi la sinistra è quella che ha paura della partecipazione. Che la banalizza. La schernisce. E santifica unicamente il ruolo della democrazia rappresentativa e delle sue istituzioni. Strano, perché la partecipazione diretta è condivisione. È apertura. È coinvolgimento. È divisione del potere. Robe di sinistra, in teoria.
Perché non sfruttare al meglio questa innovazione tecnologica?
Attenzione però, chi scrive non sta supportando la tesi della democrazia digitale o della partecipazione politica ridotta a un semplice click. Partecipazione è confronto collettivo. È vedersi in faccia. È discutere e influenzarsi a vicenda. È tesi, antitesi e sintesi. E la partecipazione politica diretta non può certo essere ridotta a un plebiscito o alla semplice scelta tra un sì e un no a cadenza mensile o settimanale dal proprio smartphone mentre si torna a casa dal lavoro. Senza mediazioni, senza interazioni, senza dibattiti, senza scendere mai in strada. Ma se un’innovazione tecnologica può aiutare tante cittadine e cittadini a partecipare in maniera più efficace e con maggiore frequenza alla vita politica della propria città, regione, paese o semplice vita di partito, perché non sfruttare al meglio questa occasione, magari anche regolamentandola, invece di demonizzarla?
Rinnegare parte della propria identità per non apparire simili a un competitor politico non si sta rivelando, finora, una scelta così lungimirante. Così facendo, si sta deliberatamente scegliendo di privarsi di uno dei primi antidoti all’egemonia politica e culturale della destra e dei nuovi populismi contemporanei: la partecipazione, propositiva, organizzata, anche tramite una piattaforma digitale. Una roba (tanto) di sinistra, in teoria.
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