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Le parole dei leader (o presunti tali)
Tra dirette su Facebook, dichiarazione roboanti nei talk-show e conferenze stampa di dubbio gusto, stiamo vivendo un periodo storico in cui è necessario dare un peso alle parole. Facciamo dunque un po’ di nomi e cognomi visto che va di moda (più per la produzione smodata di meme che per altro) e vediamo quali sono le parole e gli hashtag più utilizzati dai leader politici in questi giorni nei propri social network.
Non si può non partire da Matteo Salvini che dal suo account Twitter sta sbandierando un #NOMES in tutte le salse. La sua impostazione mediatica ormai è diventata quasi un oggetto di studio: video tagliati, magari della Fornero o di Saviano, con una bella cornice a fare da sfondo a frasi in caps lock che esplicitano al massimo l’essenza del suo neopopulismo. Salvini, o chi per lui, quando non parla del Meccanismo Europeo di Stabilità, il che succede di rado, utilizza altri hashtag come #SALVINI stesso quando si cita o #ORGOGLIOITALIANO. Fino a qui ci si può trovare in accordo o meno in base al proprio orientamento politico, ma l’hashtag che il leader della Lega usa con maggiore malizia è #COLPADISALVINI. Una vittimizzazione mediatica che trova il suo punto più alto nel tweet: «[…] Noi ci siamo per collaborare, ma serve che dall’altra parte ci sia ascolto. Certo è che se qualcuno va a reti unificate a dire che è #colpadiSalvini».
Da Matteo Salvini a Matteo Renzi. Il leader di Italia Viva su Twitter segue una strategia completamente diversa dall’ex Ministro degli Interni. Meno hashtag e più retweet di altri politici italiani e non, seguiti da un brevissimo commento. Nelle ultime ore ha retwittato bene o male di tutto, da Roberto Burioni a Ivan Scalfarotto passando per Luca Bizzarri e per l’endorsement di Barack Obama a Joe Biden. Non è più uno “squalo” dei social network e si vede. Il suo #RESTIAMOUMANI dopo il tweet sui migranti è una delle cose migliori in questo marasma mediatico attuale. Parole vuote? Forse, ma se si deve scrivere qualcosa tanto vale usare termini appunto umani.
L’uomo del momento è senza dubbio il premier Giuseppe Conte, bersagliato dall’opposizione ma con una fiducia nei suoi confronti sempre maggiore da parte dell’opinione pubblica. L’ha ribadito anche il professor Nando Pagnoncelli, quasi stupito di un gradimento così elevato verso il Presidente del consiglio. Il suo profilo Twitter non è un vero profilo social bensì un’agenda. Ogni due tweet si trova un «Questa sera ore X alla trasmissione Y» oppure un «Conferenza stampa alle…», che poi tarda di qualche ora. L’hashtag più utilizzato è #CORONAVIRUS, tanto ovvio quanto banale e si alterna con i retweet del profilo di Palazzo Chigi (se siete un attimo confusi è più che normale) con #IORESTOACASA. Conte in questo momento sta tenendo nel bene e nel male le redini di un Paese in crisi e con questa sua linea politica si sta aprendo la strada per una futura “lista” che, ad oggi, farebbe incetta di preferenze.
Passati dal vittimismo di Salvini ai post-it di Conte, il penultimo leader di questa carrellata è Nicola Zingaretti, il segretario del Partito Democratico. E’ il meno social di tutti e si nota solo aprendo il suo profilo. I suoi tweet sono senza dubbio i più articolati ma allo stesso tempo i meno efficaci. Non usa hashtag frequenti e quando lo fa non brilla di certo. Le parole più utilizzate sono “governo” e “coronavirus”. Sembra una storia già sentita: il Partito Democratico deve rivedere la sua comunicazione.
Su Giorgia Meloni non c’è molto da dire. L’impianto è puramente salviniano, anche il grafico sembra lo stesso. In questi giorni la leader di Fratelli d’Italia si è concentrata sul MES, ribadendo a gran voce la sua contrarietà, e ha preso di mira il premier Conte per le dichiarazioni nell’ultima conferenza stampa. Il punto più alto si è verificato il 10 aprile quando Giorgia Meloni su Facebook ha pubblicato un post contro Giuseppe Conte, Fratelli d’Italia l’ha condiviso su Twitter e la stessa Meloni l’ha retweettato…
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