Partiti e politici
Nisciuno è nato ‘mparato
Luigi Di Maio, è un politico italiano senza arte ne parte, diciamocelo. Non è neppure laureato, ma è napoletano. Nella classe sociale che noi in Italia prendiamo come riferimento, quella militare, ce ne sono tante altre ma noi siamo affezionati a quella, possiamo collocarlo alla truppa o meglio ad un sottoufficiale perché si è diplomato. Ma è napoletano.
Questo è il valore aggiunto. Napoli non è una città facile, ma questo giovane uomo ha dimostrato che un apprendista Sergente, dimostrando sul campo il suo valore, potenzialmente può diventare Generale.
Non è il Napoleone partenopeo che lo ha insignito del titolo, ma una serie di circostanze favorevoli quanto casuali che lo hanno portato in poco tempo ai vertici della politica nazionale e nelle più alte cariche dello Stato come Vice Presidente della Camera ed ora candidato Premier.
È ben vero che di voti non ne ha mai presI molti, parliamo inizialmente di 59 per poi arrivare si fa per dire a 189 preferenze, tanto da essere eletto alla Camera dei deputati. Probabilmente la mamma Paola Esposito, insegnante di italiano e latino così come il padre Antonio, imprenditore edile, hanno inciso sul risultato fra parenti, amici e affini per cui è andato in Parlamento alla faccia di chi impiega anni raccogliendo migliaia di voti sponsorizzati dai poteri forti e comunque da chi può avere interesse a farlo.
Qual è la morale? Un giovane neppure laureato, nel momento in cui si creano i presupposti di fiducia e di opportunità per potersi esprimere, può fare miracoli per se stesso e per la collettività. Sillogismo aristotelico: se corrisponde al vero quanto scrivo si evince che se facciamo la stessa cosa per i giovani tutti, risolviamo il problema occupazionale in un atteggiamento comune volto a seguire nuovi schemi che non siano quelli obsoleti che come abbiamo visto poco o niente funzionano.
Potremmo citarli prendendo esperienza da altri decisori pubblici e privati dei Paesi di successo nel mondo, ma su questo potremmo disertare in altra occasione.
Soffermiamoci sull’On. Di Maio e sui politici in corsa per guidare il nostro Governo.
Non so se avete mai avuto a che fare con un consigliere di condominio o con la sua signora. Succede di tutto: complotti e ammiccamenti con l’Amministratore, atteggiamento di superiorità nel porsi nei confronti dei condomini e comunque essere la moglie di un consigliere, non dico di un Ministero o di un Tribunale, ma proprio di un condominio, fa assumere un atteggiamento di distinzione sociale.
Può essere comprensibile che un giovane di 32 anni possa avere un momento di smarrimento per quello che gli sta capitando? Improvvisamente si trova da steward allo stadio a potenziale capo di Stato. Più che criticarlo ci vorrebbe un supporto psicologico per aiutarlo, chi non andrebbe fuori di testa?
Lo scenario internazionale è critico, siamo quasi ai tempi delle navi russe che a Cuba furono fermate dai Kennedy, ma dall’altra parte c’era quel bonaccione di Nikita Kruscev le cui minacce si riconducevano all’ONU nel battere la sua scarpa sul tavolo, ora le cose sono cambiate. Da una parte c’è Putin che non è stato educato dalle Orsoline, ma dai servizi di intelligence del KGB e abbozza sino ad un certo punto, ma poi con freddezza e pragmatismo queste persone sono portate ad agire anche se la persona si è sempre dimostrata saggia e prudente. Dall’altra c’è un Trump che è un imprenditore, abituato a rischiare, questo è il suo mestiere per cui bisogna sperare che i consiglieri e la diplomazia possano dare il meglio di concerto con l’ONU.
Per quanto riguarda il Di Maio e l’Italia, non si ha bene chiaro se il Movimento cinque stelle possa supportare tecnicamente e diplomaticamente una situazione di tale portata. Si brucerebbe come si è visto negli atteggiamenti e nei momenti in cui si enuncia un programma per poi rimangiarselo perché quello prospettato non è possibile a causa delle coperture finanziarie o perché è inattuabile in campo internazionale.
