Partiti e politici

Le sardine non si scusino, anzi si facciano una foto con Soros

8 Febbraio 2020

Il movimento delle sardine è sotto attacco per una foto, ma il rischio vero in questa vicenda proviene dalle scuse che sono state portate per quella foto. Quando ho letto l’ammissione che tutti possiamo sbagliare a proposito della foto in cui compare il volto di un Benetton mi sono sentito ricacciato indietro.  Senza esasperare il mio senso di disappunto, mi sono sentito ricacciato in difesa dopo una grande partita attacco. Io che non posso essere sardina perché non ho un’indole mite, ho comunque assistito con passione a questa partita, in una sinistra chiusa a fare le barricate in difesa. E di fronte alle scuse ho reagito come se in una partita di attacco entusiasmante la mia squadra del cuore avesse preso un’infilata in contropiede e l’avesse chiusa con un fallo a gamba tesa. E il fallo sono le scuse, non la foto. La partita continua, e continua il tifo, ma il contropiede suscita preoccupazione.  La preoccupazione che anche le sardine si chiudano in difesa.

Cominciamo con il chiarire che il gesto di scuse indica intelligenza e nobiltà d’animo, e si addice alle sardine. Se usato bene, il gesto di scuse segna una linea di confine netta tra le sardine e i populisti, tra le persone per bene e i “ganassa”.  I bulli non si scusano, e non si sono scusati i Salvini e le Meloni per i loro pogrom ai campanelli e ai citofoni. Ma loro stanno dall’altra parte. Il loro pubblico è fatto di persone che considerano le scuse un atto di debolezza, e che a un cenno di debolezza sono pronti a lasciare il loro uomo forte per un altro. Non si fanno scuse se si parla alla pancia, perché le scuse si apprezzano con la testa.

Proprio perché le scuse sono la linea di demarcazione tra il popolo delle sardine e la adei populisti, devono essere usate e spese con attenzione. Devono anzitutto essere motivate in maniera chiara. Soprattutto, le scuse devono essere date per questioni di contenuto, e non di apparenza o opportunità. Per essere chiari, se mi scuso per la foto con i Benetton spiego perché sono contro i Benetton. Oppure dico che i miei compagni mi hanno convinto che non era morale farsi una foto con un Benetton. Ma quello che non devo e non posso fare è scusarmi perché farmi una foto con Benetton è un “errore di comunicazione” o un “errore politico”, che nella politica di oggi sono sinonimi. In altri termini, le sardine non possono scusarsi perché hanno fatto una cosa che per altri è impopolare, o che altri non hanno avuto il coraggio di fare, perché altrimenti le sardine dovrebbero scusarsi di esistere.

Per spiegare questo concetto, riporto i due temi principali, ancora più impopolari dei Benetton, che mi hanno portato a schierarmi con le sardine. Il primo è lo smantellamento dei decreti sicurezza e la politica di inclusione degli immigrati, di fronte a una politica in cui la sinistra è paralizzata dall’idea che stracciare i decreti sicurezza possa provocare non si sa quali costi di popolarità. Su questo avete portato in piazza decine di migliaia di persone, e una persona che decide di scendere in piazza vale cento di quelle che come me in piazza non sono scese. Avete chiarito che il concetto di popolarità non c’entra, e che ci vuole il fegato di essere il primo a urlare (o a sussurrare in molti) che se un principio è giusto dell’impopolarità ci se ne frega.

L’altro concetto che raggiunge la destra di oggi come un pugno nello stomaco è la complessità. L’hanno notato in pochi, ma il “vogliamo complessità” ha una forza pari all’immaginazione al potere del 68. Un’inversione completa in mezzo secolo: dal bisogno di immaginazione contro il mondo della verità imposta al bisogno di complessità contro il mondo governato dalla post-verità, imposta anch’essa. Oggi invocare la complessità significa alzare la sfida ben oltre i bar del nostro paese. Ci vuole il fegato di attaccare tutto il mondo, ormai fondato sul motto: “enough of experts”.

E’ il contrasto tra il coraggio di queste posizioni, in disprezzo di ogni rischio di impopolarità, e su temi così profondi e progressivi, e le scuse per una semplice foto, per una questione di impopolarità, che suscita preoccupazione. Probabilmente, per una coscienza della complessità delle questioni, le sardine non hanno una posizione e non hanno discusso dei Benetton. D’altronde, non si sono nemmeno occupati della questione della prescrizione che pare essere l’unico tema su cui il centrosinistra mostra la sua intransigenza. Perché scusarsi, quindi? A chi può importare una foto con un Benetton? Soltanto a chi fa politica a bullismo e rutti. Ma quelli staranno sempre dall’altra parte. Per loro le scuse sono un sintomo di debolezza, e con le loro menti più fini le scuse diventano una scusa per arrivare a costruirvi attorno un complotto e ad attribuirvi dei manovratori.

Ma chi sta con voi, chi rispetta come voi la complessità delle cose, non è disposto ad accettare scuse su richiesta del nemico. E avverte, o almeno questo è il mio timore, che le scuse siano il sintomo di un po’ di stanchezza: un fallo di frustrazione, come si dice nel calcio. Il messaggio che arriva è: “ci avete attaccato tanto, avete provato tanto a delegittimarci in mille modi, ci avete scagliato addosso la vostra bestia, il vostro libero, il vostro giornale e la vostra verità ad accusarci di essere eterodiretti e non spontanei; siamo stanchi, avete ragione, un errore di comunicazione ci sta”. E in questo scendete, per stanchezza, sulla stessa modalità di gioco di bestia, libero, giornale e verità: la comunicazione fine a se stessa.

Fatevi una foto con Soros. Prima studiatelo, informatevi. Guardate la complessità di questa persona che nella sua vita da un lato ha gestito fondi speculativi e dall’altro ha investito in iniziative nel sociale. Ha istituito una fondazione per borse di studio con una delle quali da giovane Victor Orban è andato a studiare a Oxford, ha costruito un’università nel suo paese che ha recentemente trasferito a Budapest per il regime di intolleranza stabilito da Victor Orban vecchio, e finanzia politiche di integrazione che hanno portato gente come Orban, Salvini e la Meloni a invocarlo come simbolo del male (loro). Se volete vi posso anche illustrare la complessità dei fondi speculativi e mostrare che anche loro non sono profondamente cattivi, è che li hanno disegnati così. Ma questo è secondario. Sostituitevi ai giornalisti, a nessuno dei quali è mai venuta la curiosità di fare un’inchiesta su questo mostro, e poi andate a trovarlo, e fatevi una foto. E, sia che Soros vi convinca o che lo detestiate, non vi scusate mai più.

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