Partiti e politici
PD, diventa socialista e ambientalista se non vuoi la Lega al 50%
Svegliarsi un lunedì di maggio e ritrovarsi la Lega di Salvini al 34% è preoccupante, anche perché pure gli altri partiti(ni) di destra tengono piuttosto bene. Gli elettori di Salvini sono tutti razzisti e amici di Casa Pound? La risposta non può essere che “No, ma…” ed è in quel “ma” che bisogna trovare la chiave di un’opposizione seria, efficace e che possa diventare proposta di governo credibile (e votabile).
Il PD infatti non può cantare vittoria, e non è certo con questa campagna elettorale per le europee che può pensare di aver trovato il canovaccio su cui costruire la sua, si spera, rinnovata identità dopo il congresso di marzo. Zingaretti è riuscito a riportare (in percentuale) a casa un po’ degli elettori che avevano abbandonato il Partito Democratico a causa di Renzi ma non ci si potrebbe certo dire soddisfatti. Teniamo anche conto che in quel 22,7% ci sono un po’ di voti utili, che sarebbero tutt’altro che sicuri in caso di elezioni politiche, e un po’ di “bonus Europa”. Dopotutto il PD non ha mai vacillato sulla sua dimensione europeista e credo che una parte degli elettori lo abbia premiato, perché appunto si votava per il Parlamento Europeo.
Va però detto che almeno il PD il suo compitino l’ha fatto, al contrario de La Sinistra e dei Verdi. E non perché le istanze che dovrebbero rappresentare siano marginali nel nostro paese ma per la scarsa credibilità delle proposte e dei loro portavoce (anche chiamarli leader è impossibile). Non ti inventi un partito ambientalista a un mese e mezzo dalle elezioni solo perché i ragazzi di mezzo mondo manifestano per l’emergenza climatica, quando sono anni che nessuno vi sente nominare. Ciò non toglie che in quelle liste ci fossero persone che davvero hanno dedicato anni della loro militanza a quelle istanze, ma sono state triturate dalla scarsità dei vertici.
Cosa bisogna fare da domani per evitare che il prossimo risveglio sia con la Lega da sola al 50%? Il mio consiglio, ovviamente non richiesto, è cercare di acquisire una identità chiara e coraggiosa su alcune proposte e poi di declinare con determinazione anche l’opposizione parlamentare al governo in base a quelle. Non credo che Zingaretti abbia ancora un profilo definito, e questa fumosità non paga.
I temi sono davanti a noi da un po’: riscatto sociale e ambiente. In questo ordine, ma insieme. Penso che le due questioni abbiano la stessa causa e quindi possano e debbano essere affrontate insieme.
Il clima è ormai diventato emergenza, ma se la consapevolezza del problema inizia ad essere diffusa tra i cittadini la mia impressione è che gli strumenti per affrontarla (cambiando anche stile di vita) siano ancora patrimonio di alcuni ceti sociali, tipicamente urbani e istruiti. Penso che sia necessario che alcuni gruppi sociali vengano alleviati dalle loro emergenze (reali o percepite che siano) perché anche le politiche “verdi” possano ricevere l’appoggio e il consenso che serve per la svolta non più procrastinabile secondo esperti e scienziati.
Credo però che anche l’emergenza climatica sia il risultato dello squilibrio di potere economico e politico che caratterizza le nostre società globalizzate e che ha generato le disuguaglianze che stanno alimentando il voto ai partiti populisti. Quei voti sono richieste di protezione da parte di chi si percepisce debole di fronte a un potere enorme, che fatica a comprendere e a identificare. La risposta da destra è l’uomo forte che protegge(rebbe) dai poteri forti, a noi può sembrare evidente il cortocircuito logico ma non per tutti è così.
La soluzione che un partito di sinistra progressista deve offrire è cercare di spuntare le armi dei poteri forti (proteggendo i piccoli) e magari renderli meno forti con una rinnovata e moderna politica della concorrenza. Vuol dire ostacolare il dumping sui salari, vuol dire impegnarsi perché le grandi multinazionali paghino le tasse, vuol dire occuparsi della scuola e della sanità pubblica. Proposte che siano chiare e vicine ai bisogni reali delle persone, non ai bisogni che secondo noi dovrebbero avere.
Credo insomma che sia necessaria un grande processo di democratizzazione della società, della politica e dell’economia perché solo così cureremo la causa dei mali dei nostri anni e non solo i sintomi.
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