Partiti e politici

L’inevitabile deriva oligarchica del Movimento 5 Stelle. Verso il “grillino 3.0”

19 Maggio 2016

C’era una volta “uno vale uno”, il “popolo della rete” che decideva con il voto online, i meet-up, la democrazia partecipata e tutte le bellissime parole con cui il comicoleader Beppe Grillo infiammava le piazze esponendo come trofei i “cittadini” a cinque stelle, figli della rivoluzione che avrebbe liberato l’italia dai partiti al grido di “stete già morti!”. Era il 2013, ma sembra già una vita fa e da quegli apriscatole in bella vista sugli scranni del Parlamento si è velocemente passati ai “direttori” e ai codici di comportamento, fino ad arrivare agli oscuri “staff” ai quali gli eletti dovrebbero far approvare i loro provvedimenti.

Il motivo della veloce trasformazione del Movimento 5 Stelle e di questa sua deriva palesemente oligarchica, è insito nella sua natura ed è un percorso di accentramento del potere reso inevitabile dal consenso che attualmente raccoglie la forza politica ideata dalla Casaleggio Associati. Per non somigliare a un partito, i grillini devono evitare qualsiasi modello organizzativo e percorso decisionale che possa in qualche modo somigliare a quelli delle forze concorrenti, a cominciare dall’odiato PD, ma si ritrovano (forse prima di quanto pensassero) a dover gestire eletti a tutti i livelli e gruppi territoriali. Persone che spesso hanno dimostrato di non avere una formazione adeguata o che hanno dato libero sfogo a pulsioni e fantasie, mettendo talvolta in cattiva luce tutto il movimento.

Nel recente passato, i più difficili da gestire sono stati quelli che per semplificazione inserirò nella categoria “grillini 1.0”, ovvero la prima versione dei “cittadini” pentastellati, quelli degli apriscatole per intenderci. Tra loro vi sono praticamente tutti gli eletti della prima ondata, dai volti più noti di Camera e Senato, a sindaci, consiglieri comunali e regionali. Si va dagli svarioni del senatore Crimi alle urla sguaiate dell’onorevole Taverna, passando per l’attivissimo Di Battista. Il “grillino 1.0” rappresenta il traumatico ingresso dello show di piazza dentro i palazzi del potere e ha palesato tutti i limiti del progetto iniziale. Questo il motivo delle tante espulsioni e l’esigenza di creare al più presto un “direttorio”.

Il “grillino 1.0”, è un personaggio improvvisato, solo parzialmente selezionato e ha avuto un impatto assai variegato e a tratti anarchico nella politica italiana. Alcuni di loro, come Lombardi, Di Battista e Di Maio, hanno velocemente imparato alcuni rituali della “politica giocata”, divenendo quasi dei capibastone con truppe al seguito. Altri si sono distinti per palese incapacità – è il caso di alcuni sindaci – sia nella gestione di atti amministrativi che nella comunicazione. Che oggi esista qualcosa di simile a delle correnti (intese come gruppi di interesse) nel Movimento 5 Stelle, lo palesa la differenza di trattamento che c’è stata nella gestione dei casi Nogarin e Pizzarotti, sindaco “infedele” che ha saputo crearsi un suo consenso locale in opposizione allo stesso Grillo.

Più evoluta e più “imbrigliata” è l’attuale versione dei grillini, una categoria che – continuando a semplificare –  chiamerò “grillino 2.0”. Il personaggio più rappresentativo di questo “aggiornamento software” dell’uomo qualunque del XXI secolo, è l’attuale candidata a Sindaco di Roma, Virginia Raggi. Lei, avvocato, già vicina ad ambienti della politica nazionale e gradita a diversi ambienti del potere locale, è figlia di una selezione con qualche accorgimento effettuata tra i “grillini 1.0”. Già consigliere comunale, i più informati raccontano che sia stata la manovratrice occulta di tutto il gruppo in Campidoglio, a cominciare dall’ex candidato e capogruppo Marcello De Vito (suo concorrente alle “comunarie” che l’hanno selezionata come candidata) al quale sarebbe legata da una forte amicizia.

Il “grillino 2.0” strizza quindi l’occhio ai gruppi di interesse, deve sottostare sin da subito al codice di comportamento voluto da Grillo e dal compianto Casaleggio e soprattutto deve far vagliare ogni suo atto da uno “staff coordinato dai garanti” (attualmente l’unico garante è Beppe Grillo), entità non meglio definita che sarebbe composta da figure professionali incaricate di fornire parere tecnico – legale su ogni iniziativa intrapresa. È però chiaro che non si tratterebbe solo di pareri tecnici, visto che per quelli esistono già uffici preposti a tutti i livelli decisionali, ma di veri e propri indirizzi politici e di censura sull’azione degli eletti.

Lo “staff coordinato dai garanti” è di fatto la segreteria occulta di Beppe Grillo, ma a differenza di una “grigia” segreteria di un qualunque partito politico deve sembrare invisibile. Non si sa da chi sia composto e con quale logica siano stati selezionati i suoi membri, figure al momento celate nell’anonimato. La “casa di vetro” che avrebbe dovuto caratterizzare il Movimento è quindi stata circondata da un muro di cemento armato senza finestre ed è accessibile solo superando un portellone blindato di cui solo pochi “eletti” conservano gelosamente la combinazione.

L’impressione, ma forse posso sbagliarmi, è che nello “staff coordinato dai garanti” ci siano i “grillini 3.0”, figure molto selezionate – non certo dagli ignari cittadini che ancora credono alla favola dell’uno che vale uno – che sanciranno la definitiva e inevitabile mutazione del Movimento 5 Stelle in partito politico. Un partito politico della peggior specie, governato da lobby di potere, dove discussione e democrazia interna svaniranno come scie chimiche nel cielo.

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