Ci resta la coalizione di destra che ha vinto le elezioni ed è impensabile di escludere Berlusconi che per il suo verso ha dimostrato tutta la sua frustrazione, nella conferenza stampa dopo l’incontro al Quirinale.
Lasciare fuori Berlusconi costituirebbe una grave leggerezza, è la persona più competente, colui che ha saputo meglio di altri ricavarci un ruolo internazionale tanto da scatenare una guerra per contrastarne le ambizioni del nostro Paese di avere un ruolo con una credibilità internazionale che va scemando ogni giorno grazie a coloro che certamente hanno remato contro, ma soprattutto da quei poteri forti che vedevano minare i propri interessi nel Mediterraneo che noi italiani per storia e vocazione, avremmo dovuto coltivare con più attenzione.
Ricordo una operazione magistrale che solo lui poteva fare: incontra il Presidente Tayyip Erdoğan al battesimo del figlio in Turchia, si apre una crisi in Tunisia per un nostro peschereccio sequestrato che immediatamente viene liberato e da li va in Libia per incontrare Gheddafi. Una tripletta vincente che mette in imbarazzo chi poco fa e niente conclude.
Ricordiamo il caso Mattei che nell’interesse del nostro Paese avrebbe voluto non passare dalle sette sorelle del petrolio ma trattare personalmente il prezzo del greggio con gli amici naturali libici. All’epoca, fatti di questo genere si risolvevano uccidendo l’intruso. Ora si ridicolizza per non farne un eroe, troppo scomodo da ricordare, e commemorare.
La guerra non si fa per portare la democrazia, ma per portare il petrolio o per farlo passare da qualche parte e comunque per interessi prevalentemente economici, appoggiando questo o quel leader politico di comodo oppure eliminarlo se contrasta gli interessi di altri poteri. L’accordo storico fra Gheddafi e Berlusconi nell’interesse del nostro Paese ha innescato un processo di concausa per una guerra, di cui tutti sanno, palesata dalla storiella di portare la democrazia in un Paese.
Con la sola differenza che la Libia era certamente fra i Paesi più democratici del Nord Africa di cui la più parte degli italiani non immaginava che il territorio fosse quattro volte e mezza l’Italia, con una popolazione che non arrivava a quella della città di Roma. Il tutto acuito da un momento scatenante dalle ambizioni da sempre di Gheddafi, di riunire i Paesi arabi per contrapporsi ai blocchi statunitensi ed europei ed in più, sentendosi forte, indotto a promuovere una moneta unica araba per le transazioni commerciali e non volendo sottostare all’imposizione di monete più forti come il dollaro, lo yen e l’euro.
Da una parte vediamo un Berlusconi umiliato nei servizi sociali e nelle sue aspettative di cambiare l’Italia che solo lui era in grado di fare, contro un ragazzo divenuto onorevole di cui si deve certamene avere rispetto, ma come dice il titolo: nessuno nasce imparato. È prudente oltre che necessario in queste situazioni lasciare da parte l’emozione e le ambizioni lasciando a chi ha più esperienza lavorare ed imparare passando ad una opposizione consapevole con persone nel frattempo da formare nel Movimento ed in qualche modo inibire dal dire cose sgradevoli con inciampi vari, tipo il bravo Di Battista con le sue esternazioni contro Berlusconi, tanto da meritarsi un articolo in prima pagina di Sallustri del “Il Giornale” dal titolo: “Di Battista e gli insulti – Il cretino Assoluto” che si potevano evitare.
Si è più propensi a credere che in questo periodo di esaltazione della vittoria, la sua autoesclusione che tuttavia crea frustrazione, concomitante con una convivenza coniugale che per un giovane papa, possa comportare come a tutti accade di non dormire per i pianti del proprio figlio. Rispetto a prima, ora il pianto di un bimbo ci fa tenerezza, mentre quando si è giovani male si sopporta, ma pure quella rappresenta una prova che oltre a rafforzare la coppia ci aiuta a diventare uomini.
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