Partiti e politici
Il partito degli orchi
A Lodi, la sindaca leghista (donna) impone ai genitori di origine straniera di presentare un introvabile documento supplementare, oltre all’ISEE richiesto a tutti, per poter accedere alle riduzioni del contributo economico per la refezione scolastica e lo scuolabus dei loro figli: come risultato, i bambini devono mangiare i panini portati da casa in un’aula separata dalla mensa dove pranzano i loro compagni.
a Padova, un’analoga richiesta voluta dall’assessore regionale all’istruzione, leghista (anche qui, una donna) esclude gli studenti provenienti da famiglie immigrate dall’accesso al “bonus libri”: come risultato, molti ragazzi rischiano di restare senza i testi scolastici.
A Monfalcone, la sindaca leghista (di nuovo, una donna) ha imposto un tetto del 45% di alunni non italofoni nelle classi della scuola dell’infanzia (non obbligatoria): come risultato, 76 bambini di origine bangladese sono rimasti in lista d’attesa, spesso senza possibilità di iscriversi altrove per problemi pratici.
A Riace, una deliberazione del Ministero dell’Interno ha deciso la chiusura del sistema SPRAR: come risultato, i rifugiati e i richiedenti asilo fino ad oggi accolti nel paese calabrese dovranno trasferirsi altrove o rinunciare all’assistenza dello Stato; tra di loro ci sono anche donne con figli a carico.
Intanto, il senatore leghista Simone Pillon ha presentato un disegno di legge “in materia di affido condiviso, mantenimento diretto e garanzia di bigenitorialità” che, a detta di numerosi esperti del settore, si prefigge di tutelare i diritti dei genitori a discapito di quelli dei bambini (cosa evidente già dal titolo della norma).
Un simile accanimento nei confronti dei più piccoli può sembrare paradossale: nella cultura occidentale, fare del male ai bambini è infatti uno dei tabù più radicati e ricorrenti, dalle severe parole del Salvatore nei Vangeli (“perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare… ero forestiero e non vi avete ospitato… ogni volta che non avete fatto una di queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, non l’avete fatta a me”) fino all’anatema di Ivan Karamazov nel romanzo di Dostoevskij (“se la sofferenza dei bambini servisse a raggiungere la somma delle sofferenze necessaria all’acquisto della verità, allora io dichiaro in anticipo che la verità tutta non vale un prezzo così alto”); in effetti, le iniziative degli esponenti della Lega hanno suscitato reazioni indignate e manifestazioni di solidarietà verso i bambini colpiti dai provvedimenti, tanto da spingere in alcuni casi chi li aveva attuati a una parziale retromarcia. Allora, perché?
Se un partito di governo si arrischia a portare avanti misure così impopolari, mettendo in conto di divenire il bersaglio di critiche infuocate, lo fa evidentemente con uno scopo di lungo termine: lo definirei un fine pedagogico. La dirigenza leghista si prefigge di sdoganare presso l’opinione pubblica la persecuzione nei confronti dei bambini: una volta ottenuto questo, non ci saranno più limiti a ciò che il governo potrà osare per imporre al Paese i propri princìpi identitari e reazionari. Per raggiungere il risultato, basta distogliere l’attenzione dalle sembianze infantili di coloro che subiscono la persecuzione e concentrare il discorso sulle mancanze degli adulti che la “causano” (che siano i genitori stranieri inadempienti verso le richieste burocratiche del Comune, un sindaco poco rispettoso delle regole nel gestire l’accoglienza o il partner separato accusato di escludere l’altro dalla vita dei figli); un po’ per volta, l’abitudine a questo genere di notizie addestrerà i cittadini italiani a ritenerle normali, accettabili e, per qualcuno, persino giuste.
Il costo di un’operazione così spregiudicata è però, letteralmente, mostruoso. Pochi giorni fa, ricordando l’emanazione delle leggi razziali da parte del governo fascista, la senatrice Liliana Segre ha descritto lo smarrimento, il dolore, l’umiliazione profonda che visse da bambina ebrea quando venne separata dai suoi compagni di classe; gli studi sociologici hanno da tempo evidenziato che la radicalizzazione dei giovani immigrati di seconda generazione ha spesso come substrato la loro esclusione sociale, mentre sono facilmente prevedibili le conseguenze psicologiche sui figli di una gestione malaccorta della separazione dei genitori.
So bene che le parole che ho scelto sono molto forti e potranno suscitare polemiche: ma ciò che sembra agli occhi degli adulti una piccola cosa – segregare un bambino durante l’orario del pranzo scolastico, negargli l’accesso alla scuola dell’infanzia o la possibilità di avere i libri di testo, obbligarlo a trasferirsi in una nuova classe o a frequentare un genitore che non vuole più vedere – può diventare, nell’esperienza dei più piccoli, un trauma insuperabile. Tutti noi, se ripensiamo alla nostra infanzia, ricordiamo un episodio banale che però ci ha ferito intensamente: ciò accade non perché i bambini siano poco maturi ma, al contrario, perché sanno leggere il profondo significato affettivo e relazionale che si cela dietro le situazioni quotidiane.
Per questo è bene che la vita dei bambini venga tenuta al di fuori delle strumentalizzazioni politiche: perché, come diceva Ivan Karamazov, non c’è risultato che valga il prezzo della loro sofferenza. Nelle fiabe, l’orco cattivo che divora i bambini viene sconfitto: facciamo in modo che il lieto fine arrivi anche per i piccoli che vivono in mezzo a noi. Il momento per scoprire la durezza della vita arriverà, per tutti loro; ma al momento giusto…
(illustrazione di Gustave Doré)
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