Partiti e politici
L’inesistenza della politica, eccola qua
Oggi è il giorno dello spaesamento. Dell’abisso dell’incertezza. Del panico di chi, avendo avuto tutta un’estate per fare i compiti, si accorge ai primi di settembre che la scuola sta per cominciare, e non si sono ancora comprati tutti i libri prescritti a giugno, figuriamoci se li si ha letti. È difficile spiegare al mondo che non vive nei o dei palazzi della politica, ad esempio, com’è possibile che – dopo mesi e mesi in cui non si parla d’altro che di Quirinale – si arrivi al dunque totalmente impreparati. Tanto che il fine settimana che precede il voto per il nuovo presidente della Repubblica sembra piovere all’improvviso, sulla testa di parlamentari e politici, come fosse la cometa di “Don’t Look up”, ma senza nemmeno un pool di scienziati che – pur insultati dai negazionisti – si adoperano per dire la verità.
È sempre stato così, si dice, e si dice il vero a metà. Perché è vero che le carte restavano coperte anche quando c’erano i partiti e la politica. Ma è meno vero che agli appuntamenti seri si arrivava così impreparati e sprovveduti. Nell’ordine, per mesi si è parlato rimanendo seri della candidatura dì Silvio Berlusconi. Nessuno poteva crederci, eppure l’elefante è rimasto comodamente seduto in mezzo alla stanza, come se fosse vero. Oggi che ha tolto l’ingombro, ricomincia da capo la ridda dei soliti nomi, dei soliti percorsi tortuosi che dovrebbero portare a trovare un nuovo inquilino per il palazzo del Quirinale.
Non interessano qui tutte le ipotesi, ma il principio che tutte le unisce. L’implorazione di un bis proposto a Mattarella, e molte volte da lui rifiutato non per ragioni personali, ma di dignità istituzionale e di sostanza costituzionale. Immaginatevi cosa significherebbe, per le istituzioni, un dietrofront. L’ipotesi di Mario Draghi che passa da palazzo Chigi al Colle: chi la rifiuta, per lo più, non lo fa per ragioni di opportunità ma per paura che la legislatura finisca. Chi finirà per caldeggiarla non pensa che sia la scelta migliore, ma l’unica possibile. Un presidente eletto per pigrizia. Poi ci sono i tanti nomi di bandiera, i nomi piccoli di un tempo minuscolo. Minuscolo nella consapevolezza, non nei problemi che abbiamo davanti.
Questa è la storia triste del tempo che viviamo, ed il problema principale è quello di una politica che ha lentamente accettato la narrazione che la voleva problema in sè, disvalore in quanto professione. La parabola più precisa è quella di chi doveva aprire il parlamento come una scatoletta di tonno, e oggi si abbarbica alle pareti della lattina, a patto di arrivare all’agognato prepensionamento. È la parabola più precisa ma – sia detto per inciso – non la più significativa.
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