Partiti e politici

L’Alleanza Verdi e Sinistra va alla sfida dello sbarramento

5 Agosto 2022

Il giorno in cui Europa Verde e Sinistra Italiana presentarono la lista comune, Alleanza Verdi e Sinistra, La Stampa diede maggior risalto a Clemente Mastella. Un comprensibile timore a passar inosservati attraverso la campagna elettorale che deve aver acceso il dilemma morettiano – Fratoianni e Bonelli si notano di più se vengono e se ne stanno in disparte, o se non vengono per niente? In realtà, che vengano o che restino a casa, probabilmente questa “Alleanza Verdi e Sinistra” farà la stessa fine di tutti i tentativi passati: liste, federazioni, costituenti e altre cose messe insieme alla sinistra del PD per superare lo sbarramento e sempre naufragate di fronte a risultati sempre al di sotto delle aspettative. Perché?

La prima lista rossoverde, il Girasole, risale al 2001: 2,17%, nessun eletto.

La prima lista rossoverde, il Girasole, risale al 2001, e mette insieme i Verdi di Grazia Francescato coi Socialisti Democratici Italiani di Enrico Boselli, che avevano voluto escludere i Comunisti Italiani di Diliberto. Il risultato è un deludente 2,17% nella quota proporzionale del Mattarellum, insufficiente ad eleggere alcun deputato. Gli eletti nei collegi uninominali, coi voti di tutto l’Ulivo, formeranno due componenti distinte nel Gruppo Misto e l’esperienza viene archiviata poche settimane dopo il voto del 13 maggio. Lasciati i socialisti, che coi radicali faranno la Rosa nel Pugno, nel 2006 i Verdi passati a Alfonso Pecoraro Scanio ci provano coi Comunisti Italiani, ma solo al Senato, dove lo sbarramento è più alto e su base regionale: la lista si chiama “Insieme con L’Unione”, fa il 4,09%, 11 eletti e un gruppo unitario al Senato. Due anni dopo il governo Prodi collassa, le Camere vengono sciolte e si torna al voto: Walter Veltroni non vuole alleati per il suo neonato PD a vocazione maggioritaria, e tutta la sinistra a sinistra del Pd si affida a Bertinotti che fa “la Sinistra l’Arcobaleno”: 3,08%, nessun eletto, il progetto si scioglie prima dell’estate. Anno nuovo, lista nuova, anzi due. Nichi Vendola, lasciata Rifondazione Comunista al rivale Ferrero, lancia, per le Europee del 2009, “Sinistra e Libertà” coi Verdi e col Partito Socialista: 3,13%, non abbastanza per superare il nuovo sbarramento del 4%, addirittura peggiore del 3,40% della Federazione della Sinistra tra Rifondazione e Comunisti Italiani.

Vent’anni, otto elezioni, dodici liste, tutte con un chiodo fisso: superare lo sbarramento

Se siete esausti, sappiate che non abbiamo ancora finito. Nel 2013 tutto cambia, ancora: Vendola e un pezzo dei Verdi fanno “Sinistra Ecologia e Libertà”, mentre i Verdi virano a sinistra-sinistra e lanciano “Rivoluzione Civile” con Ingroia, Di Pietro e PRC. SEL arriva al 3,20%, RC si ferma al 2,25% e resta fuori dal Parlamento. L’anno dopo (2014, Europee) la galassia rossoverde si scompone e ricompone ancora: i rossi (e i Verdi sudtirolesi) spingono l’Altra Europa con Tsipras poco sopra lo sbarramento, mentre la lista “Verdi Europei – Green Italia” (un nome, un perché) si ferma sotto l’1%. Nel frattempo SEL perde pezzi e diventa Sinistra Italiana, il PD perde pezzi e nasce Articolo Uno: insieme lanciano Liberi e Uguali (LeU), che col suo 3,39% riesce a superare di poco lo sbarramento. I Verdi invece decidono di sostenere Renzi e tornano al primo amore, i socialisti, con cui lanciano la lista “Italia Europa Insieme”: 0,60%, ancora peggio del 2,17% del Girasole. Errare è umano, perseverare è diabolico. Nel 2019, Sinistra Italiana torna a sinistra per fare “La Sinistra” con Rifondazione Comunista: 1,75%. I Verdi, invece, sembrano aver trovato un nuovo nome e un simbolo, quello di Europa Verde, ma anche a loro non va molto bene: 2,32%.

Nei Paesi Bassi, comunisti, ecologisti e pacifisti hanno fatto la Sinistra Verde nel 1989 e da allora non non si sono più lasciati.

Vent’anni, otto elezioni, dodici liste, tutte con lo stesso chiodo fisso: superare lo sbarramento. Vent’anni di fallimenti spesso figli di un vuoto malcelato dietro i simboli più improbabili. Nei Paesi Bassi, comunisti, ecologisti e pacifisti hanno fatto la Sinistra Verde (GroenLinks) nel 1989 e da allora non non si sono più lasciati, arrivando a superare i laburisti nel 2012. In Danimarca, sinistra e Verdi si sono ritrovati da sempre nel Socialistisk Folkeparti, una costola del partito comunista emersa negli anni Sessanta col movimento pacifista. In Germania e Austria i verdi navigano ormai da anni attorno al 10%. In Spagna, Portogallo e Grecia le forze ecologiste si sono integrate nelle formazioni della sinistra radicale che, da Unidas Podemos alla CDU e a SYRIZA, incidono profondamente nel dibattito politico dei rispettivi paesi. In Italia, invece, a cinquanta giorni dal voto, sembrano ben diverse le sorti del tredicesimo tentativo messo in piedi per unire verdi e sinistra. Ci avevano detto che questa volta sarebbe stata diversa ma, dietro ai distinguo su una non meglio precisata “agenda Draghi”, dietro al categorico rifiuto dei rigassificatori, c’è il solito problema: come si supera il 3%? Evidentemente non hanno capito che non lo si supera continuando a fare ciò che hanno fatto per vent’anni.

Il Girasole
La prima lista rossoverde, il Girasole, risale al 2001: 2,17%, nessun eletto.
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