Partiti e politici

L’estro e la fantasia sono robe di destra?

4 Novembre 2019

In Italia, così come in buona parte dell’Occidente, siamo abituati ad associare le élite artistico-culturali di un paese con i partiti della sinistra, progressisti. L’Italia ne è forse il caso più emblematico, tanto che molto spesso questi due ambiti hanno quasi coinciso, si pensi ad esempio alla strettissima vicinanza, a volte sovrapposizione, tra il PCI e alcuni ambienti intellettuali, artistici e culturali italiani fin dal primissimo periodo post-bellico. Simbiosi poi proseguita nelle sue evoluzioni in PDS, DS e poi PD. Insomma, nel nostro paese sinistra è storicamente stato sinonimo di arte e cultura, come se questi due settori della società fossero appunto appannaggio e prerogativa della sinistra. “Roba” di sinistra. Ambiti in cui la sinistra aveva l’esclusiva. Come se fosse l’unica area politica a saper produrre arte e cultura di qualità. In ogni settore: nel cinema, nel teatro, nella letteratura, fino alla politica. Spingendoci oltre, potremmo sostenere che sinistra nel nostro paese è sempre stato sinonimo di estro e fantasia. Come se queste due qualità, l’estro e la fantasia appunto, fossero “robe di sinistra”. Storia politica del paese alla mano però, soprattutto dal 1994 in poi, la situazione sembrerebbe essere proprio opposta. Negli ultimi 25 anni, infatti, le vere e rivoluzionare innovazioni in politica, soprattutto da un punto di vista comunicativo, sono venute quasi unicamente da destra. Quasi mai da sinistra. E innovazione è diretta conseguenza della capacità di possedere e attrarre estro, genio e fantasia. Qualità grazie alle quali creare quello che non c’è. Produrre innovazione. Non sarà pertanto che l’estro e la fantasia debbano essere considerati due qualità di destra, perlomeno in Italia?

Anni (19)90: Berlusconi e la TV

Godere di estro e fantasia significa avere la capacità di vedere quello che ancora non esiste. Crearlo da zero. Essere artigiani del cambiamento. Plasmare l’esistente con le proprie idee e intuizioni. Creare porte dove altri non vedono altro che un semplice muro. È quello che ad esempio ha fatto Silvio Berlusconi a partire dal 1994. Ha creato, quantomeno in Italia, la personalizzazione della politica come la conosciamo oggi. La sua spettacolarizzazione. Ha popolarizzato la politica. Ossia l’ha resa disponibile a tutti. Comprensibile. Non più una cosa per pochi, bensì un ambito accessibile a tutti. Anche alla fantomatica casalinga di Voghera. Al netto degli effetti –positivi per alcuni e negativi per altri– di questa innovazione, la sua è stata, appunto, un’innovazione. Un’innovazione frutto della capacità di creare quello che non c’era. Frutto di estro e fantasia, appunto. Da destra. Nel frattempo, la sinistra si presentava con il leggendario completo marrone di Occhetto, per poi iniziare a rincorrere la destra sulla strada della concezione contemporanea della personalizzazione della politica. Qualcosa senza la quale, oggi, difficilmente si vincono le elezioni. Qualcosa creato da destra. Non da sinistra.

Anni (20)00: Beppe Grillo, il blog e la piattaforma Rousseau

Poi sono arrivati Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio. Dal nulla, anche loro hanno aperto delle porte dove altri vedevano solo muri. Per primi, in Italia, hanno annusato la capacità di internet di co-determinare i processi politici. Si sono armati di estro e fantasia e hanno creato, così, dal nulla, un partito fondato su un blog. Poi è arrivato Rousseau. Una piattaforma con la quale organizzare strutturalmente la partecipazione politica degli iscritti al loro partito. Sebbene sia uno strumento ampiamente criticato da molti per la sua solo apparente apertura, resta il fatto che siamo nel 2019, internet è oramai parte della quotidianità di buona parte dei cittadini, e non c’è ancora nessun partito, a sinistra, vulgata vorrebbe “la patria” dell’estro, della fantasia e della partecipazione dal basso, che si sia anche solo speso per ideare un modo per coordinare il lavoro di attivisti, iscritti a un partito ed eletti utilizzando come strumento una piattaforma online. Rendendo così la partecipazione operativa, organica ed effettiva. Anche in questo caso, l’estro e la fantasia vanno associati a un soggetto politico non di sinistra. Secondo l’auto-definizione degli ideatori del MoVimento 5 stelle, un partito né di destra né di sinistra. Comunque, non di sinistra. Insomma, di nuovo, l’estro e la fantasia continuano a non essere sinonimo di sinistra. O comunque non sono associati a questa parte politica.

