Partiti e politici
Macron e la sfida ai fantasmi politici continentali
A 39 anni, Emmanuel Macron è una boccata di aria fresca per la politica francese ed europea. A una settimana dal primo turno delle elezioni presidenziali che decideranno non solo il destino della democrazia francese, ma anche il futuro di gran parte dell’Europa, molte speranze sono aggrappate a questo giovane volto, che pare essere l’unico argine al Front National di Marie Le Pen.
I più ottimisti lo paragonano al premier canadese, Justin Trudeau (bell’aspetto, energia, messaggio positivo) e al primo Tony Blair (la rottura con l’ortodossia del vecchio centrosinistra europeo, la ricerca di una nuova prospettiva di centro e uno spiccato interesse per le ultime trovate di comunicazione politica). Ma i parallelismi non vanno più lontano di così.
Né Trudeau né Blair si sono mai trovati a dover fronteggiare un movimento di estrema destra così storicamente e profondamente radicato nel territorio come quello del Front National francese. Entrambi, inoltre, hanno potuto godere del sostegno di partiti consolidati, cosa che Macron non ha, avendo lanciato il suo movimento “En marche!” meno di un anno fa. Né il Canada del 2015 o la Gran Bretagna del ’97 possono essere facilmente comparati con la Francia del 2017, con le sue numerose tensioni, il senso di un progressivo disfacimento politico e l’avanzare di un forte sentimento anti-élite, forse il più marcato a livello europeo.
Ma c’è una somiglianza che merita attenzione: proprio come Trudeau e Blair, Macron fonda la propria narrazione sui concetti di diversità e inclusione. In un periodo di populismi e in cui l’identitarismo sembra tornare di moda, Macron va controcorrente.
Uno dei punti fermi di Trudeau è l’accoglienza di immigrati e rifugiati. Negli anni ’90, Blair ha lanciato lo slogan “Cool Britannia”, che ha cercato di reinventare il patriottismo anglosassone abbracciando le diversità etniche e culturali. Macron è l’unico candidato presidenziale francese con una seria possibilità di raggiungere il palazzo dell’Eliseo che oggi è impegnato nella ricerca di una riformulazione del modello repubblicano, in cui le minoranze, soprattutto i cittadini di origine araba e musulmana, sono considerate come un’inevitabile opportunità.
Quello dell’identità nazionale è senza dubbio il tema più controverso in questa campagna, lasciando da parte scandali finanziari e dubbia moralità pubblica. Sul tema della diversità, Macron si scontra oggi con Marie Le Pen (sono testa a testa nei sondaggi), così come con importanti gruppi della destra tradizionale.
Nonostante il fenomeno Le Pen, i sondaggi dicono che il razzismo non è in aumento in Francia. La percentuale di matrimoni “misti” (immigrati con non-immigrati) è la più alta d’Europa. Le ultime rilevazioni mostrano anche che la stragrande maggioranza dei musulmani è a favore del modello di laicità repubblicana e moltissimi si considerano francesi a tutti gli effetti. Quello che soffrono è la sensazione che non siano riconosciuti come tali dalla società.
Dice molto che nell’ultimo confronto tra candidati, a pochi giorni dal voto, uno dei temi più dibattuti sia stato quello del passato coloniale francese. Del resto, il Front National di Le Pen ha le sue radici storiche nella guerra d’Algeria, la stessa che Macron, lo scorso febbraio, ha definito “un crimine contro l’umanità per il quale la Francia dovrebbe chiedere scusa”. Frase che ha scatenato molte più polemiche di quante se ne potessero immaginare, con cittadini indignati che lo hanno definito come “traditore”.
Ed è qui che il confronto tra Macron, Trudeau e Blair finisce. Il Canada non ha un passato da paese colonizzatore. La Gran Bretagna ha affrontato la decolonizzazione in un modo molto diverso dalla Francia, che in quel periodo ha combattuto guerre sanguinose. E oggi la Francia, a quanto pare, non è pronta ad inaugurare un museo sui crimini del colonialismo.
Macron ha ragione, ed è stato coraggioso, nel definire “criminale” il passato coloniale francese e nel lanciare un messaggio di integrazione, anche se così facendo ha aperto il vaso di Pandora. Il candidato presidenziale ha scelto un momento molto complesso per riportare la Francia ad essere una nazione inclusiva e aperta, mentre la bigotta narrazione del “noi contro loro” usata dall’estrema destra francese soffia forte su queste elezioni, come in tutta Europa.
Macron è una novità sulla scena europea, ed è il benvenuto. Che sia egli in grado di salvare la Francia e il vecchio continente dai loro fantasmi politici è tutta un’altra questione.
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