Partiti e politici

Meno CIE, più espulsioni. La soluzione immaginaria del M5S

5 Gennaio 2017

Il MoVimento 5 Stelle si è subito pronunciato sulla proposta del ministro Minniti di aprire un CIE in ogni regione. La posizione pentastellata è fortemente contraria perché, testuale, “aprire un CIE per regione rallenterebbe solo le espulsioni degli immigrati irregolari e non farebbe altro che alimentare sprechi, illegalità e mafie”.

Come al solito, la scelta del target emotivo è perfetta: lotta agli immigrati irregolari, sprechi di risorse pubbliche, richiamo all’immaginario di “mafia capitale” e alle parole famose (e famigerate) di Buzzi sugli affari garantiti dalla gestione degli immigrati.

Un tris di “pugni nello stomaco” ottimale per preparare il lettore verso reazioni istintivamente positive alle loro proposte. E quali sono queste proposte? No ai CIE, bene. Quindi? Quindi, “è necessario identificare chi arriva in Italia, scovare i falsi profughi, espellere rapidamente gli immigrati irregolari nel giro di qualche giorno, senza parcheggiarli in inutili CIE spesso gestiti dalle mafie, accogliere chi ha diritto d’asilo ed integrare seriamente gli immigrati regolari. Sono cose che il M5S afferma con buonsenso da anni.” Già… forse il M5S da anni sostiene queste cose, anche se ha cambiato idea diverse volte su questo fronte. Ma sono le stesse cose sostenute praticamente da tutti i partiti da circa 20 anni. E che, guarda un po’, hanno portato nel tempo proprio alla costituzione dei CIE (che prima si chiamavano CPT, Centri di Permanenza Temporanea)…

A cosa servono i CIE? Ce lo dice il nome: Centri di Identificazione ed Espulsione. Cari 5 Stelle, come pensate di “identificare chi arriva in Italia” in tempi rapidi senza bloccare queste persone da qualche parte fino alla completa identificazione? Come pensate di “espellere rapidamente gli immigrati irregolari” senza averli identificati prima? Dove li mandate? Chi se li riprende? Come pensate di “accogliere i rifugiati” senza capire prima se hanno titolo a restare?

I CPT, progenitori dei CIE, furono una richiesta esplicita del Comitato esecutivo Schengen sul finire degli anni ’90 per far entrare l’Italia a tutti gli effetti nell’Accordo. E la ragione era proprio quella per cui, senza centri di identificazione risultava impossibile praticare alcun tipo di controllo e (di espulsione) efficace, e dunque l’Italia sarebbe stata l’anello debole del Sistema Schengen. I CIE nascono esattamente per garantirle le espulsioni, non per rallentarle, come è scritto nel Blog. Se io arrivo con un barcone o nascosto in un Tir, senza documenti e le forze dell’ordine mi intercettano, secondo voi in 5 minuti riescono a capire chi io sia davvero? Specie dopo avergli raccontato che sono siriano, vittima della guerra, magari minore, e ovviamente dopo aver fornito un nome inventato? Come possono identificarmi ed espellermi senza un luogo in cui fermarmi e controllarmi? E se, una volta identificato, il mio paese di origine non mi riconosce e non mi riprende, che si fa?

Come dire…avete individuato i problemi – che sono gli stessi da decenni – ma le risposte, senza CIE, sono buone per Miss Italia, non per un partito che si candida a governare l’Italia.

L’unica aggiunta concreta a questa serie di wishful thinkings è la necessità di stipulare nuovi accordi bilaterali con i governi dei paesi di origine. Altra cosa non propriamente originale, considerato che tutti i governi italiani, da circa 20 anni, stipulano accordi bilaterali, da quando il governo Amato si accordò con l’esecutivo albanese nella seconda metà degli anni ’90.

Degna di nota è anche la proposta per accelerare le pratiche per il riconoscimento (o meno) del diritto d’asilo. “L’allarme è stato portato subito all’attenzione del Parlamento, dove abbiamo rilanciato le nostre proposte, inclusa quella di assumere migliaia di laureati in discipline giuridiche che possano identificare al più presto chi ha diritto all’asilo e chi no”. Come se aumentando medici e infermieri si debellasse un’epidemia. No, il problema è il farmaco. E’ a monte, non si crea di certo per il mancato utilizzo di neo-laureati in giurisprudenza. E siamo sempre lì: tocca prima identificarli e poi verificare se sussistono i requisiti per ottenere protezione, uno per uno. Entrambe le attività implicano, purtroppo, tempi lunghi quando non lunghissimi e procedure spesso complesse.

Certo, il Regolamento di Dublino non ci aiuta, visto che prevede che la competenza a valutare le domande di asilo spetta allo Stato europeo di primo approdo (cioè, spesso, l’Italia), ma modificarlo, come sostengono tutti i partiti – non solo i 5 Stelle – non è proprio una “passeggiata di salute”: occorre la maggioranza qualificata nel Consiglio Ue e la maggioranza assoluta in Parlamento europeo. Facile ottenere la modifica, urlandola dall’opposizione. Poi però una volta al governo bisogna negoziare, con quasi tutti i governi europei e buona parte delle delegazioni parlamentari.

Ricapitolando. Il post “programmatico” su immigrazione e asilo di ieri è in realtà un position paper, un manifesto che serve a posizionare i 5 Stelle sull’argomento. E il posizionamento, prendendo spunto dall’attacco pretestuoso (e sbagliato) ai CIE, arriva a toccare le solite corde: via i clandestini subito, riduzione della spesa pubblica e no soldi a “mafia capitale”, il tutto condito da un finale che prevede “soluzioni concrete che” il MoVimento “metterà a punto, in rete, col voto degli iscritti certificati”.

Dal punto di vista del marketing politico ci siamo, colpisce il suo target con le solite parole-chiave. Se diventasse un programma di governo invece, ci sarebbe qualche problemino, tipo inseguire immigrati irregolari lungo tutto il territorio italiano, per aver abolito finalmente (!) i CIE.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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