Partiti e politici

Non abbiamo (ancora) imparato a negoziare con il coronavirus

21 Agosto 2020

La retorica del lockdown decantava le lodi della nostra comunità umana e di come saremmo usciti migliorati dall’esperienza coronavirus. La condivisione di un male ignoto, inarrestabile, mortale ripianava le differenze, rendendoci compartecipi della medesima sorte, empatici col nostro prossimo. Questi buoni propositi si sono sfaldati a partire dalla “Fase 2” nella quale, lentamente ma con costanza, abbiamo ripreso a vivere la nostra quotidianità in maniera ordinaria. La presunta “normalità” si è riappropriata dei suoi spazi; i discorsi col noi nuovamente coniugati alla prima persona singolare. La paura della crisi economica ha sostituito quella di infettarsi. Le priorità? Nuovamente consumare e fatturare eliminando ogni ostacolo che si frapponesse all’obiettivo; i messaggi di fiducia lanciati dagli spot pubblicitari riciclati dalla politica. Ecco, allora, un fiorire di bonus e sovvenzioni: uscite gente, lavorate, spendete, divertitevi! I contagi in calo, le terapie intensive vuote, l’estate alle porte: cosa chiedere di meglio?

Niente. Peccato che le battigie sature, i locali e le discoteche gremite, le stazioni e gli aeroporti affollati siano divenuti assembramenti forieri di contagio. Il desiderio di riabbracciarsi e la voglia di divertirsi hanno scavallato la soglia di attenzione e prudenza, blanditi da politici e amministratori smaniosi di accelerare il processo di normalizzazione per un comparto (quello del turismo ampiamente intesto) che nel 2019 è valso 40 miliardi di euro, ossia il 13% del PIL.

Leggendo la cronaca delle ultime ore pare che nessuno, né tra i politici, né tra gli esperti dei comitati scientifici, né tra gli operatori avesse messo in conto il rischio. Oppure sì: forse speravano in una maggiore responsabilità dei consumatori/cittadini, forse in un confronto tra costi e benefici si è deciso di propendere per i secondi. Sta di fatto che a 17 giorni dalla riapertura di nidi e materne, 24 giorni dall’inizio del nuovo anno scolastico e un mese dalla tornata elettorale le incertezze che tutto ciò vada in scena si moltiplicano: la curva dei contagi è tornata a risalire come non accadeva da mesi.

“[…] Da lì si passa al gusto della reciproca appartenenza, poi alla comprensione della vita intera come progetto di entrambi, alla capacità di porre la felicità dell’altro al di sopra delle proprie necessità, e alla gioia di vedere il proprio matrimonio come un bene per la società. La maturazione dell’amore implica anche imparare a “negoziare”. Non è un atteggiamento interessato o un gioco di tipo commerciale, ma in definitiva un esercizio dell’amore vicendevole, perché questa negoziazione è un intreccio di reciproche offerte e rinunce per il bene della famiglia.” Questo passaggio tratto dall’Amoris Laetitia di Papa Francesco – nel suo significato originale riferito al rapporto coniugale e familiare – ben si presta al momento attuale. Una scelta progettuale di medio/lungo periodo non può fondarsi sulla locuzione latina mors tua, vita mea. Qualsiasi relazione umana si fonda sulla comprensione, sul compromesso (parola ingiustamente bistrattata e vituperata), sulla negoziazione. Ciò vale anche per le nostre comunità. Vale innanzitutto per la Politica. Se davvero, come sentiamo ripetere quotidianamente da più parti, la priorità è (ed era) riaprire le scuole a settembre, bisogna(va) comportarsi di conseguenza. Non comprimere il turismo, ma ripensare la stagione estiva in vista dell’autunno. Prevedere percorsi facilitati affinché i turisti in entrata e in uscita potessero sottoporsi a tamponi. Da parte delle aziende (pubbliche e private) spalmare le ferie evitando di concentrarle nelle due settimane centrali di agosto. Da parte dei cittadini l’adesione ai protocolli di igiene e sicurezza. Per tutti piccole rinunce e offerte per un obiettivo e una felicità superiori. Invece la negoziazione è fallita, chissà se almeno ci si è seduti attorno a un tavolo. E’ prevalso l’istinto predatorio: godere e massimizzare nonostante tutto, confrontarsi col problema se e quando ci si para innanzi, sfruttare tutte le risorse disponibili al tempo della pandemia.

Il risultato è sotto gli occhi di tutti. Dopo sei mesi dal primo caso di Covid-19 registrato in Italia rischiamo nuovamente di dover comprimere il diritto di voto e all’istruzione, continuando a far ricadere le conseguenze sociali della pandemia sui più deboli, chiedendo a giovani e giovanissimi quei sacrifici che non siamo stati capaci di fare noi adulti. Il pontefice si raccomanda che dalla negoziazione non escano né vincitori, né vinti. Per ora non siamo stati in grado di raggiungere un obiettivo così ambizioso.

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