Partiti e politici
Macron vs Le Pen. Viaggio nel cuore di Francia: una nazione, due mondi lontani
“C’è una battaglia della vera Francia contro le élites che anche se sono francesi non parlano più per il popolo. Lo vedi lo slogan? Au nom du peuple? Marine manterrà la promessa di farci tornare sovrani, e i francesi la seguiranno”. (Jean, autista di bus, sostenitore di Marine Le Pen)
“Io sono francese, ma i miei genitori no. Hanno affrontato incredibili difficoltà per venire in Francia, io oggi con meno di cento euro posso andare in Europa dove mi pare. È una conquista, un figlio di immigrati cinquant’anni fa a stento poteva permettersi una gita fuori porta”. (Yassine, giovane di origini egiziane sostenitore di Emmanuel Macron)
Sono due mondi diversi quelli che si sono affrontati a Lione qualche giorno fa, due visioni della Francia che non hanno punti di contatto. Da Emmanuel Macron i francesi che hanno vinto la sfida della globalizzazione, da Marine Le Pen coloro che invece l’hanno persa. Una Francia che vuole competere nel mondo globalizzato e una Francia che chiede protezione e pretende solidarietà per chi è rimasto indietro. Nulla di particolarmente diverso o nuovo rispetto a quanto sta accadendo in molte altre democrazie europee ma l’enjeu, la posta in gioco, è decisiva. A maggio, i francesi sceglieranno se l’Unione Europea ha un futuro oppure sarà solo un “mauvais souvenir”, un brutto ricordo. Marine dixit.
La grande diversità l’abbiamo percepita da subito, nel fine settimana elettorale di Lione, visti i modi diversi con cui gli staff hanno deciso rapportarsi alla stampa. Macron ha accolto i giornalisti quasi con i guanti bianchi, facendo accompagnare ogni cronista da un volontario in sala stampa. Il progetto “nuovo”, di un movimento appena nato, si percepiva anche perché i volontari erano quasi incuriositi dai giornalisti, come se non avessero mai avuto occasione di incontrarne uno. Al Palais des Congrès di Lione, il centro congressi che ha ospitato la convention del Front National, la situazione era completamente diversa: due ore prima che Marine parlasse il suo staff aveva già chiuso l’entrata riservata alla presse; dopo un lungo litigio con i buttafuori, i cronisti si sono arrangiati facendosi strada tra i militanti, e molti hanno alzato il tesserino per evitare di essere filmati come comuni simpatizzanti dalle telecamere poste intorno ai cancelli. Guadagnata l’entrata bisognava scontrarsi con la diffidenza dei militanti: dopotutto la stampa fa parte del sistema da abbattere. Questo ci ha ricordato le posizioni del Movimento 5 Stelle: prima di trovare qualcuno disposto a scambiare due parole mi sono sentito dire più volte: “voi della stampa siete dei bugiardi, non parliamo con voi che travisate qualunque cosa vi diciamo. È solo tempo perso”.
La scenografia dei due incontri sembrava pensata dallo stesso team affinché le differenze fossero nette e inequivocabili. Al comizio di Macron la coreografia esaltava l’Unione Europea: pannelli, bandiere dell’Unione ogni 3-4 persone, un podio interattivo che s’illuminava con le famose stelle in campo blu ogni volta che il leader di En Marche! citava l’Europa o un tema di respiro europeo. Marine Le Pen, che dall’Unione e dall’euro vuole uscire, ha parlato con tre bandiere della Francia dietro di sé e con un pubblico che la interrompeva continuamente gridando on est chez nous, siamo a casa nostra. Il coro era intonato con particolare passione quando la leader frontista attaccava l’Unione o denunciava il lassismo delle élites nei confronti dell’immigrazione. Un discorso del genere fa breccia tra i sostenitori: “l’idea di Marine Le Pen è molto semplice” mi dice Jean, conducente di autobus “c’è una battaglia della vera Francia contro le élites che anche se sono francesi non parlano più per il popolo. Lo vedi lo slogan? Au nom du peuple? Marine manterrà la promessa di farci tornare sovrani, e i francesi la seguiranno: perché avete paura delle frontiere? Io faccio il conducente di autobus, quando c’erano le frontiere niente mi ha mai impedito di venire in Italia centinaia di volte, ma il vostro paese sapeva che io ero là. Ora invece non possiamo più conoscere chi entra e chi esce.”
