Partiti e politici
L’Europa ai sovranisti
La bella analisi sul rapporto tra italiani ed Europa, pubblicata su questo giornale da Monica Fabris nei giorni scorsi, ci proietta automaticamente verso il prossimo futuro, verso l’importante (forse decisiva) scadenza delle elezioni europee del maggio del prossimo anno. Quando i destini della UE saranno messi in discussione dall’ondata “sovranista” che ribolle in maniera ormai evidente in tutti i territori dell’Unione.
Tra i sostenitori del “remain”, gli italiani (con circa il 66%) sono dunque quasi in ultima posizione tra i cittadini europei, battuti solamente dai britannici (attestati oggi al 60%, una decina di punti in più rispetto al passato referendum). L’opinione dei nostri connazionali non fa certo scalpore, nonostante tanti commentatori abbiano espresso preoccupazione per questo risultato. Che inaspettato certo non è, in primo luogo per il noto trend decrescente dell’ultimo decennio nella fiducia nella UE, in secondo luogo a causa dei costanti richiami negativi dei nostri attuali governanti che, rispetto al passato, non fanno che enfatizzare ancora più la natura quasi perversa della conduzione dei vertici europei, così poco attenti ai popoli – a loro dire – per privilegiare unicamente gli aspetti economico-finanziari.
Ma nonostante questo comune plebiscito a favore della permanenza nella UE, da parte di tutti gli elettori dei paesi membri, sappiamo molto bene come stia crescendo in molti di quegli stessi paesi un ampio fronte di partiti e movimenti dichiaratamente a favore della riduzione dell’influenza europea sui singoli Stati. Si vuole dunque restare in Europa, certo, ma nel contempo si vogliono mutare sensibilmente i confini di questa permanenza, ridando forza agli impianti legati alla sovranità nazionale.
Il rischio, di qui a qualche mese, è che il ruolo di questa UE possa cambiare in maniera drastica, che il cammino di progressiva indifferenziazione dei diversi Stati, in nome di un bene comune sovra-nazionale, faccia importanti passi indietro. Se non nella moneta unica, che rimane solidamente ancorata nella testa dei cittadini, quanto meno in numerosi degli altri aspetti che ci vedono oggi “schiavi” delle direttive europee, in materia non solo economica, ma anche ambientale, nella vita civile, nella gestione delle risorse, eccetera.
Che una maggioranza “sovranista” possa prendere piede a livello politico nel parlamento europeo, se non una certezza, è certo il risultato più probabile delle prossime consultazioni europee. I partiti che fanno riferimento al socialismo sono in disarmo pressoché ovunque: nei paesi più popolosi e dunque con il maggior numero di parlamentari (Italia, Germania, Francia e Spagna) socialisti e social-democratici sono ridotti ad una quota di elettori compresa tra il 10% e il 20%, per tacere del cosiddetto “gruppo di Visegràd”, dove sono praticamente scomparsi. Rimangono qua e là presenti, come nei paesi scandinavi, ma non sono certo sufficienti per ambire ad un tasso di rappresentanza europea superiore al 15% complessivo, meno della metà di quello attuale.
Gli stessi popolari e conservatori non godono di buona salute, e sarà per loro molto dura riuscire a ribadire il risultato di cinque anni fa, che li vedeva attestarsi intorno al 40% dei seggi al parlamento europeo, considerando anche che alcune delle forze politiche di centro-destra (come la Lega) potrebbero alle prossime elezioni uscire da quel raggruppamento. Arrivare al 30-35% sarebbe per loro un successo, se Macron reggerà a livello elettorale. Calcolando che le altre forze non chiaramente affiliabili (come i Verdi) prenderanno un 15% circa dei voti, la fetta rimanente, un ulteriore 30-35% dei suffragi, se non di più, andrà molto probabilmente appannaggio dei partiti o dei movimenti o apertamente anti-europeisti o quanto meno euro-scettici, come il nostrano M5s, il Front National francese o Ciudadanos in Spagna.
Assisteremo dunque ad una competizione serrata tra i conservatori-popolari, da una parte, e l’area euro-scettica (i “sovranisti”) dall’altra. Se questi ultimi usciranno vincitori della contesa, molto difficile sarà immaginare quale Europa avremo di fronte di qui ad un anno. Prepariamoci, fin d’ora.
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