Anni (20)10: Le felpe (uno come te) e il “vinci Salvini”

Poi è arrivato Matteo Salvini. In primis con le sue felpe con i nomi delle città, poi con la sua strategia molto pop ed efficace sui social media, si pensi al contest “vinci Salvini”. Due idee molto intelligenti da un punto di vista comunicativo. Frutto di molto estro e fantasia. Della capacità di creare qualcosa che prima non c’era. Due modalità comunicative inventate da lui e dal suo staff. Da zero. Di nuovo, sinonimo di innovazione che arriva da destra, non da sinistra. Da un lato, le oramai iconiche felpe con i nomi di ogni città italiana sono state in grado di suscitare empatia e vicinanza con l’elettorato. Salvini come te. Foggiano come te. Siciliano come te. Forlivese come te. Bastardese come te (vedi foto di copertina). Un’idea in fondo molto banale, ma che ha avuto la capacità di co-determinare quell’avvicinamento tra l’attuale leader del Lega e quei territori dove il partito fondato da Umberto Bossi aveva sempre faticato a sfondare elettoralmente. Il contest “vinci Salvini” è una seconda idea molto astuta da un punto di vista comunicativo, anche qui frutto di molto estro e fantasia. È un’idea che sfrutta appieno le caratteristiche dell’algoritmo di Facebook, il quale sembrerebbe dare maggiore visibilità a quei contenuti in grado stimolare la più rapida e massiva interazione da parte degli utenti Facebook. Insomma, il “vinci Salvini”. Vince chi interagisce prima e più spesso con i post pubblicati dalla pagina Facebook dell’attuale leader della Lega. Di nuovo, un’ottima idea grazie alla quale ottenere visibilità all’interno dei social media. Un’idea frutto non solo di estro e fantasia, ma anche di uno studio scientifico dell’esistente. Anche in questo caso, comunque, estro e fantasia sinonimo di destra, non di sinistra.

 

E la sinistra?

Questa breve ricostruzione di alcune delle principali innovazioni avvenute in Italia negli ultimi 25 anni nel capo della comunicazione politica (e non solo, si pensi al caso Rousseau) può pertanto spingerci nell’affermare che sì, l’estro e la fantasia, quantomeno in Italia, sembrerebbero essere “robe di destra”, non di sinistra. Ora la domanda da porci è pertanto la seguente? Come mai la sinistra italiana negli ultimi 25 anni è stata così povera di estro e fantasia, quasi come se ne fosse allergica? Un interrogativo a cui è molto difficile dare una risposta univoca, ma che può essere affrontato richiamando tre fattori differenti.

a) Estro e fantasia nei movimenti (a sinistra) e a livello locale

Anche a sinistra, in questi 25 anni, ci sono stati esempi di innovazione, frutto della capacità di veicolare estro e fantasia all’interno di un progetto politico. Tuttavia, sono rimasti all’interno di quella moltitudine di movimenti, principalmente scollegati dal mondo dei partiti della sinistra italiana, che non ha portato questi attori politici non-istituzionali ad attivare degli effetti sistemici, come i tre esempi di Berlusconi, MoVimento 5 stelle e Matteo Salvini invece segnalano. In alternativa, l’estro e la fantasia possono essere rintracciati a sinistra in alcune esperienze locali, si pensi ai casi degli attuali sindaci di Bari o Milano. Due sindaci, Decaro e Sala, che insieme ai rispettivi staff hanno saputo sperimentare con successo, quindi ideare da zero, modalità comunicative rivelatesi poi il risultato della capacità di attrarre e veicolare estro e fantasia, questa volta sì provenienti da sinistra. Ma una sinistra locale, non nazionale.

