Partiti e politici
Non gioco più, me ne vado
Ci risiamo.
La disgraziata campagna referendaria che sta (grazie a Dio) volgendo al termine è cominciata male e sta finendo peggio.
E’ iniziata con il Presidente del Consiglio che ha provato a distorcere il referendum, trasformandolo in un plebiscito su sé stesso con la stentorea minaccia: “se vince il no mi dimetto, anzi: lascio la politica” (bum!)
E’ continuata con una goffa marcia indietro, suggerita a Renzi dai suoi costosi consulenti stranieri quando è stato evidente che la sua boutade era un boomerang lanciato in aria: la prospettiva della sua uscita dalla scena politica stava catalizzando sul no tutte le insoddisfazioni, le frustrazioni e la rabbia degli elettori italiani. “Si vota sulla Costituzione, non sul governo: su quello si voterà nel 2018”, hanno corretto il tiro tutti i sostenitori del sì e, per un momento, si è sperato che il dibattito referendario prendesse un corso più ragionevole…
A pochi giorni dal voto, però, i sondaggi non sorridono al Segretario del Pd che, per bocca del suo vice, sgancia il nuovo ordigno finedimondo: “se vince il no si andrà al voto anticipato”.
Di punto in bianco, coloro che accusavano il fronte del no di irresponsabilità (additando i rischi di instabilità politica, di risalita degli spread, di rovina e di catastrofe per il Paese) si giocano la carta di un ritorno alle urne “al buio” di un sistema elettorale demenziale (al momento sono in vigore l’ipermaggioritario Italicum per la Camera e il proporzionale Consultelllum al Senato), per spaventare gli elettori e indurli a scongiurare il pericolo votando sì.
Per fortuna, però, si tratta di una bomba con la miccia bagnata: è evidente che, se il governo si dimettesse in seguito alla vittoria del no, il Presidente Mattarella potrebbe reincaricare lo stesso Renzi, o chiedere a un altro esponente dell’attuale maggioranza di guidare il Paese fino alla fine naturale della legislatura: con quali argomenti il Segretario del Pd potrebbe sottrarre il proprio partito a questa responsabilità?
Duole dirlo, ma il nostro premier si comporta sempre più come quel bambino dispettoso che spesso ama citare, pronto a portare via il pallone quando perde la partita. Meno male che il pallone non è nelle sue mani, ma in quelle del Capo dello Stato: perciò possiamo stare sereni e votare sulla base del nostro giudizio della riforma costituzionale, senza lasciarci condizionare da timori infondati. La partita non finisce, chiunque sia a segnare il prossimo goal: e, se qualche giocatore sceglie di lasciare il campo, ci sarà ben qualcuno in grado di sostituirlo
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