Partiti e politici

Pagelle 2018: trionfano Salvini e Sala

31 Dicembre 2018

Un anno particolarmente denso di avvenimenti, soprattutto politici, quello appena trascorso. Dalle elezioni del 4 marzo, con risultati per certi versi piuttosto inaspettati, fino all’inedita formazione di un esecutivo, quello giallo-verde, altamente improbabile, quasi impensabile prima della grande rivoluzione delle consultazioni politiche. Se qualcuno avesse ipotizzato, solamente due o tre anni fa, un’alleanza tra Salvini e il movimento fondato da Grillo e Casaleggio, sarebbe stato probabilmente bollato come un cultore di fantapolitica.

E invece, questo cosiddetto governo di cambiamento, è una realtà salutata con parecchio entusiasmo da una vasta maggioranza degli italiani. Nonostante la leggera crisi dell’ultimo mese, il livello di fiducia nel triumvirato Conte-Di Maio-Salvini resta vicino ad un eccezionale 60%, da parte dell’elettorato italiano. A oltre sei mesi dalla sua nascita, è una luna di miele che non ha uguali nel nostro paese negli ultimi trent’anni, da quando cioè le indagini demoscopiche hanno iniziato a utilizzare questo strumento per verificare il gradimento della popolazione per i suoi governanti.

E’ tempo di consuntivi di fine anno, in attesa del nuovo appuntamento elettorale, le prossime elezioni europee di fine maggio, dove potremo verificare quanto le diverse forze politiche siano effettivamente amate dalla popolazione. Cerchiamo allora di capire se i segnali che i partiti e gli uomini politici hanno lanciato, in questo 2018 che si avvia a lasciarci, abbiano fatto presa sulla popolazione. Come giudicano dunque gli elettori i nostri più importanti soggetti politici?

Matteo Salvini. E’ stato senza ombra di dubbio il protagonista dell’anno: dato in netta ascesa già da qualche tempo, è riuscito prima nell’impresa di scavalcare Berlusconi all’interno della coalizione di centro-destra, a diventare poi l’interlocutore privilegiato dei 5 stelle per la formazione di un governo, e a rappresentare infine il vero punto di riferimento, il volto più riconoscibile dell’esecutivo retto da Conte. Un primo ministro in pectore. Con un sapiente utilizzo di tutti i media, tradizionali e social, si è ritagliato un ruolo fondamentale nella politica italiana, stimolando le corde più vicine al sentimento della maggioranza degli italiani. Se non farà errori madornali, resterà a lungo nelle posizioni di vertice del gradimento. Voto: 8/9.

Partito Democratico. Rimasto orfano (o, meglio, mezzo orfano) di Renzi, il Pd ha fallito l’appuntamento elettorale, con il peggior risultato della storia del centro-sinistra, e anche nei mesi successivi non è riuscito a essere presente nell’immaginario degli elettori. E’ parso molto più preoccupato a risolvere i propri problemi interni, piuttosto che a dare segnali di un’alternativa politica all’Italia. Con il tramonto del suo leader più amato (e più odiato), poteva puntare su una gestione più collegiale del partito e su proposte concrete per cambiare il paese. Non lo ha fatto, in attesa di uno scarto, di un colpo d’ala che ancora deve arrivare, ma non si sa né quando né come. Voto: 5-.

Movimento 5 stelle. Reduce da un anno piuttosto controverso, dagli altari dei risultati del 4 marzo, dove ha trionfato oltre ogni più rosea aspettativa, alle problematiche operazioni per la formazione di un governo, fino all’alleanza di giugno con la Lega, è stato indubbiamente il pivot intorno al quale ha ruotato la politica italiana. Ma la sua anima multiforme e le difficoltà della sua prima esperienza in un ruolo decisionale, a livello nazionale, ha prodotto un progressivo allontanamento di una parte significativa dei suoi antichi elettori. Il suo vantaggio competitivo con il partner di governo, che era di 15 punti in occasione delle elezioni, si è ora trasformato in uno svantaggio di almeno 5 punti (quanto meno nelle intenzioni di voto), con un ribaltamento che non ha precedenti nella storia italiana. Un’occasione che forse avrebbe potuto essere sfruttata meglio. Voto: 6+.

Forza Italia. Il ritorno alla ribalta di Berlusconi, dopo un periodo di sostanziale silenzio mediatico, non è stato così deflagrante come ci si poteva aspettare. Il risultato elettorale è stato molto peggiore delle attese, ed il sorpasso subito dalla Lega ha ridimensionato in maniera pesante il ruolo del partito e del suo leader nello scacchiere elettorale, relegandolo chiaramente in secondo piano. L’accordo Salvini-Di Maio ha infine definitivamente esautorato il partito, che ora vive in un’ambigua collocazione di alleato nel centro-destra ma di fermo oppositore del governo. Il suo consenso, nel frattempo, è continuato a scemare inesorabilmente. Voto: 4/5.

La Sinistra. Fallisce le elezioni, si frammenta in centro rivoli, senza leader credibili, capaci di parlare all’anima progressista di un elettorato che si riduce quantitativamente sempre più. Senza futuro? Voto: non pervenuta.

Beppe Sala. Il sindaco di Milano, al contrario di altri suoi pari ruolo, con l’eccezione forse di De Magistris, pare l’unico esponente di rilievo che riesca ad interpretare correttamente gli umori della sua cittadinanza, da cui ottiene livelli di fiducia particolarmente elevati, indipendentemente dall’appartenenza politica. Pur avvantaggiato da una situazione di benessere diffuso, rispetto al resto del paese, si è dimostrato capace di coniugare politiche di apertura e di attenzione ai bisogni della popolazione, con una costante presenza sul territorio. Una performance positiva di un esponente di centro-sinistra, tanto che alcuni lo vedrebbero bene anche come leader nazionale Voto: 8+.

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