Partiti e politici

Modello Trump: il triste destino della politica italiana

27 Luglio 2019

E’ un momento un po’ così, nel nostro paese, un momento in cui appare molto difficile comprendere realmente ciò che sta accadendo in politica, nella società, nelle menti degli attori sociali. Ci vorrebbe forse un intervento acuto di qualche bravo analista, come Luigi di Gregorio (o forse da qualche psicanalista), per fare chiarezza sullo stato della nazione, e dei suoi abitanti, che paiono in preda alla confusione più totale, nei loro atteggiamenti e nei loro comportamenti.

Iniziamo dalla politica, la cosa più semplice da esaminare. Dunque, da oltre un anno il governo è abitato da due formazioni politiche che, come sappiamo, si sono presentate come avversarie alle elezioni e poi si sono messe insieme per qualche motivo abbastanza ignoto (al di là di quello ovvio del desiderio di potere), caricato però da proclami trionfali, come quello di “cambiare l’Italia”. Il governo del cambiamento non ha potuto ovviamente cambiare molto, dal momento che gli obiettivi delle due forze politiche erano (e sono) spesso in contraddizione ma sostanzialmente non conciliabili.

Qual è il motivo per cui questo esecutivo regge? Non è dato saperlo (al di là eccetera eccetera), visto che sulla quasi totalità delle questioni da affrontare prevale il disaccordo, e che i pochi provvedimenti varati non è ancora chiaro quanta influenza possano avere sui temi essenziali del nostro paese: occupazione, crescita economica, disagio sociale, futuro prossimo venturo. E non è chiaro nemmeno l’orizzonte cui si vuole arrivare, né tantomeno il percorso che questi (pochi) provvedimenti dovrebbe delineare.

I litigi aumentano, mentre il rapporto di forza tra i due protagonisti è cambiato radicalmente, prima virtualmente e poi anche nel reale comportamento di voto degli italiani. Ogni giorno c’è qualche polemica su qualsiasi cosa, e non c’è modo di accordarsi su parecchi aspetti, mentre la logica sottostante rimane sempre quella del do ut des: ti lascio la Tav e in cambio voglio il salario minimo, e così via, senza una direzione precisa e senza che nessuno possa governare il paese come più gli piacerebbe fare.

Ma allora: perché Salvini non vuole andare a votare, con tutto il seguito che si porta dietro, per poter agire da vero leader di governo? E perché i 5 stelle seguitano a perseguire un bacio della morte che li porta a dimezzare (almeno) i propri consensi? Due misteri insolubili, che entrambi i protagonisti si guardano bene dallo spiegare agli italiani. Ma fino a quando si andrà avanti così? E quando la cosa finirà, quale ne sarà la ragione? Un altro mistero (preventivo).

I cittadini, poi. Gli indici di fiducia in un governo siffatto non accennano a diminuire; erano partiti in luna di miele per molti mesi, hanno subito un lieve appannamento nel periodo delle elezioni europee, ma oggi sono tornati a crescere, ben oltre la sommatoria dei consensi delle forze che lo compongono. Un litigio al giorno pare il miglior viatico per far crescere la percentuale di valutazioni positive sull’esecutivo. Il premier Conte ha livelli di gradimento maggiori di Berlusconi, di Renzi, del Monti della prima ora, quando pareva poter salvare l’Italia dalla bancarotta internazionale, pur contando poco nello scacchiere del governo, dileggiato da Salvini in numerose occasioni.

Salvini è amato da tanti, qualsiasi cosa faccia o dica, e anche da una quota significativa della sinistra; Di Maio è in ripresa, sebbene abbia dovuto abbandonare molti dei cavalli di battaglia del M5s (la Tav, l’Ilva, la Tap, perfino il doppio mandato). Il mondo politico sembra essere ormai diventato un agone popolato da tifosi, dove non ha più nessuna importanza ciò che si dice: si può affermare tutto e il contrario di tutto soltanto pochi giorni dopo, e il tifo resta immutato, immune dai contenuti dei discorsi, delle promesse (provvisorie) effettuate.

Riecheggia anche in Italia quel che succedeva durante la campagna di Trump, qui riassunte dalle parole di Dave Eggers, scrittore e giornalista per il Guardian: “Ma l’obiettivo dei discorsi di Trump non è dare informazioni accurate. L’obiettivo è divertire e imbonire gli elettori, e in questo Trump non delude mai. Ogni frase del suo discorso è un misto di vanterie, battute, lamentele, insulti, minacce, esagerazioni e conclusioni illogiche, il tutto presentato in modo teatrale, senza spiegazioni e con un grande effetto scenico”.

Quel che conta è lo spettacolo, i selfie, le pillole per nutrire le “echo chambers”, le sicurezze di essere nel giusto, le battute ad effetto. Impossibile fare discorsi seri, programmatici, pensando al nostro futuro. Troppo noiosi, complicati, c’è la partita di calcio e la pizza che ci aspettano. Non facciamole attendere troppo.

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