Partiti e politici
Narrami o musa l’uomo dai mille difetti
“Narrami o musa l’uomo dai mille difetti che città vide molte e delle genti l’indol conobbe”… ho sempre pensato che Aristofane avrebbe meglio detto di Silvio ma quei primi versi di Omero, con piccola modifica, calzano a pennello e sì, puoi anche essere ricco di difetti ma sai essere indimenticabile. Mi intristiva il suo autunno, la maschera dove il cerone non era più un esuberante accessorio di scena ma esso stesso esagerato segno del tempo e della umana sofferenza: troppo opprimente il confronto con il vitale lupetto blu e lo smagliante sorriso, l’allegria nella quale finiva ogni incontro e la molta gioia di vivere. Ma un imprenditore, lo so bene, non si arrende nemmeno di fronte al fallimento e ciò che molti commentatori e la quasi totalità del mondo politico non ha mai capito è che lui era e rimaneva un imprenditore in tutto e per tutto. Chi li sa cogliere ravvedeva i tratti, l’istinto, il cinismo, la generosità, il rapido guizzo e l’infantile entusiasmo tipici dell’imprenditore, la capacità di comprendere la società come nessun altro perché ne accettava e spesso ne accarezzava tutti i difetti senza moralismi, prendendone atto e giocandoli a suo favore. Non fu un populista che è una categoria della politica: fu apparentemente incoerente secondo i canoni della politica perché per stare sul mercato a volte bisogna ribaltare gli schemi e con questa sua apparente incoerenza tramortiva gli avversari; ma anche gli amici. Il suo vero limite fu vendere altissime aspettative, tra tutte la riforma della giustizia e quella fiscale, delle quali non si ebbe epifania alcuna: non fallì come imprenditore o come politico, fallì come statista. Fu per breve tempo interista, si dice: può essere ma, sia chiaro, non fu mai un liberale semplicemente perché non ci credeva: credeva solo in se stesso. Ma era un secchione, i dossier li studiava e nel salotto di Palazzo Grazioli il libro più in vista era una bella edizione de “Il Principe” con evidenti segni di ripetute letture. Quando capì, come accadde a qualcun altro, che governare gli italiani non è difficile ma è inutile si concesse molte distrazioni da uomo la cui educazione sentimentale era quella degli anni ’50: le Sirene se lo portarono e lo fece avendo ruoli che imponevano una riservatezza che proprio non gli stava addosso. Le cose che ha cambiato nella politica sono note e riconosciute, ciò che non ha cambiato, ed è l’unica cosa grave, è stata la nostra vita: il minimo sindacale era avere un po’ più di libertà, un po’ più di mercato, un po’ meno monopoli e un po’ meno tasse (roba da liberali, appunto). Non ci riuscì perché non ci provò nonostante la sua geniale capacità di creare consenso e se in Italia ferventi credenti lo rimpiangeranno ciò che accadrà nei libri di storia non solo italiani è ciò che è già accaduto a frau Merkel perchè la guerra dividendo i campi è un poderoso atto di verità politica, senza spazio per italici bizantinismi e giustificazioni: lui ebbe il lettone di Putin e nel ritrovato Occidente, che lui stranamente non capì, si ricorderanno di quello.
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