Partiti e politici

Palla al centro

28 Maggio 2018

Si vede che ero distratta io, ma non mi era proprio sembrato che il punto focale dell’ultima campagna elettorale fosse la possibile uscita dell’Italia dall’Eurozona: anzi, avevo sentito dire – sia a Matteo Salvini (più volte) che a Luigi di Maio – che non era più all’ordine del giorno. Nel famoso “contratto di governo“, poi, di ritorno alla lira non c’era proprio traccia: si accennava solo timidamente alla necessità di “rivedere, insieme ai partner europei, l’impianto della governance economica europea“.

Al momento della formazione del governo, invece, tutto è cambiato:  il nodo cruciale è diventato la nomina di un ministro dell’Economia notoriamente euroscettico e intenzionato a recarsi a Bruxelles con indosso la (metaforica) cintura esplosiva del famoso “piano B”, ovvero la minaccia dell’abbandono della moneta unica da parte dell’Italia per ottenere l’allentamento dei vincoli al nostro bilancio. Una strada già tentata a suo tempo dalla Grecia, con l’esito che sappiamo.

Di fronte al repentino cambio di rotta, il Presidente della Repubblica ha tentato di riportare il nuovo governo nel seminato, proponendo diverse soluzioni: da una chiara presa di distanze del candidato ministro dalle sue bellicose dichiarazioni precedenti, che non è arrivata, a una diversa composizione dell’esecutivo; ma il tavolo è stato rovesciato dai due capi partito che hanno gestito la crisi dalla loro chat privata, bypassando totalmente i loro stessi parlamentari e il loro Presidente del Consiglio incaricato.

Il capo dello Stato ha motivato il suo rifiuto di nominare il ministro dell’Economia indicato dalla maggioranza – una extrema ratio grave, che sicuramente avrebbe preferito evitare – con due argomenti. Il primo è il rischio che avrebbero corso le finanze degli italiani, cittadini e aziende, in uno scenario di spread alle stelle, di fuga dei capitali e di crollo della Borsa che evidentemente il Presidente aveva fondate ragioni di temere. Il secondo, a mio modo di vedere ancor più pregnante è la necessità di una legittimazione democratica della svolta sovranista: nelle parole di Mattarella, “quella dell’adesione all’Euro è una scelta di importanza fondamentale per le prospettive del nostro Paese e dei nostri giovani: se si vuole discuterne lo si deve fare apertamente e con un serio approfondimento. Anche perché si tratta di un tema che non è stato in primo piano durante la recente campagna elettorale.”

L’arbitro ha quindi sospeso la partita e rimesso la palla al centro: dopo poche settimane di governo balneare, gli italiani saranno chiamati nuovamente alle urne e i partiti sovranisti potranno provare a vincere le elezioni con un programma che annunci chiaramente l’intenzione di percorrere la strada del “piano B” – una strada che, per come sono messe le cose oggi nell’Unione Europea, rischia di portarci fuori dalla moneta comune per davvero. Se ci riusciranno, potranno legittimamente intraprendere quel percorso che oggi avrebbe invece rappresentato un tradimento degli impegni presi con i cittadini in campagna elettorale: un vulnus democratico che, per inciso, avrebbe dovuto imbarazzare i fieri sostenitori dell’abolizione della libertà di mandato dalla Costituzione.

Per questo mi sembrano poco sostenibili le lagnanze di chi parla di colpo di Stato e minaccia l’ impeachment: la scelta di alzare i toni trascinando la Presidenza della Repubblica nella contesa appare opportunista, funzionale solo a conquistare cinicamente consenso con il solito argomento complottista dell’interferenza dei poteri forti e della etero-direzione dall’estero (un argomento che, peraltro, potrebbe essere rovesciato su chi lo evoca con almeno pari credibilità).

Ci sarebbe da sperare che la prossima campagna elettorale, alla quale siamo stati condannati dalla protervia di due leader di partito molto più che dalla prudenza del Capo dello Stato, fosse esplicita e rigorosa nelle proposte e misurata nei toni; c’è invece da temere che assisteremo a chissà quali altre giravolte e vaghezze nei contenuti politici, mascherate da accenti sempre più tonitruanti. Auguriamoci che, nella mischia dei giocatori, gli spettatori sappiano ben discernere a quale gioco essi stanno giocando.

 

 

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