Partiti e politici

Perché Angela guarda ad Amburgo

16 Febbraio 2015

È stata una settimana di fuoco per la Cancelliera tedesca Angela Merkel. “La regina dei tre mondi”, l’ha definita Stefano Cingolani su Il Foglio di qualche giorno fa, alludendo alla stachanovistica performance diplomatica che l’ha vista al centro delle due principali crisi internazionali attualmente sotto la luce dei riflettori: il braccio di ferro anti-austerity ingaggiato con l’Europa dal neo-eletto premier greco Tsipras e la guerra civile che sta dilaniando l’Est dell’Ucraina. Di “Merkelmania” ha parlato l’agenzia Reuters, mettendo in fila tutte le tappe della shuttle diplomacy merkeliana: Kiev, Mosca, Monaco, Washington, Ottawa, Minsk e Bruxelles. Tutto in una settimana, sempre sul pezzo, immutabile e guardinga, con l’unica nota di imprevedibilità rappresentata dalla cangiante tinta pastello dei suoi immancabili tailleur. Dopo il ritorno a Berlino la Cancelliera non ha comunque trovato tempo per il meritato riposo. Amburgo l’attendeva. E proprio nella città anseatica Angie ha dovuto ingoiare il primo boccone amaro della settimana.

Le elezioni comunali che hanno confermato con squillanti percentuali vicine alla maggioranza assoluta il borgomastro uscente, il socialdemocratico Olaf Scholz, non hanno evidentemente la stessa valenza degli altri dossier internazionali affrontati nei giorni scorsi dalla Cancelliera cristiano-democratica. Tanto meno dovrebbero averla per un lettore italiano, certamente poco attratto da una notiziola di politica locale proveniente dalla Germania del Nord. Amburgo è sì una delle tre Città-Stato tedesche (insieme a Brema e Berlino) e come tale rappresentata nella Seconda Camera (il Bundesrat), ma i dibattiti suscitati in terra teutonica dalla piuttosto prevedibile vittoria di Scholz vanno ben oltre il potere negoziale derivante da qualche seggio in più a livello federale. Gli exit polls provenienti da Amburgo sono schizzati in evidenza nei siti dei principali quotidiani tedeschi per via del carattere paradigmatico delle consultazioni appena celebrate. Un passaggio politico che ha visto la SPD locale volare sopra il 45% e la CDU della Merkel affondare ignominiosamente a poco meno del 16%. Un vero e proprio bagno di sangue per il partito della Cancelliera, costretto ad assistere allo scontato trionfo di quello che a livello nazionale è il suo fedele e ingrigito alleato di governo nella Grosse Koalition. I rapporti di forza che vigono a Berlino (CDU partito egemone, SPD junior partner al seguito) vengono completamente rovesciati nella seconda città più popolosa di Germania. Quello che vale sulle rive della Sprea viene ribaltato alla foce dell’Elba.

Indossando le lenti dell’analisi politica di lungo periodo, la vittoria amburghese del socialdemocratico Scholz segnala dei trend estremamente utili per tentare di prevedere in che direzione si muove la politica tedesca. Prima o poi il lungo regno della “Mutti” giungerà al termine, aprendo tutta una serie di possibili scenari: permanenza al potere della CDU post-merkeliana o riscossa dell’ammaccata socialdemocrazia? La SPD, nonostante esprima attualmente il Vice-Cancelliere e Ministro dell’Economia (il poco amato Sigmar Gabriel), non sperimenta l’ebbrezza della vittoria a livello nazionale dai tempi di Gerhard Schröder. Ecco quindi fare capolino negli editoriali la consueta “K-Frage”: il dibattito sulla “cancellierabilità” (si perdoni lo sgraziato neologismo) del fresco trionfatore di Amburgo. Soprattutto per via del fatto che Scholz non ha nulla del leader di sinistra che va attualmente per la maggiore in Europa: non ha la furia iconoclasta di Matteo Renzi, il fascino rassicurante di Pedro Sanchez, il radicalismo barricadiero di Alexis Tsipras. Appare piuttosto come una versione ancora meno carismatica di Monsieur Normalità, Francois Hollande. “Il trionfo del Preciso” titola la Süddeutsche Zeitung, anche se l’aggettivo fleissig potrebbero essere reso anche con “disciplinato”, addirittura “secchione”. In un godibilissimo ritratto tracciato da Heribert Prantl Scholz viene definito come l’archetipo del politico tedesco contemporaneo: un politico la cui principale passione è la mancanza di passione. Prantl disseziona le qualità umane del borgomastro con lama affilata: non è populista, non lascia il segno, non è carismatico. La cosa più notevole in lui è il fatto che non si faccia notare. Ma è proprio per questo, conclude Prantl, che l’elettore medio amburghese ha votato convintamente per lui: non ha bisogno di roboanti promesse o di immaginifici programmi, ma della pura e semplice efficienza nella difficile arte di amministrare. È il trionfo della scuola merkeliana, osserva con compassata ironia, che ha portato alla diffusione locale di innumerevoli cloni dell’affidabile e mai sopra le righe Cancelliera.

