Partiti e politici
L’umarellismo di sinistra
Domenica scorsa a Roma si è tenuta l’assemblea di nascita della lista unitaria di sinistra, un percorso iniziato alcuni mesi fa da diverse forze politiche accomunate dall’obiettivo di offrire ai cittadini una nuova proposta per le prossime elezioni.
E’ stato un incontro molto partecipato (erano attesi millecinquecento delegati da tutta Italia, ma i presenti erano molti di più e una parte di loro non ha potuto accedere alla sala) e ha suscitato entusiasmo l’adesione all’iniziativa da parte di Piero Grasso, che nel suo discorso ha indicato gli obiettivi condivisi da tutti: riportare al voto i giovani e i troppi sfiduciati, contrastare l’onda nera della destra neofascista che sta arrivando anche in Italia, mettere al centro la giustizia sociale, la legalità, i diritti civili.
Le reazioni ironiche e denigratorie provenienti dal Partito Democratico non si sono fatte attendere ed erano prevedibili: dopotutto, molti dei politici presenti all’Atlantico erano suoi fuoriusciti o ex alleati e nel pubblico erano numerosi i suoi ex elettori – tutte persone delle quali l’attuale Pd ha scelto (in alcuni casi con molta determinazione) di disfarsi.
Un po’ meno scontate, almeno per me, sono state le critiche e i commenti acidi provenienti “da sinistra”, in una sorta di fuoco amico: intellettuali che hanno etichettato la lista come “salvataggio parlamentare di vecchio ceto politico” a causa della presenza di questo o di quello in platea; femministe che hanno criticato l’assenza di donne nel gruppo degli organizzatori e persino la declinazione al maschile del presunto nome della lista (“Liberi e Uguali”); giornalisti che hanno attaccato personalmente Grasso e commentatori che hanno stigmatizzato l’ “incoronazione” del Presidente del Senato (cioè l’applauso che la sua scelta di impegnarsi nel percorso si è conquistato da parte dei presenti).
Le osservazioni e le critiche non sono certo infondate: effettivamente in sala c’era qualche volto da troppo tempo noto della politica, insieme però a molti semplici militanti sconosciuti; sicuramente sarebbe stato bello vedere più riconosciuto il ruolo di tante donne che hanno partecipato alla costruzione del progetto (e magari veder presentare un nome e un simbolo “in rosa”); indubbiamente sarebbe stato preferibile avere, invece di un’affascinante convention, una vera assemblea costituente, con mozioni e ordini del giorno da approvare e punti programmatici e di metodo da stabilire (il tutto è stato invece rinviato ad assemblee territoriali successive).
Tuttavia, a leggere alcune polemiche dai toni troppo accesi si ha l’impressione di un certo pregiudizio: alcuni commentatori sembrano umarell assiepati ai bordi del cantiere della nuova lista, che scuotono la testa con le mani dietro la schiena e brontolano che così proprio non va, non è così che si fa…
La tendenza di chi è semplice osservatore dei processi politici (perché non è in grado o non ha intenzione di parteciparvi in prima persona) a sommergerli di critiche fino a delegittimarli è purtroppo tipica della sinistra: è probabilmente un esito estremo di quella sua tendenza all’autocritica che è necessaria e salutare, ma non quando tracima fino a diventare paralizzante. A destra, in genere, queste cose non accadono: la prassi comune è tenere per sé il dissenso, quando esiste, per non danneggiare la propria parte politica – e chi vìola questa regola implicita viene spesso emarginato o espulso.
Tuttavia, l’umarellismo di molti simpatizzanti della sinistra è anche sintomo di una difficoltà: quella di coinvolgere tutte le persone interessate da parte di chi guida il processo. E’ un problema comune alle forze politiche “giovani”, che non hanno una struttura ben organizzata e risorse umane e materiali per gestire un’interlocuzione che è molto impegnativa: si preferisce così affidare la conduzione a chi è più esperto immaginando che “l’intendenza seguirà”. Si rischia però in questo modo di attirarsi accuse di leaderismo e di poca trasparenza, perché gli elettori di sinistra sono molto esigenti sotto il profilo della partecipazione.
Dall’altra parte, chi avanza in buona fede le sue critiche dovrebbe valutare se non sia più sensato e produttivo provare a impegnarsi direttamente: dopotutto, se si ha tempo e voglia di osservare e riflettere, probabilmente si ha anche la motivazione sufficiente a fare qualche piccolo passo concreto nell’esperienza della costruzione di un nuovo soggetto politico. Non mancheranno sicuramente le frustrazioni, i dubbi e le delusioni: ma, alla fine, potrebbe valerne la pena…
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