Partiti e politici

Make.org: il primo partito europeo sta nascendo su Facebook?

12 Aprile 2018

Segnatevi la data: 9 maggio 2018. Comincia quel giorno un’iniziativa per coinvolgere 250 milioni di cittadini europei in consultazioni pubbliche, on line e dal vivo sulle principali questioni istituzionali, sociali, economiche e relative alla difesa e alla sicurezza che riguardano l’Unione europea o meglio la vita di tutti noi. L’obiettivo è contribuire a formare un’opinione pubblica continentale e, soprattutto, mobilitare gli elettori dei 27 stati membri che tra il 23 e il 26 maggio 2019 saranno chiamati al rinnovo del Parlamento europeo. Chi sta proponendo questa iniziativa non è un’istituzione, non sono gli stati nazionali, non è un partito o un movimento politico. È una Società in Accomandita Semplice con capitale di 1.000 euro (sì, avete letto bene, mille euro), con sede legale in 4 rue René Villermé, 75011, PARIS, immatricolata al Registro delle Imprese di PARIGI con il numero 820 016 095. Questa è la scarna descrizione disponibile sul sito make.org, la piattaforma che nell’intenzione dei fondatori dovrebbe diventare il centro di smistamento delle proposte politiche di riforma dell’Unione europea provenienti dal basso, cioè direttamente dai cittadini, il cuore del dibattito politico dell’Ue e il punto di coesione per i circa 445 milioni di abitanti che ne fanno parte.

Scopi nobili e ambiziosi, ma perché un’impresa con mille euro di capitale dovrebbe riuscire là dove da anni falliscono centri di ricerca, stati e persino le istituzioni europee? Come fa un’azienda fondata l’altro ieri a stimolare la partecipazione di milioni di persone su argomenti politici quando le consultazioni pubbliche promosse direttamente dall’Ue da oltre un decennio coinvolgono la miseria dello 0,2 per cento della popolazione e le petizioni pubbliche previste dal trattato di Lisbona (2009) finora presentate sono state solo 66, di cui 4 prese in considerazione e nessuna ha portato a un cambiamento effettivo della legislazione europea? Make.org ha scopi politici, è al servizio di qualche soggetto politico esistente?

Difficile al momento offrire risposte esaustive o definitive. Forse è più utile cercarle quelle risposte andando a scandagliare come questa azienda si è mossa. Make.org nasce da un’intuizione dell’imprenditore Axel Dauchez che l’ha fondata a fine 2016, e che si focalizza sulle questioni europee dopo il discorso sull’Europa di Emmanuel Macron il 26 settembre 2017 alla Sorbona. Serve un’iniziativa per l’Europa, disse allora il presidente francese, perché l’unico modo per garantire il nostro futuro, è la ricostruzione di un’Europa sovrana, unita e democratica. L’idea di allargare al campo continentale le convenzioni di discussione del programma che lo portarono all’Eliseo, Macron non l’ha mai nascosta, neppure durante la campagna elettorale francese. E sono rimaste un obiettivo importante, tanto che martedì 17 aprile alle 10, il presidente francese presenterà ufficialmente l’avvio delle consultazioni cittadine in Europa davanti alla plenaria di Strasburgo dove è invitato nel quadro delle audizioni straordinarie dei capi di stato e di governo chiamati a esprimere la propria visione sul futuro dell’Unione. Fonti interne alle istituzioni, non ufficiali ma attendibili, raccontano che Make.org ha tentato di inserirsi in questo processo proponendosi alle istituzioni europee e ad alcune cancellerie come media partner e gestore della piattaforma informatica per le consultazioni on line. La risposta tiepida della Commissione da un lato e le idee ancora immature su come organizzare la partecipazione on line dei cittadini, hanno di fatto messo in freezer il progetto di Dauchez.

Non per Dauchez, il quale da buon imprenditore, non si è dato per vinto e anziché ritirarsi ha rilanciato allestendo una propria iniziativa indipendente. In attesa di capire cosa farà Macron, cosa decideranno le istituzioni europee e i singoli stati, Make.org ha capito che non poteva attendere e si è preparato per essere il primo ad avere gli strumenti materiali e le competenze necessarie a raccogliere e gestire i dati di una decina di milioni di persone in 27 paesi diversi. Per ottenere le risposte e il coinvolgimento di 10 milioni di cittadini europei sarà necessario contattarne circa 250 milioni, come ha affermato ieri lo stesso Dauchez alla conferenza organizzata al Parlamento Europeo dal gruppo dei Socialisti e Democratici. Sarà una mobilitazione massiva con una piattaforma open source, non binaria e disponibile in 27 lingue. L’obiettivo è raccogliere il contributo di 10 milioni di persone per avere per ogni paese coinvolto 10 proposte chiave e portare le migliori 20 all’attenzione delle istituzioni europee.

