Partiti e politici
Nei circoli Pd regna la confusione
Per tanti italiani quello appena trascorso è stato un Ferragosto pieno di amarezza e di malumore per le vicende politiche, di voglia di fuggire all’estero senza sapere dove. Da qualunque parte lo si guardasse, nel panorama che avevano dinanzi non esisteva un briciolo di speranza per un futuro prossimo, non dico radioso, ma nemmeno sopportabile.
Neppure i partigiani di questa o quella parte politica avevano la possibilità di gioire per lo sviluppo di una situazione che sembrava (sembra) senza alcuna via di sbocco. Non i leghisti, che dopo qualche giorno di comprensibile euforia per la promessa di nuove elezioni dove avrebbero stravinto il confronto con gli altri protagonisti, sono ricaduti – soprattutto a causa delle esagerazioni del loro capitano – nello sconforto di rimanere di nuovo imbrigliati in una rete pentastellata che ormai gli va strettissima.
Non gli stessi simpatizzanti dei 5 stelle, che pur sono passati dall’annunciata catastrofe nei consensi, in caso di elezioni anticipate, ad un possibile nuovo accordo con gli ormai nemici della Lega, dopo giorni di insulti reciproci; consci come sono che l’alternativa possa essere rappresentata addirittura da una ventilata alleanza con i nemici più storici, responsabili di tutte le malefatte dei governi precedenti (“e allora il Pd?”), e forse con lo stesso Renzi, fumo negli occhi di ogni votante M5s.
Nessun sorriso nemmeno per gli elettori di Forza Italia e della Meloni, che pur avevano subodorato la gioiosa eventualità di tornare pienamente sugli scudi – chi più chi meno – in un nuovo governo di centro-destra, sia pure sotto l’ingombrante egida di Salvini, piccoli vassalli del principe regnante. Ma che ora vedono probabilmente sfumare anche questa possibile rinascita, almeno in qualche importante eventuale ruolo nel futuro esecutivo.
E infine i più travagliati e confusi di tutti, quelli vicini al Partito Democratico, per tacer dei suoi iscritti. Nei circoli Pd si dibatte ormai da giorni su quale possa essere il minor male per il paese e/o per il futuro e l’immagine dello stesso partito. Con uno scenario dove per molti versi il futuro più probabile è quello di una” lose-lose situation”, senza alcuna chance di vittoria.
Come noto, due sono le ipotesi prevalenti in campo, in attesa di quel che succederà martedì 20 agosto, il giorno della possibile resa di Conte. Da una parte, quella di un accordo alla “Ursula”, di un esecutivo cioè con gli stessi 5 stelle e, forse, Forza Italia. In funzione anti-sovranista, ma con un difficilissimo rapporto proprio con il principale alleato, il movimento fondato da Grillo, che è molto probabile non darebbe alcun nuovo slancio alla nostra società e allontanerebbe ancor più, nel rapporto tra Pd e paese, l’identificazione di una linea e di una proposta politica che possa attirare consensi tra gli italiani. Con l’eventuale crescita della simpatia nei confronti dello stesso Salvini, relegato ai margini pur essendo il suo il primo partito.
Dall’altra parte, l’ipotesi di avallare o addirittura accelerare comunque la formazione di un governo di centro-destra, sperando nella possibile futura incapacità di Salvini di guidare effettivamente il paese con slogan piuttosto regressivi. Nella speranza appunto che anche gli (altri) italiani si accorgano della sua insipienza e comincino a voltargli le spalle. Ma certo non nel breve periodo: una sofferenza che potrebbe durare almeno un paio d’anni, senza poter essere protagonisti nelle decisioni importanti da prendere.
Un bel dilemma, senza apparente via d’uscita per la ripresa del Partito Democratico.
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