Partiti e politici

Nel quartierino del Bomba e dell’Ingegnere, tra spacconate e braccino corto

10 Gennaio 2018

Per capire meglio il paese pulcinella, dobbiamo trasportare “quella” telefonata negli States. E mettiamo pure, ma così in un parallelo da cyberspazio, che Renzi valga il segretario di Stato americano. Il quale segretario, al telefono con Warren Buffett – e anche in questo caso conveniamo che il nostro generosissimo accostamento con l’ingegner De Benedetti è semplicemente folle – conversa amabilmente con il finanziere di banche e di una riforma che di lì a pochissimo vedrà la luce. Mettiamo, dicevamo, che i due scambino al telefono (ovviamente ascoltati da plurimi soggetti) amorosi sensi politico-finanziari. Messa giù la cornetta, il vecchiardo Warren, invece che comprarsi con l’unghia del mignolo sinistro il 9% di Cattolica Assicurazioni, decide all’istante di mettere un paio di miliardi di dollari sui soggetti sensibili di cui ha appena appreso la possibilità di sviluppo. E in meno di un amen si porta a casa qualche centinaio di milioni grazie alla credibilità della sua fonte.

Qui, invece, nel paese pulcinella se la cantano e se la suonano due tipi da strapaese. Uno, un irresponsabile che si vende al bar le sue prodezze, neppure preoccupato del ruolo che riveste, l’altro che si bea della sua conoscenza politicamente altolocata, ma che al fondo non si fida neanche poi troppo e al suo passacarte della Sim dà disposizione di investire un cippino da barboni, invece che i milioni veri con quel po-po’ di notizia (o di conferma). E sembra un paradosso, ma la credibilità e l’autorevolezza del Bomba sono tutte nel braccino corto dell’ingegner De Benedetti, che tira fuori miseri cinque milioni di euro in luogo dei cinquanta o cento di un finanziere avveduto. E che così, con i seicentomila euro raschiati grazie a un superinsider da bar sport, metterà finalmente a posto il tetto del villone di Sainkt-Moritz.

Abbiamo ancora nel cuore e negli occhi i giorni splendidi dei «furbetti del quartierino», nel corso dei quali ci siamo illusi che il Paese avesse due profondità. Ci è piaciuta assai quella narrazione da pezze al culo, in cui ggente de borgata assaltava la diligenza della borghesia, quei salotti buonissimi della finanza che credono ancora nei voti che pesano e che poi arriva Cairo che li conta e te lo piazza in saccoccia. Ci è piaciuto un sacco proteggerci coi Ricucci da Rolls Royce, con i Coppola dall’architettonico parrucco, mentre i giornali si facevano scudo di un apparente dislivello intellettuale che in realtà, come abbiamo visto, è semplicemente fantascienza. Il nostro, invece, è tutto un gigantesco quartierino, in cui neppure più la speculazione assume i tratti dell’intreccio o dell’intrigo ma solo quelli di una molto allegra superficialità.

È persino inutile chiedere le dimissioni di nessuno. Tanto ormai nessuno si dimette, se appena ti azzardi gli interessati ti sfanculano con una serenità straordinaria, nulla, neppure l’evidenza delle situazioni, l’assenza dello stile, lo sprofondo della dignità, può servire a una consapevolezza. Èd è persino fanciullesco chiedersi poi perché certi fenomeni accadono e perché restino vivi nonostante l’insussistenza politica.

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