Partiti e politici
l’incoscienza di Civati un rompicapo per la sinistra
Le mie ferie sono state turbate da due episodi: la crisi di iscritti e di etica (entrambe presunte è largamente strumentalizzate) del sindacato e il passaggio del Rubicone da parte di Pippo Civati che, a poche settimane dalla nascita del suo nuovo movimento “Possibile”, sceglie il referendum per scardinare le iniziative legislative dell’ex compagno di Leopolda Matteo Renzi. Del primo tema scriverò poi. Sul secondo non ho risposte ma tanti interrogativi. Civati ha intrapreso un percorso tutto in salita e pieno di difficoltà che appare quasi una autopunizione o addirittura la ricerca di un suicidio socratico. Prendi le leggi più problematiche emanate dal governo dello #staisereno (alcune come il jobs act proprio deleterie) e prova ad abrogarle (parzialmente) raccogliendo 500000 firme in tempi record, praticamente da solo, senza che nessuno ti si fili, per promuovere un referendum che, nell’ABC del politico 2.0, è arma spuntatissima seppure nobile: un bel gesto? Un atto temerario di chi non ha nulla da perdere (avendo perso tutto o quasi)? O una fine strategia politica? Difficile capirlo.
La sua iniziativa ha incassato nell’arcipelago rissoso della sinistra nostrana un coro di educati quanto convinti “no thanks.” Tutto troppo in fretta, tutto troppo raffazzonato, in un periodo in cui si va al mare anziché mobilitarsi ( il balnearismo è un archetipo del nostro agire da Craxi in poi): sono le obiezioni mosse da quelli che potevano essere i suoi naturali compagni di avventura (Sel, il Sindacato, La Coalizione Sociale di Landini). Se Pippo vincerà la sfida avrà avuto ragione lui e allora assisteremo ad un fioccare di endorsement tardivi, ma se la perderà, che fine attende il neonato partito del dubbioso transfuga del Pd e la frastagliata penisola della Sinistra Italiana Doc? Civati forse ha visto un pauroso vuoto di iniziativa da chi si oppone ma non propone ed ha provato a colmarlo. Ha forse intuito che il bradipismo della sinistra tradizionale non ci può stare nel tempo veloce di Renzi che tutto brucia, tutto manipola, tutto incassa (almeno fino a che la democrazia del voto non lo giudicherà davvero oltre il consenso di un sondaggio). Ha provato a commettere peccato di ubris sparigliando, facendo lui quello che gli altri pensano di fare meglio ( e probabilmente potrebbero fare meglio), piuttosto che giochicchiare con la sua percentuale di consensi previsti in caso di elezioni. Aldilà del merito dei quesiti (reputo quello sul jobs act un po’ artigianale: il jobs act non si smonta levando un ingranaggio, va abbattuto e rifatto da capo) forse un po’ di attenzione in più andava riservata a questo tentativo di fuga solitaria che comunque ha il merito di sostitutire alla chiacchiera una azione, un fatto. Se Civati fallisce non è che ci sarà da gioire granché. Il suo potrebbe rappresentare l’anticamera di altri più irreparabili fallimenti e il tramonto di un modello sociale che se non lo raggiunge, quantomeno continua a tendere a valori quali equità e giustizia. Meglio per tutti se ce la fa. Con buona pace di chi ancora pensa che questa stagione sia in fondo una normale transizione, che Renzi tramonterà e il sol dell’avvenire sta per spuntare.
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