Partiti e politici
Le due strade sbagliate della sinistra
Di recente Giorgio Gori, un tempo “sindaco dell’accoglienza“, ha sostenuto in un dibattito pubblico che bisogna uscire dalla dimensione del politicamente corretto e ripensare i criteri di assegnazione delle case popolari, perché quelli attuali producono spesso una eccessiva concentrazione di immigrati, situazione che viene percepita dagli italiani come una sottrazione di diritti (queste le sue parole, secondo quanto riportato dalla stampa locale). Il sindaco di Bergamo ha così ripercorso con qualche ritardo la parabola già compiuta dal suo partito: quel Pd che, dall’operazione Mare Nostrum per il salvataggio in mare dei migranti (voluta dal premier Letta nel 2013), è ormai approdato ai respingimenti in mare, appaltati dal ministro Minniti alla cosiddetta Guardia Costiera libica.
Quello di Gori è un dilemma che si presenta costantemente alla sinistra: la sua ragion d’essere politica, la difesa dei più deboli, le impone di farsi paladina dei diritti delle minoranze, ma ciò finisce per renderla impopolare proprio tra i ceti più svantaggiati; le sue battaglie di civiltà, come l’antirazzismo, la tutela della parità di genere e dei diritti delle persone lgbt vengono guardate con fastidio, giudicate radical chic e “lontane dai veri problemi della gente“. La scelta è quindi tra il portarle avanti, perdendo consenso, e l’ammainare le proprie bandiere per tentare di arginare la perdita (come il Pd ha fatto non solo sull’accoglienza, ma sullo ius soli, sulla stepchild adoption e sul contrasto all’omofobia).
Da decenni, ormai, la sinistra continua a cacciarsi nello stesso vicolo cieco, che la porta o a rinchiudersi in un recinto identitario, o a rinunciare poco a poco alla propria identità, spesso dividendosi tra le due opzioni: da una parte la sinistra “radicale”, che fuoriesce dal partito principale per salvaguardare la sua purezza; dall’altra quella “riformista” che rimane in un partito sempre più indebolito, consolando il proprio smarrimento valoriale con il senso di appartenenza a una comunità dal passato importante. L’esito inevitabile è la sconfitta di entrambe le componenti, che causa nei militanti una doppia frustrazione: al lutto per la separazione, o per la scomparsa dei propri riferimenti ideali, si aggiunge la delusione per il fallimento politico.
Alla radice del problema c’è, secondo me, la mancanza di un’analisi approfondita e anche impietosa della società attuale, che permetta di declinare nel presente gli ideali fondanti della sinistra, come l’uguaglianza, l’emancipazione e la solidarietà. Ecco perché, incapaci di attualizzare il messaggio originario della propria parte politica, gli uni si rifugiano in battaglie simboliche, “di testimonianza”, che ne incarnano l’essenza senza però riuscire a incidere efficacemente sulla realtà e che la allontanano dal sentire popolare; gli altri invece ne annacquano il contenuto, riducendone la portata fino quasi ad annientarla. Il tema dell’immigrazione è un esempio chiarissimo di questa dinamica: di fronte ai sentimenti negativi che la faticosa convivenza con i “nuovi venuti” genera nella popolazione più esposta, la sinistra “idealista” si arrocca su un atteggiamento umanitario, solidale e antirazzista che finisce per colpevolizzare chi prova quei sentimenti, per il solo fatto di provarli; la sinistra “riformista” si mostra invece comprensiva, ma non riesce a proporre soluzioni che non siano una versione “ammorbidita” di quelle della destra.
A causa della mancanza di una visione chiara della società, le due sinistre soccombono entrambe alle narrazioni tossiche create dalle destre: quelle che incanalano le tensioni sociali in conflitti tra la maggioranza e le minoranze, lasciando intatti i rapporti di potere disfunzionali che sono all’origine di quelle tensioni. Gli idealisti si collocano dalla parte degli ultimi, i riformisti solidarizzano sottovoce con gli argomenti dei penultimi; nessuno mette però in discussione la guerra tra poveri che è stata scientemente fomentata tra i due gruppi. Accade con l’immigrazione ma, con dinamiche analoghe, su ogni altro tema che le destre riescono a strumentalizzare, come i diritti lgbt, con esiti tanto grotteschi quanto culturalmente devastanti.
Di comune alle due strade sbagliate della sinistra c’è la tendenza a evitare i veri nodi della società contemporanea, proprio perché si ha la consapevolezza di non saper dare risposte adeguate ai problemi che essi originano. Così, mentre le destre prendono di petto il disagio dei ceti più deboli, offrendo soluzioni sbagliate e impraticabili, ma chiare (come il reddito di cittadinanza del M5S contro la povertà, o la legittima difesa della Lega contro l’insicurezza), la sinistra rimane afona, o al più avanza proposte utopistiche come il mutualismo e la lotta sociale, consegnandosi all’irrilevanza.
Come uscirne? Il primo passo coraggioso da fare è mettersi in ascolto delle persone, per comprendere dove si trovano le vere linee di faglia che spaccano la società; enucleare i problemi senza scandalizzarsi dei sintomi che generano, con l’atteggiamento empatico e nello stesso tempo razionale di un medico che esamina una ferita infetta. Perché non basta indignarsi della xenofobia o del sessismo, magari esibiti da qualche leader politico per entrare in risonanza con gli elettori più disagiati: quell’indignazione rischia di creare una distanza incolmabile, perché diventa giudizio morale che prescinde dalle cause profonde del disagio, anzi diviene l’alibi per ignorarle. Nello stesso tempo, occorre evitare l’errore del medico pietoso, che compatisce il sintomo doloroso e prova ad alleviarlo senza indagarne l’origine: fuor di metafora, non si possono percorrere le scorciatoie della destra assecondando le pulsioni negative dei cittadini e proponendo rimedi sbrigativi e iniqui.
Se si è convinti che i valori della sinistra sono la stella polare per orientare la società verso una struttura più giusta, è necessario impegnarsi in un lungo e faticoso lavoro di ricognizione, di analisi e di riflessione, coinvolgendo tutti gli attori possibili – dai semplici militanti alle migliori intelligenze – in un percorso che si tenga lontano dai politicismi, dagli appuntamenti elettorali, dalle luci della ribalta mediatica e che punti a trovare risposte per rendere quei valori attuali e attuati. Per fare ciò non serve costruire nuovi contenitori politici, creare organigrammi o progettare coalizioni: occorre invece un’elaborazione culturale innovativa, corale e determinata. E’ questa la sola strada lungo la quale la sinistra può ritrovare la sua identità e il suo ruolo ormai smarriti.
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