Partiti e politici

Nessuna maggioranza nel 2018. Bene per il Pd, male per il paese

30 Luglio 2017

Non ci sarà nessuna nuova legge elettorale per le prossime elezioni, ormai è quasi certo. I tentativi di accordo tra le forze politiche è probabile non sfoceranno in nulla, dopo l’esito a dir poco fallimentare del progetto “simil-tedesco” di un paio di mesi fa. Le proposte di questo o quel partito subiscono i veti, a volte del tutto immotivati, degli altri attori in gioco.

Dunque, niente ballottaggio tra le due forze maggiori, niente maggioritario di collegio, a uno o due turni, le uniche chance per avere un parlamento in grado di esprimere un governo con una certa qual stabilità, con una maggioranza (quasi) autosufficiente.

Ci apprestiamo a vivere, nella primavera del prossimo anno, ad un confronto elettorale dove quasi sicuramente non ci sarà alcun vincitore, solo molti sconfitti, nonostante molti insistano nel richiamare le urne come unica soluzione per uscire dall’attuale crisi di rappresentanza.

Se non ci saranno cambiamenti, si voterà alla camera con l’Italicum emendato dal ballottaggio e al senato con il Porcellum emendato dal premio di maggioranza regionale. Saranno sostanzialmente due proporzionali con differenti soglie di sbarramento all’ingresso, a meno che qualche partito riesca a superare alla camera il 40% dei voti, cosa peraltro molto difficoltosa per tutti, ottenendo in quel ramo del parlamento (e solo in quello) il premio di maggioranza.

Quello che sicuramente i due sistemi elettorali non garantiscono – né presi singolarmente né tantomeno combinati – è la governabilità. Con due leggi proporzionali, e vista la frammentazione tripolare presente nel sistema politico italiano, è molto difficile ipotizzare una maggioranza chiara e uguale in entrambe le Camere.

Ergo, dal 2018 in poi, gli unici possibili esecutivi saranno formati o grazie a governi “tecnici”, oppure attraverso alleanze abbastanza fantasiose, tipo: i 5 stelle con il Pd o con alcuni partiti di centro-destra, oppure il Pd con Lega e Forza Italia, o altre formazioni ancora più improbabili.

Una specie di catastrofe per un paese che avrebbe bisogno, al contrario, di governi solidi e uniti per fronteggiare tutte le emergenze che stanno venendo al pettine in questi mesi: immigrazione, sicurezza, occupazione, pensioni, ruolo dell’Europa, e così via.

Ma se per l’Italia la situazione di governance politica non sarà certo l’ideale, proprio questo (possibile) lungo iato di latitanza di potere politico potrebbe essere di giovamento al Partito Democratico. Oggi il Pd ha infatti bisogno di un periodo di decisa riflessione interna, con l’obiettivo di formulare al paese una proposta che riesca ad operare un deciso cambio di marcia, costruendo un progetto politico per l’Italia futura, se vuole riconquistare la fiducia dell’elettorato e, soprattutto, del suo elettorato.

E’ l’ultima sua chance per ritrovare quella strada intrapresa all’atto della sua nascita, e abbandonata per rincorrere le contingenze elettorali e dei suoi diversi segretari. Ancora due-tre anni di tempo per riprendersi l’anima, per scongiurare il proprio definitivo fallimento.

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