Macron è convinto che l’idea della Francia abbia senso solo all’interno della comune storia europea, non può e non deve bastare a se stessa. Yassine, giovane di origini egiziane, mi spiega che il discorso universalista di Macron attecchisce anche nei quartieri popolari: “abbiamo parlato per quasi un quarto d’ora quando è venuto nel mio quartiere, è diverso dagli altri. Ci rispetta, ci ascolta, ha capito che prima di dire cosa volesse fare per il paese aveva bisogno di ascoltarlo. Io sono francese, ma i miei genitori no. Hanno affrontato incredibili difficoltà per venire in Francia, io oggi con meno di cento euro posso andare in Europa dove mi pare. È una conquista, un figlio di immigrati cinquant’anni fa a stento poteva permettersi una gita fuori porta.” Al contrario quella di Marine è una retorica di chiusura rispetto ad una globalizzazione che non funziona e che ha due facce: la prima, più conosciuta, è quella economica e finanziaria, ma la seconda è quella che ha creato il terrorismo jihadista, impossibile da sconfiggere perché non controlliamo le nostre frontiere. Le frontiere sono quasi un’ossessione, tutti quelli con cui parlo le citano almeno due volte, anche i più giovani: “Sarebbe stupido andare verso un altro candidato, proprio perché siamo giovani: Marine Le Pen è la candidata della gioventù: è l’unica che parla dei problemi che affrontiamo tutti i giorni. Non abbiamo posti per alloggiare all’università perché alcune risorse sono impiegate per accogliere i migranti, secondo lei è normale? Bisogna controllare le frontiere, possiamo accogliere ma solo dopo che il nostro paese si è occupato dei suoi cittadini.”
Da Marine Le Pen si è raccolta la Francia che rifiuta un mondialismo senza volto, che vuole ritrovare se stessa per contrastare le minacce esterne, che vuole un’agenda politica basata sul patriottismo: “dobbiamo uscire dall’Unione”, argomenta Enzo, il responsabile del Front National de la Jeunesse locale “è l’unico modo per mettere in pratica le nostre proposte fondamentali: arresto dell’immigrazione, ius sanguinis, ritorno alla moneta nazionale e conversione del nostro sistema energetico secondo un’ecologia patriottica. L’Europa oggi non consente che i popoli prendano in mano il proprio destino.” Emmanuel Macron invece, immagina una Francia che prenda il posto degli Stati Uniti come paese leader della ricerca e dell’innovazione: “voglio lanciare un appello solenne, e mi rivolgo a tutti i ricercatori che si battono contro l’oscurantismo: venite in Francia, da maggio questa sarà la vostra nuova patria” ha detto dal palco il leader di En Marche! cogliendo un sentimento diffuso tra il suo pubblico, che reagisce con un boato: “è dalla rivoluzione del 1789 che la Francia è un esempio per la società occidentale, qualcuno vorrebbe farci tornare indietro, ma noi abbiamo una storia, e dobbiamo essere fedeli al cammino che hanno tracciato i nostri antenati” argomenta Michel, dottorando in sociologia.
Le aspirazioni e le aspettative dei due popoli venuti ad ascoltare ed acclamare i propri leader erano molto diverse. Sabato è stato quasi un concerto pop, lunghe code per entrare, tanta aspettativa e tanta curiosità: “sono venuta per ascoltare quello che ha da dire, è la prima volta che voto, voglio farmi un’idea. Del programma di Macron non si sa ancora molto, ma sono contenta abbia parlato dei ricercatori” mi dice Marie. Più classico il raduno del Front National, domenica, che chiudeva una convention di due giorni dove i militanti hanno lavorato al programma con tavoli tematici: l’ambiente era quello di un congresso di partito. Molti gli eletti locali venuti ad ascoltare Marine, ad evidenziare la novità nella struttura del movimento, diventato adulto: “io ero sarkozysta fino al 2007, ma poi ho capito che le promesse dei gollisti non sarebbero mai state tenute” spiega Christine, “ho partecipato all’evoluzione del Front National e ne sono orgogliosa. Quando Marine è diventata presidente il partito non esisteva, l’ha strutturato lei. Oggi abbiamo una rete di amministratori, di persone normali, la percezione del nome Le Pen come mostro non esiste più. Vogliamo far capire ai patrioti che la nostra è la strada giusta, che la storia sta andando verso i popoli che si riappropriano del loro destino. Marine favorita? So che è difficile, ma noi dobbiamo crederci. Se siamo qui è perché sappiamo che stavolta possiamo vincere”.
https://www.youtube.com/watch?v=egRS82KVFTY
I due leader sono connessi al loro pubblico, mentre parlano l’osservatore esterno ha quasi l’impressione di un “già sentito”, la funzione dei due discorsi è stata quasi quella di mettere in ordine le tante voci che animavano disordinatamente i palazzetti durante l’attesa. Si sono scelti Emmanuel Macron e Marine Le Pen: lo scontro tra mondialismo e frontiere, tra progressismo e chiusura, tra Francia tradizionale e Francia Hi-Tech è quasi naturale, l’uno è il miglior avversario dell’altro, ha bisogno dell’altro per dar forza ai propri argomenti. Non si sono mai citati durante i rispettivi discorsi, ma la tensione che si respirava era palese. “È l’unico che può davvero battere Marine Le Pen” analizzava un gruppetto di ragazzi camminando verso la metropolitana dopo il comizio; “se l’avversario è Macron, tanto meglio; esemplifica tutto ciò che vogliamo combattere: Macron è il profeta della società ultraliberale e uberizzata che non ha nulla di moderno. La vera idea nuova la porta il Front National: la nostra identità è la nostra modernità” conclude Jean, pensionato, sorridendo.
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