Partiti e politici
L’obbligo di una coalizione impossibile: cara Francia, benvenuta in Italia
Pochi paesi al mondo si identificano davvero con il loro essere Stato. Poche società si definiscono ancora, e per davvero, nel sentirsi appartenenti a una nazione, al di là dei grandi eventi sportivi. Tra i luoghi nei quali tutto questo succede, senza dubbio, c’è la Francia. Un paese e una società nei quali le chiamate alle armi a tutela della dignità e dei valori fondativi ancora funzionano, e lo dimostra il voto di questo ballottaggio per l’assemblea legislativa svoltosi il 7 luglio. Lo sapeva Macron, l’unico campione confermatosi nel tempo, tra i figli degli anni 70 che in Europa si dedicano professionalmente all politica, e ha così vinto la sua scommessa. O meglio, ha vinto il primo round di una scommessa politica la cui traiettoria, però, si capirà davvero da qui al 2027, anno nel quale la Francia dovrà scegliere il suo successore alla presidenza della Repubblica. Ormai sul finire del suo mandato, con uno sguardo sul declinare di una grande carriera politica che sarà già del tutto compiuta prima di avere 50 anni, il presidente francese ha giocato un azzardo al quale in pochi credevano, seguendo un disegno sul quale anche i più fini analisti si sono affidati al condizionale. La prima scommessa, che puntava sul fatto che al dunque i francesi avrebbero fatto fronte per dire ai Le Pen che non li volevano al governo, ha decisamente funzionato. Confermata la tenuta dei valori antifascisti, tuttavia, i problemi di domani stanno tutti davanti.
Già, perchè l’assemblea francese che uscirà dal voto del 7 luglio è un puzzle tutto da comporre. Il Fronte Popolare, l’ampia unione di forze di sinistra che si è costituita ad argine rispetto all’avanza della destra di Le Pen, sicuramente avrà la maggioranza relativa dei seggi, ma altrettanto certamente non è in grado da sola di esprimere una maggioranza. Per la sinistra populista di Melenchon e per quella moderata e riformista di Glucksmann, unite appunto nel fronte popolare e che rappresentano circa la lo stesso numero di deputati eletti, già non sarebbe facile governare insieme avendo i numeri. Non avendoli l’impresa appare ancora più complessa, visto che serve un allargamento ad altre forze, e principalmente al centro moderato e liberale di Emmanuel Macron. Melenchon, politico di lungo corso che ha con costanza rappresentato la sinistra-sinistra coerente e però sconfitta, sembra dire che per parlare di qualunque cosa, dal programma alla squadra, si deve partire da un governo guidato da lui. Per sedersi al tavolo, il capotavola dev’essere lui. Glucksmann, votato al compromesso politico per statuto visto che da sempre è impegnato all’unificazione della sinistra, chiede a tutti di comportarsi “da adulti”. Parla sicuramente all’alleato Melenchon, ma ragionevolmente anche al presidente Macron. Al quale, in un’intervista al Corriere della Sera di pochissimi giorni fa, aveva dichiarato: «L’Olimpo è finito. Jupiter, come lui stesso si era autodefinito, è finito. Siamo entrati in una nuova era. E se scampiamo al peggio, cioè a Bardella premier, tutto dovrà cambiare in Francia. È impossibile continuare con questo paternalismo presidenziale e questo culto della monarchia che ci porta all’irrazionalità più totale. Un uomo solo decide di sciogliere l’Assemblea, il 9 giugno, perché i risultati delle europee non gli piacciono. Follia. Siamo arrivati alla fine di un sistema di governo. Spero che il presidente Macron lo capisca e faccia un passo indietro».
“Jupiter” per ora tace e studia la mappa. Un passo indietro è inimmaginabile dal punto di vista istituzionale, e non giustificabile politicamente, visto che il gruppo di Macron è comunque il secondo nel nuovo parlamento, e senza di esso non è pensabile alcuna maggioranza di governo. Tuttavia, resta vero che l’essere riuscito a dimostrare che la destra di Le Pen è ancora minoranza nel paese è una fotografia del presente che non chiarisce alcun futuro, neanche quello immediato. Rinviato a data da destinarsi l’appuntamento di Marine e Bardella col potere, il futuro è tutto da scrivere e le premesse sono assai confuse. Chi vota Melenchon si sente sicuramente nemico dell’estrea destra, ma certo non è amico del moderatismo eletista di Macron. Anzi. Nella pancia della sinistra populista di Melenchon ci sono pulsioni anti atlantiche, anti-europee e antisioniste che sicuramente non fanno rima con la lingua di Glucksmann, e figuriamoci con quella di Macron. Che sull’Ucraina si dice disponibile a mandare truppe di terra a combattere al fianco di Zelensky, e difficilmente troverebbe sponde dalle parti di Melenchon. Come si vede, senza nemmeno troppo apprfondire, parliamo di faglie di conflitto interno al fronti “anti-destra” che somigliano molto a quelle che riguardano lo stesso fronte, che si può facilmente riconoscere all’opera anche a sud delle Alpi. Come è già successo in passato, la Francia che si appresta faticosamente a cercare un modo per governarsi è un laboratorio che ci riguarda e che interroga l’Europa intera, e in particolare la frastagliata e composita “sinistra italiana”. Con una particolarità: nel paese più presidenziale e uninonimale del continente, dove si elegge con voto popolare diretto addirittura il presidente della Repubblica, ci si trova obbligati a pensare a un governo di coalizione tra diversi e avversi. Questo serva da monito a chi in Italia crede che cambiare la costituzione e la legge elettorale può rendere automaticamente governabile qualunque paese. Non è così, nemmeno in uno dei paesi più governabili del mondo. Il bello della politica è appunto trovare soluzioni nuove. Vedremo come se la caveranno a Parigi. E chissà che, al di là delle chiacchiere e dei proclami di tutte le propagande, la lezione non serva anche qui da noi.
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