Partiti e politici
L’inverno del nostro scontento
Non è affatto sorprendente che, dopo essersi schiantato a cento all’ora contro il muro del referendum costituzionale, il Partito Democratico stia andando in pezzi; ma non c’è tragicità né dignità in questo epilogo, solo la tristezza di uno squallido teatrino.
Con il “no” del popolo italiano alla riforma Renzi-Boschi è fallito il progetto di un sistema istituzionale concepito per regalare a un partito minoritario e al suo leader una maggioranza parlamentare autonoma; è così svanito l’unico collante che ancora teneva insieme il Partito Democratico, cioè l’illusione di poter “vincere da soli”.
Ecco perché le componenti del Pd si stanno separando, come in una maionese impazzita: in vista delle prossime politiche ciascuno pensa a conquistarsi il proprio spazio vitale lontano dagli altri, consapevole che ci sarà sempre modo di riabbracciarsi, prima o dopo il voto a seconda di come sarà la nuova legge elettorale.
Alla tragicommedia della scissione dei democratici si aggiungono i siparietti di personaggi di varia provenienza, che improvvisano manifesti politici e assemblee fondative, nomi suggestivi e – ovviamente – nuovi gruppi parlamentari: tutti quanti dichiarando stentorei che vogliono “dare rappresentanza al popolo della sinistra” e “coinvolgere la società civile”, naturalmente “sperimentando forme nuove di partecipazione” e “senza alcuna ambizione personale” – sebbene, alla fin fine, l’unica discriminante intelligibile tra le iniziative politiche dell’uno e dell’altro sembri essere proprio il nome del capofila.
Chissà che goduria per i sondaggisti che, dopo anni passati a propinarci sempre lo stesso, identico sondaggio (perché le fluttuazioni dello zerovirgola, rientrando entro il margine di errore della rilevazione, sono statisticamente irrilevanti), potranno finalmente sbizzarrirsi a quantificare il consenso di nuove sigle e nuove coalizioni… temo però che saranno i soli a divertirsi; per noi elettori di sinistra, invece, non ci sarà nulla di eccitante nella nascita dell’ennesimo rassemblement elettorale che terrà insieme, con lo sputo di una soglia di sbarramento da sfangare, la miriade di “movimenti” nati a pochi mesi dalle elezioni, grondanti opportunismo politico da tutti i pori.
In mezzo a tanta cupa desolazione c’è soltanto una piccola luce, una fiammella che prova a riscaldarci nell’inverno del nostro scontento politico: un movimento nato in tempi non sospetti, che ha provato a scrollare la sinistra dal suo torpore anticipando le iniziative politiche di contrasto al centro-destrismo del governo Renzi – il referendum sulle trivelle, quelli sul Jobs Act, l’opposizione all’Italicum e alla riforma costituzionale – e ha accompagnato battaglie di civiltà come quelle sul fine vita, sulla legalizzazione della cannabis, sulla parità di genere. Un movimento che non è il frutto di alchimie di palazzo, di accordi tra pezzi di ceto politico, ma è sorto dalla costituzione spontanea di comitati sul territorio che si riconoscono nel simbolo dell’uguaglianza e nella voglia di partecipare; che sta elaborando la sua proposta politica a partire dai valori costituzionali, confrontandosi, ascoltando e discutendo.
Chissà se questo piccolo e vivace movimento troverà il modo di farsi spazio nel caos delle sigle, nella sovrabbondanza dei proclami, nel frastuono delle polemiche. Non sarà facile; ma in fin dei conti la primavera non è così lontana e invita a essere ottimisti…
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