Partiti e politici

Massimo, Matteo, il Corsera e il mio baccalà fritto

11 Marzo 2016

Mi ero seduto a leggere l’intervista di Massimo D’Alema come ai bei tempi quando, con la mazzetta di sette  quotidiani passavo una mezz’oretta al bar all’ora di pranzo o del brunch domenicale cercando tra i fogli qualcosa di intelligente nelle pagine della politica. Insomma, uno dei piaceri della Prima Repubblica, quando serviva decrittare tra le righe o il tradimento o il disegno. Apparecchiato al bar sotto casa con un classico bianco e un pezzo di baccalà fritto, antico ristoro bresciano dei carrettieri del mercato, senza la mazzetta che oggi non esiste più, almeno quella dei giornali e per tre colonne tre di Corsera non leggo nulla di nulla se non il prevedibile, perché il livore in Massimino non fa notizia (salvo che per i renziani sciocchi su facebook e twitter). Già col sopracciglio alzato per la delusione e al terzo sorso  di Lugana arrivo all’ultima domanda di Aldo Cazzullo: “Lei come voterà al referendum di Ottobre? – Al momento opportuno presenterò in modo motivato le mie opinioni”.

Eccolo! Non che attendessi la linea del Lider Maximo, non che mi sia emozionato per l’annuncio del disvelamento del terzo segreto di Fatima in salsa minoranza PD ma, finalmente, la volpe non è ingrigita, bollita o livorosa: è in pista sapendo di essere sull’orlo del baratro e non dice ciò che è scontato. Non ci dice che una riforma costituzionale preceduta da una legge elettorale è una cosa da far rizzare i capelli, non ci dice che l’Italicum è un pessimo cocktail di maggioritario e premio di maggioranza di nullo valore liberale, non dice che la riforma del Senato ridurrà i senatori ma rafforzerà gli cerchi magici dei professionisti della politica o, infine, che il voto di fiducia posto su diritti civili come quella della coppie di fatto è cosa da fare rabbrividire (non solo che l’abbia fatto ma che nessuno abbia detto nulla). Ci dice: attenzione, alle amministrative, Renzi esce con le ossa rotte perché io non farò nulla per fermare Bray su Roma. A Napoli a Bassolino avete fatto un favore perché con la sua lista terrà mobilitati i compagni. A Milano o quel Direttore Generale che avete candidato o si mette nelle mani della sinistra o finisce male pure lui e gli finisce pure la grazia giudiziaria.  Prenderà il segretario presidente una sonora batosta e si presenterà all’appuntamento finale, il referendum costituzionale, senza l’aura del vincente e lui, non io,  sarà sull’orlo dal baratro. A quel punto io e il numero di Italianieuropei sui 70 anni della Costituzione con tanto di articolo di Giorgio Napolitano, con tutti i cattolici democratici insieme agli anziani che ancora ricordano il valore della Costituzione non faremo una banale battaglia di partito nella quale Matteo è il migliore e quelli della minoranza francamente irrilevanti ma saremo noi i difensori delle libertà costituzionali contro una riforma debole e di sapore sudamericano. Insomma, la battaglia sarà sui grandi temi della Repubblica, non sulle finte riforme, non si farà in una inutile Direzione Nazionale fatta per applaudire il Capo e io non sarò un Fondatore del PD messo da parte ma giudice sarà il popolo e io vestirò i panni di  un Padre della Patria, della Democrazia e delle libertà, antichi valori del ’45 su cui ricostruiremo il Centrosinistra seppellendo il partito della Nazione e il suo giovane interprete.

Manco si sentisse Cesare Ottaviano che si fece Pontifex Maximum e non Princeps fingendo di restaurare gli antichi costumi repubblicani marciando verso l’impero!

Morale, il congresso del PD si farà nelle urne ma….. c’è un “ma” grande come una casa. E cioè che siamo un po’ stufi di vedere da tre anni il governo della Repubblica ostaggio dei congressi continui del PD, di non riuscire a discettare sulla qualità tecnica di una legge perché le opportunità tattiche  prevalgono sui contenuti.

Qui ciò che né D’Alema né Renzi sembrano tenere in conto è che mi è finito il Baccalà e fritto sono rimasto io.  Lo dicono i numeri, lo dice il Grande Draghi, lui sí un italiano di stazza; lo dice la nostra vita quotidiana.  L’Italia non è la Direzione Nazionale del PD, l’Italia è un paese attanagliato dalla paura sul futuro che di una riduzione di tasse ne sente parlare e forse ci crede anche: ma non la vede. E l’errore di aver usato le riforme dello Stato come clava per liquidare gli avversari interni è forse un passaggio, forse anche necessario, ma i cui costi non sono certo l’euro regalato per votare alle Primarie. Ora i conti li regoleranno sulla Costituzione camminandoci con i loro scarponi chiodati (cit.): chiaro a tutti cosa sta succedendo?

Io rimango al bar e invertirò una consolidata  abitudine: comincerò a prendere solo il supplemento del Corsera lasciando al giornalaio il giornale e se la vedano loro.

 

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