Partiti e politici
Perché far cadere Gentiloni? I ragionevoli dubbi di Alfano
Non si può che concordare con il lucido commento di Luigi De Gregorio, anche su queste pagine, sulla scelta della legge elettorale tedesca. Il finto semi-maggioritario che in realtà è un proporzionale che più puro non si può. E, oltretutto, se quello sarà il sistema di voto, finisce velocemente in soffitta la grande enfasi sulla libertà di scelta degli elettori per quanto riguarda le preferenze. Perché, nel sistema tedesco, le liste sono bloccate due volte: sia al proporzionale che nei collegi, dove il candidato è addirittura unico.
E il parlamento sarà dunque tutto di nominati, molto molto di più che nell’Italicum, dove almeno i due terzi del partito vincente erano attribuiti attraverso il voto di preferenza. Ma si sa, la polemica si fa quando serve ad altri scopi, quasi mai nel merito. Lo stesso vale per il tema, tanto caro al Pd di Renzi, della governabilità, cui si abdica in maniera tanto repentina quanto incomprensibile, dopo tutto il gran parlare che se ne è fatto.
Perché dunque questa scelta, che vede improvvisamente tutti d’accordo, dai 5 stelle fino al Pd, passando da Lega e Forza Italia? Perché questa improvvisa accelerazione su un sistema di voto così odiato, fino ad un paio di settimane fa, dai maggioritaristi irriducibili?
Luigi De Gregorio propone una risposta semplice e nello stesso tempo complessa: perché questo è nell’interesse di tutte le maggiori forze politiche. I pentastellati continuerebbero a beneficiare del favore di stare all’opposizione, così come Salvini, dove gridando e gridando si arricchisce il plafond di consensi, senza mai pagare dazio. Partito Democratico e Forza Italia stilerebbero un accordo di governo (una riedizione del Patto del Nazareno) che darebbe stabilità al paese e visibilità mediatica ai loro leader: Renzi e Berlusconi si caricherebbero sulle spalle l’Italia, cercando di darle quella ripresa economica che prima o poi dovrà arrivare e, se così sarà, diranno che è finalmente arrivata grazie alla loro opera di governo.
Tutti felici, dunque. O quasi tutti. Ne faranno le spese le forze politiche più piccole. Quelle di sinistra innanzitutto, se non riusciranno ad unirsi; ma anche così potrebbero fare la fine dell’Arcobaleno del 2008, o della Rivoluzione Civile di Ingroia del 2013, sconfitti dal voto utile. Fratelli d’Italia, anch’essi a rischio-soglia (se rimanesse del 5%) e costretti ad allearsi, forse, con la Lega, con un patto del tipo: noi al sud e voi al nord. Casini e Alfano, i rimanenti partiti più centristi, che non riusciranno ad entrare in parlamento, a meno di drastiche diminuzioni della soglia di sbarramento.
Il dubbio però è un altro. Sarà vero che quella possibile alleanza Renzi-Berlusconi si possa poi realmente attuare? Io non ne sono affatto sicuro. Tutte le simulazioni effettuate dagli esperti del campo mostrano come – se non accadono eventi particolari – un governo Pd-Forza Italia non avrebbe i numeri per ottenere la maggioranza, anzi sarebbe molto al di sotto, di almeno 20-25 seggi alla Camera. Né peraltro sarebbero possibili alleanze alternative, se non quelle politicamente “impossibili”, tipo Pd + Forza Italia + sinistra. O quella dei 5 stelle con qualcun altro, oltre alla Lega.
E mi è difficile pensare che anche nei partiti non ci siano esperti che sappiano ragionare con i numeri delle ipotetiche maggioranze parlamentari. La domanda iniziale resta quindi inevasa. Perché? Ha per certi versi ragione Alfano, quando si indigna per l’abbattimento anticipato di un governo che funziona bene e che, tutto sommato, trova anche un buon gradimento nel paese, con un Presidente del consiglio che gode di elevati livelli di fiducia, con il suo understatement.
Certo, Alfano parla pro domo sua. Ma questo non significa che abbia torto. L’idea che mi sono fatto è che, in questo momento, a tutte le principali forze politiche non importa quasi nulla del paese e di quello che stanno vivendo gli italiani. Si fanno i fatti loro, per tentare di strappare qualche voto in più, senza sapere che farsene di quei voti, con questa legge elettorale.
Il refrain è noto: partiti da una parte, compresi quelli che a parole sarebbero “diversi”, paese dall’altra.
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