Partiti e politici
Ai veri renziani le vignette di Staino hanno sempre fatto un po’ schifo
Se Sergio Staino è diventato convintamente renziano – si può essere renziani solo convintamente, non sono ammessi succedanei d’impresa – la colpa è sicuramente da attribuire a Bobo, il suo essere comunista malinconico e perdente, ancorché lagnoso e insoddisfatto, alla ricerca dell’isola che non c’è e mai una volta, in tutta la sua vita ormai quasi quarantennale, effettivamente “smart” come la società contemporanea richiederebbe. Del resto, abbiamo visto umani rincoglionire felicemente per la gnocca anche in tardissima età e dunque nessuno dovrà sorprendersi, nè tanto meno negargli il pass per una buona vita, e meno che mai eccepire qualcosa di vagamente moraleggiante, se il buon Sergio ha deciso di accedere al grande mondo dei diversamente soddisfatti quali sono i componenti della tribù renziana. Tribù alla quale il tosco-vignettista si iscrive ufficialmente insultando un ex amico come Gianni Cuperlo. Il tono della lettera lascia effettivamente un filo interdetti, e quel rancore, per nulla en travesti, sembra davvero la prova suprema richiesta dai sacerdoti della casta per mostrarsi finalmente libero dai maledetti lacci comunisti. E se invece per rispettare un tormento, che ha sempre segnato il cammino delle sue vignette, Staino si fosse affidato ancora una volta a Bobo, l’ultima magari, facendogli dire tutto quello che pensava di Cuperlo and friends? Avrebbe imbarazzato in modo estremo e profondo i vecchi compagni di strada, ma gli sarebbe stata negata l’iscrizione al nuovo partito.
Solo che quando i vecchi comunisti vanno al pranzo di gala, ammessi da una porticina laterale, portano con sè i vecchi imbarazzi. E se non si è Mario Capanna, che negli anni caldissimi della contestazione giovanile da capo del movimento si diceva frequentasse con la massima disinvoltura il salotto della zarina Giulia Maria Crespi, allora tutto risulterà più difficile, più intricato, un assemblaggio un pochino più complicato. Addirittura nella redazione del proprio lavoro, nel fare materialmente le vignette per l’Unità dove Bobo, per rispetto di una storia antica e nobile, dovrebbe destreggiarsi abilmente tra due ridicolezze, che poi sono effettivamente la minoranza dem per certe parti, e la maggioranza dem, sempre per certe parti. Insomma, scassare i cabasisi certamente a Cuperlo che sbaglia, ma anche magari ai replicanti patetici del Capo e al Capo stesso se la libera direzione dell’Unità consentirà.
Ma poi c’è un altro aspetto, che andrà declinato anche con una certa schiettezza. A un vero renziano, nell’accezione che generalmente si dà a questa categoria dello spirito, il caro Bobo di Staino non ha mai (mai) fatto ridere e neppure sorridere, non avendo avuto la minima confidenza con la sinistra e meno che mai con il comunismo. Anzi, quelle vignette gli facevano anche un po’ schifo, piene di muffa e di barbe mai troppo rasate, cariche di richiami, di linguaggi interni, di borborigmi silenziosi ed evidenti, insomma tutto un armamentario di secoli passati da chiudere per sempre nei bauli della storia. Per cui, l’esser difesi e rilanciati proprio da Sergio Staino non solo è una contraddizioni in termini, ma anche un contrappasso sin troppo crudele per un’anima moderna e disinvolta come Matteo Renzi, che i testimonial semmai se li va a cercare con cura nei consigli di amministrazione della nuova FCA.
Non resta che chiedere a Staino di restituire la tessera, prima che sia troppo tardi. Non che il tipo non sappia stare al mondo, per carità, ma nell’età molto adulta spesso ci si crogiola in avventure che non abbiamo il passo per sostenere. Per stile, e anche un po’ per decoro.
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