Partiti e politici

Le pagelle 2023: vincono astensioni e Fratelli d’Italia

30 Dicembre 2023

Appuntamento di fine d’anno con le consuete valutazioni dell’operato delle principali forze politiche e dei loro leader nel corso dell’anno che sta per chiudersi. Un 2023 se vogliamo ancora più drammatico di quello precedente, con un nuovo-vecchio conflitto che, accanto all’invasione russa dell’Ucraina, sembra farci ritornare indietro di quasi un secolo, con la tanto contestata nascita dello stato israeliano.
Una situazione di costante malessere che si aggiunge ai precedenti problemi ancora lungi dall’essere risolti: da quelli socio-sanitari ai migratori, da quelli economico-occupazionali a quelli relativi alla vita delle donne, sempre più calpestata, al di là dei vani proclami generalizzati. Unica nota positiva confermata anche quest’anno, la presenza di un governo stabile, benché inviso almeno alla metà della popolazione, e finalmente espressione di un voto popolare.
Un governo che può piacere o non piacere ma che, dopo 11 anni esatti di esecutivi di larghe intese o di unità nazionale o di protagonisti che fino a poco tempo prima erano fieri antagonisti, sta tentando di ridare un senso un po’ più compiuto ad una democrazia basata sulle scelte degli elettori e non (soltanto) dei politici.
Anche se, come qualcuno giustamente sottolinea, questo governo non rappresenta realmente la maggioranza degli italiani, perché tra astensioni e schede bianche da una parte e voti ai partiti dell’opposizione dall’altra, la quota di elettori che ha votato Giorgia Meloni e i suoi partner supera di poco il 25%, non molto più di un quarto degli italiani. Cosicché, il governo diventa espressione di una minoranza molto più ridotta rispetto, ad esempio, ad un eventuale doppio turno elettorale, dove si reca alle urne soltanto uno sparuto 30-40% di cittadini.
Già, perché il vero vincitore del 2023 è senza ombra di dubbio lui, l’astensionismo. Vale già oggi più del 40% dell’elettorato e nel 2024 è destinato a fare il botto: i sondaggi ci dicono che alle prossime elezioni europee andrà a votare tra il 45 e il 48% degli aventi diritto, sarebbe la prima volta che tra Politiche ed Europee non si supera il 50%. È il partito degli arrabbiati, dei delusi, di destra e di sinistra, che guarda con disinteresse quando non insofferenza ai partiti. La maggioranza degli italiani non si aspetta nessun miglioramento dalla politica per la propria condizione, non importa chi governa. Ma veniamo alle pagelle delle forze politiche, iniziando da quelle di opposizione per arrivare al governo.

Partito Democratico: voto 5.
Nonostante il cambio apicale, rispetto allo scorso anno, latita costantemente di proposte comprensibili e coinvolgenti, di progetti appetibili e lungimiranti per le classi subalterne – resta il partito dei diritti, ma diritti sempre più sfumati, per paura di non essere compreso fino in fondo e di essere apprezzato unicamente dai cosiddetti “vincenti della globalizzazione”.

Movimento 5 stelle: voto 6-.
Il comportamento è sempre un po’ ondivago e incerto, ma con qualche scelta di campo più solida e, per certi versi, più affidabile e coerente: salario minimo, no all’invio di armi, no al Mes. Il Movimento beneficia anche del gradimento al suo leader Giuseppe Conte, capace di aver dato negli ultimi mesi una linea più chiara al suo essere partito di opposizione.

Azione e Italia Viva: voto 4/5.
Dopo la quasi-farsa della lista unica elettorale, con la conseguente alleanza durata veramente poco, le innocue posizioni di Calenda e Renzi non hanno provocato alcuna scossa nella politica italiana o nell’elettorato – forse in questo caso avrebbe ragione Moretti: si noterebbero di più se non ci fossero del tutto… La verità è che con le loro scaramucce Renzi e Calenda hanno conquistato paginate sui giornali, non hanno inciso però politicamente.

Verdi/sinistra: senza voto.
Almeno per i verdi, ci si sarebbe aspettati una presenza più vivace nel dibattito pubblico, vista la costante emergenza energetico-climatica; la sinistra, con Fratoianni, pare non esistere proprio, e come il resto della sinistra brilla per la mancanza di proposte e di incisività politica, divisa come sempre tra le sue innumerevoli componenti.

Lega: voto 5,5.
La tattica del mix partito di governo/opposizione di governo funziona solo a tratti, così come l’idea di Lega Nazionale. Il partito continua a reggersi sulla antica linea padana e i suoi governatori, senza riuscire a trovare a livello nazionale una sua più precisa identità soprattutto nel confronto a destra con Fratelli d’Italia.

Forza Italia: voto 6/7.
Seppur in declino di consensi, l’emorragia sembra essersi fermata nonostante la scomparsa di Silvio Berlusconi Con la guida di Antonio Tajani ha ritrovato una linea coerente, europeista e popolare, ribadendo il suo appoggio di fondo alla coalizione di governo, ma in autonomia, rifiutando spesso il ruolo di “partito per tutte le stagioni”. A dispetto delle previsioni della vigilia, insomma Tajani sta funzionando, la sua figura istituzionale di ministro degli esteri premia anche il partito.

Fratelli d’Italia: voto 7,5.
Voto medio tra la sua leader Meloni -nove- e una dirigenza che a volte lascia a desiderare. Uscito come il vero trionfatore delle elezioni del 2022, nel 2023 conferma un trend nettamente positivo negli orientamenti di voto. Con un comportamento coerente e meno urlato si sta avvicinando sempre più a diventare una forza solida e di riferimento per questa e la prossima legislatura.

Università degli Studi di Milano

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