Partiti e politici

Le pari opportunità, per gli uomini

11 Marzo 2018

Nella stagione del #metoo e di #quellavoltache il parlamento italiano fa un passo indietro, nella nuova legislatura siederanno addirittura meno donne parlamentari di quella appena conclusa. Quando si insedieranno le camere ci saranno circa il 30% di donne, nonostante la legge preveda che ad esse sia riservato il 40% delle candidature. Ma fatta la legge, ovviamente, trovato l’inganno. Non tutte le candidature sono uguali, ed alcune sembrano molto più uguali di altre.

Questa cosa fa più scalpore sulla stampa straniera che su quella di casa nostra, ma credo che non ci sia da stupirsi se il NYT sottolinei che davanti ad una serie lunga così di questioni di genere le donne siano state completamente assenti dal dibattito politico durante la campagna elettorale. Si evidenzia come la scena politica sia frequentata da lobbies di ogni genere ma le donne non riescano ad organizzarsi e a esercitare pressione. Le donne al massimo sono le amate mamme, ma meglio se stanno presso il focolare ad accudire uomini di ogni età.

Eppure non è più un segreto che l’effettiva parità di genere passi anche attraverso una maggior rappresentanza e una forzatura del sistema con apposite quote.

A dire il vero le regole ci sarebbero, anche noi ci siamo dotati di un provvedimento “rosa” di affirmative action: il 40% dei candidati alle elezioni devono essere donne e nei listini del plurinominale deve valere l’alternanza di genere. Ma qualcosa è andato storto.

Mettiamo subito le mani avanti, non è che fossero candidature di scarso profilo e quindi non premiate dall’elettorato. Sappiamo benissimo che con il Rosatellum la qualità dei candidati è irrilevante e tutto è in mano ai vertici dei partiti.

Le  candidature agli uninominali sono state facili “da amministrare”, fatto salvo il 40% di candidate è ben diverso garantire  un 40% di elette. E parrebbe che alle donne siano stati riservati i collegi meno sicuri, sembra fare un po’ eccezione il M5S ma forse è solo un caso dovuto all’abbondanza di voti.

E per il plurinominale? Si è usato il trucco, perverso, delle pluricandidature. Se una donna era candidata in molte circoscrizioni con ottime probabilità di elezione in ciascuna, allora ella stava togliendo un posto a una donna per ogni collegio in eccesso (dietro di lei, ci stava un uomo a cui era garantita l’elezione). Ammetto nella mia ingenuità che mi sono chiesta perché Maria Elena Boschi avesse il record delle pluricandidature, più di Renzi, e non è che proprio fosse il volto più benvoluto dagli italiani negli ultimi mesi. Nel dibattito post elezioni questa cosa è stata spiegata bene,  e l’onorevole esperta di riforme costituzionali non è l’unica donna che si è prestata a questo giochino, di sicuro ci sono anche Madia, Boldrini e Bongiorno (a dimostrazione che le questioni di genere interessano l’intero arco costituzionale).

Certo lascia l’amaro in bocca che il record di candidature sia stato di Maria Elena Boschi che nel governo ancora in carica ha la delega alle Pari Opportunità. E mi ritorna forte e chiaro una cosa detta da una lucida e sincera Rosy Bindi pochi giorni fa alla Fondazione Feltrinelli “Uno potrà pure essere contento perché ci sono più donne in politica, ma bisogna vedere anche che cosa fanno ” (min 1:17)

Commenti

Devi fare login per commentare

Accedi

Gli Stati Generali è un progetto di giornalismo partecipativo

Vuoi diventare un brain?

Newsletter

Ti sei registrato con successo alla newsletter de Gli Stati Generali, controlla la tua mail per completare la registrazione.