Partiti e politici
Mangiare sano, mangiare bio, mangiare Pd: costo 1000 euro
La collina del disonore, quel battere cassa così sulla pubblica piazza milanese senza vergognarsi di nulla, è stata scavallata e anche il Partito Democratico entra a buon diritto nel grande mondo dei finanziamenti aperti, pubblici, attovagliati, si direbbe persino gourmand visto che una cenetta stellata con Matteo Renzi ti succhia dalle tasche un bel “millino” che vanno a rimpinguare quelle del povero Bonifazi, tesoriere di non si è ancora capito cosa (visto che sui palazzi di proprietà dell’ex partito comunista ancora oggi si narrano leggende su leggende), ma impegnato disperatamente a dare un ordine economico al partito.
Quando un tempo Milano apriva le sue grandi braccia la questione sociale si chiamava solidarietà (vera e progettuale) e non «fundrasing», la politica esisteva, certo, ma era piuttosto alta e anche disinvolta (se vogliamo racchiudere profondità politica e disinvoltura nella figura di Bettino Craxi) e sarebbe facile oggi ironizzare sui metodi con i quali il Partito Socialista (insieme a tutti gli altri partiti) finanziava le sue casse. Ma certo Milano è cresciuta nell’idea che per convincere i suoi cittadini ad abbracciare un’idea politica, si dovessero sudare le famose sette camicie (sì, anche quando vinse la Lega c’era il cosiddetto sogno), che non fosse bastevole l’obolo privilegiato di un’élite, nè tantomeno il mettersi in fila con il piattino in mano per qualche superstar piovuta da Roma.
Eppure alla semplificazione che oggi abbiamo sotto gli occhi va dato il benvenuto, a meno di non restare adagiati in un nostalgismo anacronistico che guarda solo al passato. Per cui, evviva le cene di fianziamento aperto, evviva l’America in Italia, evviva i carri allegorici (ma poi neanche tanto) su cui zompettano ora questo ora quel figuro che in epoca precedente risiedevano allegramente nel campo avverso ma che ora decidono in “piena autonomia” di aderire al nuovo, grande, progetto-Renzi. Vendo casa, cantavano i Dik-Dik, in questo caso trattasi di parti anatomiche generalmente sconosciute al sole.
Non è il caso di perdersi in sofismi, avrà pensare il premier che “alle 21 e 26 – come racconta Maurizio Giannattasio sul Corriere – con oltre un’ora e mezza di ritardo” appare agli astanti-paganti-milleeuro “sotto il Diamantone, grattacielo simbolo della Milano rinata. Gli ospiti arrivano alla spicciolata, usano il più bieco dei trucchi per sviare le domande dei cronisti, orecchio attaccato al cellulare, voce stentorea e passo spedito…” Ma allora il problema c’è, e gli States appaiono sullo sfondo sempre più sfocati, se praticamente nessuno offre il petto serenamente ai ficcanaso dei giornali, spiegando che sì, è del tutto lecito e magari anche intelligente, spendere mille euro (dei propri o di qualcun altro?) per sostenere “un’idea, un concetto, un’idea finchè resta un’idea è soltanto un’astrazione, se potessi mangiare un’idea avrei fatto la mia rivoluzione”, come raccontava il signor G.
Qui, probabilmente si mangerà anche male (il “Tris della casa” non tramonta mai), ma almeno si sentirà ciò che nella nostra testa vogliao sentire. Una delle abilità di Renzi, qualcuno direbbe grandezze, è quello di assecondare gli istinti di chi lo ascolta. Lo ha capito da tempo, è un’arma di relazione e di consenso, lo ha capito con i confindustriali, lo ha capito con gli imprenditori, con i commercialisti, qualunque categoria gli piombi sotto gli occhi. «Il premier è in forma smagliante – scrive sempre Giannattasio sul Corriere – liscia il pelo alla platea su tasse e fisco. Ma tocca tutti i temi nelle sue corde…Coinvolge il pubblico: secondo voi i dipendenti pubblici in Italia sono troppi? Sììììì, risponde la platea alzando la mano. Secondo l’Europa sono pochi ma vanno impegnati meglio, in questo senso va la riforma della Pubblica Amministrazione».
Alla fine, ci vorrebbe un Trip Advisor di tutte le cene politiche, dove scaricare i veri sentimenti di una serata a pagamento e che pagamento. Quel contorno di Italicum li valeva quei duecento euro e quel dolce finale a base di Jobact se la merita la stella Michelin? Peccato, che sul Corriere dopo pagina 8, la pagina dove i soldi qualcuno li dà, ci sia un’intera pagina 9, dove Fiorenza Sarzanini ci racconta con dovizia di particolari che i soldi qualcuno del Pd li avrebbe anche presi e non proprio lecitamente, questo almeno raccontano i magistrati romani. E, caso del destino, quel tipo coordinava pure un tavolo della Leopolda sui “pagamenti elettronici”.
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