Partiti e politici
L’Austria si tinge di blu: avviso di sfratto alla Grande Coalizione
Decisa virata a destra e sonora sconfitta, per non dire umiliazione, dei partiti di governo. Potrebbe essere questo il riassunto del primo turno delle elezioni per la Presidenza della Repubblica in Austria. I dati diffusi nel pomeriggio, oltre a scatenare il consueto tiro a segno contro i sondaggisti e l’altrettanto convenzionale incasellamento del risultato nelle varie griglie interpretative nazionali (già segnalati i commenti entusiasti di Marine Le Pen e di Matteo Salvini), nascondono ben più di un evidente trionfo della destra estrema. In primis perché il Partito della Libertà di Norbert Hofer (e del suo leader Heinz-Christian Strache) è molto più di una sigla xenofoba ed euroscettica, come viene frettolosamente presentato dai cronisti esteri. In secondo luogo, perché non è vero che le elezioni per la Presidenza sono la poco rilevante investitura di una figura dotata di poteri puramente cerimoniali, come qualcuno si è affrettato a notare. Il 24 aprile 2016 è una data che finirà di diritto nei manuali di storia politica austriaca, una cesura che consacra definitivamente un attore finora tenuto ai margini (o associato con mille cautele all’area di governo) e considerato contenibile dopo la tragica fine dell’era Haider. Certificando impietosamente che il tempo del Partito Socialista e del Partito Popolare si avvia a una lenta ma inevitabile conclusione.
Partiamo dai numeri definitivi. Primo posto con il 35,3% a Norbert Hofer, volto presidenziabile dell’aggressivo Partito della Libertà, classica formazione di destra sociale che agli eurocrati e ai migranti preferisce la strenua difesa della sovranità nazionale e la chiusura delle frontiere. Partito che è ancora legato, tramite i fili ancora forti di un sostrato culturale radicato, al vecchio sogno dello spazio unico tedesco, ben oltre i confini della piccola Repubblica alpina. Da notare che nel 2010 la candidata Barbara Rosenkranz aveva raccolto appena il 15,2 % dei consensi, in linea con i trend storici di partito. Al secondo posto con il 21,3% il rappresentante dei Verdi (ma formalmente indipendente) Alexander van der Bellen, ad un’incollatura dalla vera sorpresa di queste elezioni, la giurista Irmgard Griss (19% tondo, nonostante non avesse alcun partito alle spalle). Con la metà dei consensi, gli alfieri dei partiti attualmente al governo: il popolare Khol (11,1%) e il socialdemocratico Hundstorfer (10,9%). Ultimo il clownesco imprenditore viennese Richard Lugner, con un comunque significativo 2,3%. A passare al ballottaggio, tra un mese, saranno dunque il volto gentile della destra Hofer e il burbero professore di Economia Van der Bellen. Per la prima volta nella storia repubblicana, nessun rappresentante della Grande Coalizione al governo è in lizza per la conquista dell’Hofburg, il palazzo presidenziale.
Chi sono i vincitori? Indubbiamente i due candidati in grado di conquistare le prime due posizioni, ma va reso il giusto onore alla Griss. Giurista severa già a capo della Corte Suprema e spedita dal Governo a presiedere una delicatissima commissione di inchiesta sul fallimento della banca carinziana Hypo, la Griss ha saputo via via ritagliarsi un ruolo pubblico, fino ad acquisire la forza necessaria per lanciarsi nell’ingessata arena politica austriaca senza il paracadute di una struttura partitica alle spalle e con al massimo il sostegno dei Neos, il movimento liberale ed europeista che è la vera sorpresa di questi ultimi anni. Pochissimi finanziamenti (se non quelli assicurati da alcuni generosi sponsor privati) e la forza tranquilla dei suoi discorsi a favore dell’unità nazionale e dell’armonia tra opposte fazioni sembrano essere stati sufficienti per conquistare la fiducia degli elettori. Non a caso la Griss ha organizzato subito una semplice festa in un locale di Karlsplatz a Vienna, rivendicando il successo della sua candidatura. Ne sentiremo ancora parlare.
I vinti? Non tanto Khol e Hundstorfer, politici di lungo corso la cui parabola era già in declino, ma i partiti che li hanno schierati con indubbia leggerezza e sprezzo del pericolo. Khol, al netto del valore personale, è apparso vecchio e spompato e ha concluso la campagna con il classico intercalare austriaco: “Tutto molto bello, mi sono divertito molto”. La frase che potrebbe costituire drammaticamente l’epitaffio del Partito Popolare, che ha puntato su Kohl dopo la rinuncia di un altro cavallo di razza, il governatore e ras locale dell’Austria Inferiore Erwin Pröll. Candidati legati a un’Austria ancora corporativa e contraddistinta da fedeltà al partito che affondano le radici nella tradizione famigliare e nell’ambito professionale. Un’Austria che non esiste più e per la cui evoluzione verso un’inedita fluidità partitica non può essere certo incolpato il povero Khol. Stessa sorte per lo spento Hundstorfer, campione di una socialdemocrazia ormai totalmente scollata dalla realtà e pronta a scimmiottare la destra in atteggiamenti law and order. È questa la pesante accusa del quotidiano progressista Der Standard, che indica il “fuoco amico socialista” come la vera arma che ha azzoppato la corsa di Hundstorfer. La giravolta del Cancelliere socialdemocratico Werner Faymann, pronto a minacciare di chiudere le frontiere ai migranti pur di contenere l’avanzata della destra, si è rivelata solo controproducente. Come ricordano i manuali di marketing, osserva caustico il quotidiano, tra l’originale e la brutta copia il consumatore continuerà sempre a preferire la prima. La scarsa mobilitazione ottenuta in contesti tradizionalmente favorevoli come Vienna dimostra che la base è disorientata da tali manovre opportunistiche.
Qual è la lezione di questa domenica, che ha visto la cartina politica dell’Austria colorarsi di blu (il nero è il colore dei popolari)? In primo luogo, appare per la prima volta fortemente probabile una coabitazione tra un Cancelliere di sinistra con il supporto dei Popolari e un Presidente di destra. La tensione tra Ballhausplatz (sede della Cancelleria) e l’Hofburg è destinata quindi a salire alle stelle. Anche in caso di vittoria di Van der Bellen, l’inquilino dell’ex palazzo imperiale non sarebbe comunque riconducibile a nessuno dei partiti dell’area di governo. Una novità assoluta per Vienna. A tale scenario, ne segue automaticamente un altro, ben più “pericoloso”: la nomina di un Cancelliere di destra se il Partito della Libertà dovesse confermarsi primo alle prossime elezioni politiche, una volta venuti meno i tabù (anche personali) che hanno impedito finora tale passaggio. Opzione che Van der Bellen esclude categoricamente, ma che Hofer sarebbe ben lieto di mettere in pratica, consegnando al suo sodale Strache le chiavi del Paese. L’Austria come l’Ungheria di Orban? Vedremo. Infine la definitiva sepoltura della Grande Coalizione: i due partiti e le tradizioni politiche che hanno fatto la storia del Paese sono diventati anch’essi storia passata.
Il prossimo appuntamento è il 22 maggio.
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