Il quotidiano conservatore di Amburgo, Die Welt, mette invece in evidenza la capacità di Scholz di fungere intelligentemente da magnete per i centristi. Lo fa con una battuta, etichettandolo come il “Compagno del Centro” che ha saputo sedurre l’elettorato moderato e borghese con il suo pragmatismo. A differenza della SPD federale, impegnata a far sterzare a sinistra la Grande Coalizione in modo da accontentare il proprio zoccolo duro di elettorato (quella che Bersani chiamerebbe “la Ditta”), Scholz ha trovato la quadra tra coscienza sociale d’imprinting socialdemocratico e realismo economico. Frank Pergande si chiede sulla FAZ: potrebbe diventare Cancelliere? Scholz è un politico navigato, è stato il segretario generale della SPD ai tempi di Schröder e anche se di quel periodo si ricordano soprattutto le sue soporifere dichiarazioni in puro politichese è innegabile che il cinquantaseienne figlio di un industriale del settore tessile potrebbe tornare a giocare un ruolo ben oltre i confini della città anseatica. Dopotutto Amburgo è anche la città natale di Angela Merkel.

Le investiture precoci di leader anti-Merkel sono state spesso al centro dei trastulli dei media, non solo tedeschi. Suscitò grande clamore, anche al di fuori della Germania, l’elezione in Nord Reno-Vestfalia della combattiva socialdemocratica Hannelore Kraft, vista già da molti osservatori come la risposta da sinistra all’inamovibile leader cristiano-democratica. “La ragazza” (come la chiamava il suo mentore politico Helmut Kohl) venuta dall’Est che tanta parte ha avuto nella definizione dei principi-guida di un’Unione Europea flagellata dalla crisi e sottoposta, benché spesso recalcitrante, alla dolorosa cura dell’austerity “made in Germany”. L’aspetto di maggior interesse sono in questo momento quelle che Die Zeit individua come le cinque lezioni di Amburgo.

In primo luogo, la SPD può tornare a vincere. Scholz è stato in grado di conquistare un livello di popolarità che persino la Merkel può solo sognare. Un uomo che da politico nazionale riusciva difficilmente a non far addormentare l’uditorio si è trasformato in una figura amatissima a livello trasversale, in grado di sfondare gli steccati del ristretto bacino di consenso socialdemocratico e di andare a pescare tra i moderati. Quella che a Berlino chiamano “la SPD destrorsa di Amburgo” potrebbe diventare il motore propulsivo in grado di rinnovare la SPD nazionale, condannata alla subalternità perenne nei confronti della CDU.

In secondo luogo, il tracollo della CDU non è solo un episodio. Si colloca piuttosto nell’ambito di una apparentemente inarrestabile parabola discendente, che l’ha portata ad esprimere solo tre governatori a livello nazionale. A ciò si aggiunga che fino al 2008 la CDU possedeva ad Amburgo la maggioranza assoluta. L’ultimo spregiudicato borgomastro cristiano-democratico era infatti riuscito a destreggiarsi tra coalizioni che coprivano un ampio spettro partitico e a dare alla CDU locale l’immagine, non scevra di contraddizioni, di partito metropolitano tutto “legge ed ordine”. La CDU nazionale è oggi un partito che nei contesti urbani perde clamorosamente e che solo la salda leadership della Merkel tiene al riparo dall’esplodere delle contraddizioni interne. Cosa accadrà quando la Cancelliera abbandonerà il campo?

In terzo luogo occorre registrare il discreto successo del partito protestatario anti-euro “Alternativa per la Germania” (AfD). Con un buon 6% l’AfD amburghese è la prima ad entrare in un Parlamento regionale dell’ex Germania Ovest, bilanciando il radicalismo più estremo e populistico dell’AfD dell’Est. Il successo di Amburgo sarà dunque presumibilmente in grado di ammorbidire le posizioni dell’unico competitor a destra della CDU merkeliana.

In quarto luogo, da segnalare l’inaspettata risurrezione dei liberali della FDP. Quegli stessi liberali che nel precedente governo Merkel esprimevano il Ministro degli Esteri Westerwelle e il giovane Vice-Cancelliere Rösler, ma che erano stati cancellati dal panorama politico alle ultime elezioni. Guidati dallo sferzante Christian Lindner e avendo puntato su una candidata locale altrettanto dinamica, la FDP nazionale può per la prima volta dopo un anno abbozzare uno stentato sorriso. Estromessi da tutti i Parlamenti regionali andati al voto e dati ormai per spacciati, i liberali sembrano destinati a galleggiare nuovamente sopra la soglia nazionale del 5%. Notizia che avrà sicuramente ripercussioni anche a Berlino, in attesa dei prossimi test in altri Länder.

Infine, il Parlamento amburghese si rivela più colorato e frammentato del solito: per la prima volta vi sono rappresentati ben sei partiti diversi. Anche questo trend non mancherà di ripetersi, gettando una certa dose di imprevedibilità sui futuri assetti politici tedeschi. Più colori, più partiti, più alleanze possibili.

Ecco spiegato in breve, tramite una sommaria rassegna stampa bipartisan (più conservatore il Welt, più di centrosinistra lo Zeit) perché Amburgo è così importante e perché è fondamentale leggerne i risultati elettorali in questa domenica di febbraio. Dal “laboratorio anseatico” potrebbero infatti partire il declino definitivo della CDU, la modernizzazione della SPD, la de-radicalizzazione della AfD e la resurrezione della FDP. Nonché la seconda vita politica di Olaf Scholz. Oggi borgomastro di Amburgo, domani chissà.

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