Partiti e politici

Nessuno ha seguito Saviano: è un’ottima notizia, anche per lui

2 Marzo 2015

Se gli estremi spesso si toccano – così il detto popolare – qui si è toccata l’apoteosi delle apoteosi, qui alle primarie campane, intendiamo, dove l’appello di Roberto Saviano a disertare le urne e la straripante vittoria del sempiterno Vincenzo De Luca sono parte di un’Italia a molti sconosciuta. Moltissimi, fuori dalla Campania, non hanno capito perché lo scrittore celebrato si è impancato a filosofo delle vite altrui, indicando la sua democratica via alla non partecipazione, come moltissimi, fuori dalla Campania, non si rendono conto di come abbia potuto vincere le primarie del Pd un signore che l’eventuale giorno del trionfo contro Caldoro potrebbe essere immediatamente destituito dalla carica di presidente della Regione. Questa Italia è molto reale perché le cose accadono e hanno ricasco sociale immediato, eppure pare anni luce lontana da un altro tipo di Paese che le camarille le conosce, le ha conosciute, ma forse anche per stanchezza mentale se ne vuole distaccare.

Non sappiamo cosa abbia animato la voglia di Roberto Saviano di prodursi in un appello, che a cose fatte ha prodotto l’effetto contrario (150mila ai seggi per drogato che sia è un risultato di un certo peso). Ma c’è un aspetto su cui riflettere: era un messaggio molto depressivo, di nessuna speranza, insomma quella stanza spoglia come la cella di un recluso, con alle spalle un manifesto ingiallito di un vecchio incontro di boxe, quel volto perennemente sofferente che è diventato icona, quel trasferimento di emozioni che non prevedono mai l’uso di ironia men che meno l’autoironia, facevano montare un’ansia poco riconducibile al mondo nuovo che molti vorrebbero per sè e per i propri figli, ti gettavano semmai nello sconforto più cupo, senza neppure una lama di luce laggiù al fondo. Oggi certamente Saviano può dire: avete visto, i soliti noti si sono spartiti il potere, esattamente come vi avevo ammonito, perché non siete rimasti a casa?

C’erano vari motivi per non rimanere chiusi in casa e forse Saviano non ha calcolato al millimetro l’effetto contrario che il suo appello avrebbe prodotto, se non altro tra le persone che dell’autodeterminazione hanno fatto uno stile di vita e non desideravano essere eterodiretti da uno scrittore di chiara fama ma non ancora guru delle anime altrui. Prendersi in carico gli altri, i loro atteggiamenti, persino i loro sentimenti, è operazione delicata e generalmente improduttiva, quando non pericolosa. Ci si introduce, non invitati, in quel territorio delle decsioni che è parte di un delicato meccanismo, in cui si è forse felici di accettare un buon consiglio quando disinteressato, ma che diventa quasi insopportabile se è sospinto da una condizione culturale che spesso vuole misurarsi sulle differenze intellettuali. Sotto questo cielo non si escluderebbe che i napoletani, più in genere i campani, nel respingere al mittente l’appello dello scrittore, siano stati sostenuti da quella benvenuta leggerezza che alla fine li rende refrattari alle sollecitazioni più interessate.

Per metterla in politica, Saviano non prenderebbe un voto in più dei “savianisti” di stretta osservanza, quelli che non discuterebbero mai una teoria del loro leader, nè penserebbero mai che possa sbagliarsi in un certo frangente. Conoscere i giornalisti che gli sono amici da questo punto di vista è illuminante, gente perbenissimo ma dall’apertura intellettuale piuttosto limitata. Forse è stato proprio questo il suo errore, fare un appello di stretta osservanza “savianista”, senza sorriso, senza una visione minimamente lieta, certo non quella alle volte beota di Renzi, ma insomma un’onesta via di mezzo. Alle volte le sfumature contano, soprattutto nelle persone indecise alle quali un piccolo squarcio di luce non può che produrre un minimo benessere. E Saviano sa troppo bene che questa non sarebbe una visione “rassicurante” della società che ci circonda e dunque pericolosa per tutti, ma semplicemente una piccola apertura di credito alla capacità dei cittadini di percorrere una strada per una volta in piena autonomia (anche se la Campania e l’Italia intera poi non dovessero cambiare). Non si ha ragione solo perché le cose vanno sempre, irrimediabilmente, male.

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