b) Fattore Milano = innovazione

Il caso di Beppe Sala sembra avere un tratto in comune con i tre esempi di estro e fantasia come “robe di destra” sopra citati: sono tutti attori politici milanesi. Come Beppe Sala, infatti, anche Silvio Berlusconi, Gianroberto Casaleggio e Matteo Salvini provengono da Milano. Come se fosse in atto una sorta di determinismo geografico. Estro e fantasia come qualità milanesi, meno di altri territori italiani. Milano come capitale dell’innovazione italiana, qualità che poi si proietta anche nel mondo della politica e della comunicazione politica. Opposta soprattutto alla politica romana. A Roma. Al contrario di Milano, una città a cui è difficile associare l’idea di estro e fantasia di successo, molto più quello di decadenza, come molti indicatori, non solo economici, segnalano. Non è un caso, forse, che nessuno degli ultimi due leader della sinistra italiana, popolari e vincenti, siano romani. Uno, Romano Prodi, di Bologna; l’altro, Matteo Renzi, di Firenze.

c) Comunicazione = persuasione = propaganda = cosa negativa = deriva da evitare

Il nome di Matteo Renzi porta a considerare un terzo fattore. Ossia il legame conflittuale tra la sinistra italiana e il significato stesso della parola comunicazione. Vista, soprattutto da inizio novecento in poi a seguito delle esperienze totalitarie che hanno caratterizzato la politica di molti paesi europei, come sinonimo di persuasione, di propaganda. Quindi un qualcosa di negativo. Da evitare e disincentivare. Ma non c’è comunicazione senza estro e fantasia. Perché comunicare significa innanzitutto mettersi in relazione. E nella comunicazione è la novità a stimolare questa capacità di mettersi in relazione con l’altro. La novità, appunto. Creare qualcosa che ancora non c’è. Come? Grazie all’estro e alla fantasia. Anche qui, non è un caso, forse, se Matteo Renzi sia stato percepito da molti, a sinistra, come un leader “di destra”. Ubicato quasi per caso all’interno della sinistra. Non per le sue idee e proposte politiche. Ma per le sue capacità comunicative. Per il suo essere troppo pop. Per il suo avere quel pizzico di estro e fantasia nella sua idea di comunicazione politica che forse, all’interno della stessa sinistra, sono considerate qualità di destra. Comunque estranee alla sinistra. Roba di destra, appunto. Robe di cui avere paura. Perché creano quello che non c’è. Quindi qualcosa di incontrollabile. E come ci ha insegnato Michels con la sua legge ferrea delle oligarchie, gli attori politici tendono a respingere tutto quello che non possono controllare. Per mantenere potere. Anche a costo di perdere le elezioni. Anche se questa tendenza, in Italia, sembrerebbe dunque caratterizzare unicamente la sinistra, non la destra. Forse in questo più pragmatica. Più consapevole che senza estro e fantasia non si crea consenso, quindi non si vincono le elezioni, quindi non si governa.

Insomma, l’estro e la fantasia sembrerebbero pagare in politica. “Al potere la fantasia”, come ha scritto Vasco Rossi in una sua famosissima canzone. Soprattutto al tempo della mediatizzazione della politica. Ossia della sempre più marcata sovrapposizione tra politica e comunicazione politica. L’estro e la fantasia. Qualcosa da coltivare, attrarre e di cui essere affamati. Robe di destra, in Italia. Altrove anche una roba di sinistra. Si pensi al caso di Barack Obama. Un leader sinonimo di iper-personalizzazione. Il primo leader al mondo a sfruttare al meglio le potenzialità offerte da internet per mettere in relazione i suoi supporter. Il primo leader che ha saputo utilizzare in maniera molto efficace il social media della “sua epoca”, Facebook. Oggi non basterebbe, da solo. Ma Obama è sinonimo di estro e fantasia. Da sinistra. Ma negli USA, non in Italia. Tanto da far pensare che se Obama fosse stato italiano e avesse lui, per primo, concepito l’ottima idea comunicativa delle felpe con i nomi delle città o del “vinci Obama”, sarebbe stato etichettato come uno di destra. Troppo estro e fantasia. Robe di destra, in Italia.

 

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