“Siamo già organizzati per partire”, ha affermato a margine della conferenza, Nicolas Vignolles di Make.org. “Il problema principale è la raccolta fondi. Perché le persone le contatteremo prevalentemente su Facebook”. Ma le convenzioni si svolgeranno sul sito make.org, studiato come piattaforma multilingua dove chiunque può registrarsi, proporre le proprie idee e rispondere alle domande che vengono poste dai moderatori. Il sito è già attivo anche in italiano e in questi giorni propone una discussione su come fronteggiare la violenza sulle donne. Quindi l’operazione consiste nel contattare attraverso pubblicità diretta il pubblico di Facebook, convogliarne una frazione sulla propria piattaforma e farlo interagire rispetto ai temi proposti. La frazione di qualche centinaio di milioni di persone diventa tuttavia un numero di tutto rispetto.

E la politica? La politica è il cuore dell’iniziativa, anche imprenditoriale, mentre i politici, cioè i partiti i movimenti strutturati, gli eletti e i professionisti tradizionali che ruotano in questo settore restano alla porta. A questo punto del racconto, se introduciamo la parola disintermediazione credo nessuno si sorprenderà. La domanda allora diventa un’altra. Ricapitoliamo: le istituzioni europee con gli strumenti già esistenti e citati sopra non sono in grado di garantire il coinvolgimento del grande pubblico, ma neppure di quello piccolo, nel dibattito europeo che di fatto rimane confinato agli addetti ai lavori. Gli stati membri hanno un interesse marginale a sollecitare e coltivare un’opinione pubblica europea e probabilmente non hanno neppure le risorse (non solo e non tanto economiche) per andare in questa direzione. I partiti politici, anche quelli più dichiaratamente europeisti, faticano a combinare la dimensione locale con quella continentale, riconoscono la necessità ma non hanno alba di come risolvere l’equazione. Infine, come si è capito bene alla conferenza di ieri, tutti conoscono il problema a menadito, ma le ricette per affrontarlo rimangono delle mere dichiarazioni di intenti. Make.org ha fatto una cosa diversa, ha creato un format basandosi sulle convenzioni cittadine di Macron, ha chiamato un gruppo di informatici a lavorare sul modello e adesso è pronta a rastrellare i dati di qualche decina di milioni di europei. “Ma è tutto sicurissimo e rispettoso della privacy”, mette le mani avanti Vignolle. “Il nostro sistema stacca automaticamente il contenuto della proposta dal suo autore, il suggerimento va da un lato mentre i dati personali prendono un’altra strada e non sono ricostruibili”.

Cosa farà Make.org di tutta questa mole di dati e di informazioni? “La divisione tra cittadini e istituzioni è un problema gravissimo”, ha affermato Dauchez ieri. “E siamo tutti preoccupati che le prossime elezioni europee si trasformino in un referendum sull’Europa quando sappiamo che questo tipo di consultazioni non vanno bene”. Ancora una volta l’intento è certamente nobile, ma alla fine stiamo parlando di un’impresa. E lo scopo principale di un’impresa è fare soldi, non il bene comune. Molte delle persone che lavorano con Make.org sono o sono state molto vicine al movimento del presidente francese Macron, En Marche. Quindi non sorprenderebbe se tra un anno, alla fine delle consultazioni, il network si rivelasse uno strumento di campagna elettorale per questa formazione politica. Le parole “indipendente”, “neutrale”, “trasparente” vengono ripetute quasi ossessivamente da Dauchez nel corso della conferenza e campeggiano in primo piano anche nel sito, quindi sorprenderebbe ancora meno se Dauchez e compagni, da buoni imprenditori, dopo aver esplorato i desiderata di milioni di cittadini europei in ambito sociale, economico e politico, fossero disposti a rivendersi al miglior offerente. Con il possibile paradosso che a rilevare il progetto potrebbe essere un partito o un movimento euroscettico. Sarebbe il capolavoro finale delle classi politiche europee che a forza di attendere si sono lasciate spiazzare. Permettendo che l’intermediazione politica venga fatta da un algoritmo anziché da uomini e donne, i partiti avranno decretato la propria fine.

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